Il periodo sonoro

Nel 1967, intervistato da Gretchen Berg per la versione “inglese” dei “Cahiers du cinéma”, Andy Warhol rilascia questa dichiarazione: «Non dipingo più. Ho abbandonato la pittura da circa un anno e ora faccio solo film. Potrei fare le due cose insieme ma i film sono più eccitanti. La pittura è stata solo una fase che ho attraversato». Sappiamo che questa affermazione verrà smentita dai fatti.

Così come sappiamo che la fase “film” di Warhol, la sua “traversata”, durerà pressappoco cinque anni: dal 1963 al 1968. L’intervista rilasciata a Berg si intitola Nothing to Lose. Nulla da perdere. E deve essere per questo che, come ricorda Stephen Koch nel suo libro intitolato Stargazer, su una lavagna nera della Factory era apparsa la scritta: «Andy Warhol ha abbandonato la pittura, ma non sa ancora fare cinema». La perfida frase l’aveva scritta Henry Geldzahler, critico, curatore e storico dell’arte, filmato per altro dallo stesso Warhol in diverse occasioni (ricordiamo almeno Henry Geldzahler, 1964 e Drunk, 1965). Una piccola vendetta? Nulla da perdere, in ogni caso.

Eppure, è forse vero che cinema, pittura, e poi video, fotografia, installazioni, sono tutte fasi di un modello astratto warholiano di “cinema”. Pensateci. Movimento, mobilità-immobilità, serie, ripetizione, indifferenza della macchina, riproducibilità sono questioni già intrinsecamente legate alla sua produzione pittorica. Il cinema finisce forse per rendere questi elementi solo più semplici. Sempre a Gretchen Berg dichiara: «È facile fare film, non si deve far altro che filmare e il film si fa tutto da solo». Cosa sono allora i film proposti da RaroVideo Channel sulla piattaforma The Film Club? The Velvet Underground and Nico, Lonesome Cowboys, My Hustler, The Nude Restaurant, Chelsea Girls, I, a Man fanno parte del periodo “sonoro” del cinema di Warhol. I Velvet Underground provano in uno stanzone della Factory braccati dalla cinepresa.

Lonesome Cowboys è un western che più nudista non si può; come se la gang della Factory si fosse presa qualche giorno all’aria aperta, giocando con “feticci” legati al genere. Chelsea Girls è un assoluto capolavoro. Due proiettori. Doppio schermo, tipo CinemaScope. Bianco e nero, colore. Vite esposte. Sesso e violenza. Droga. Umorismo diabolico. Dove finisce la realtà e inizia la finzione? Guardate gli ultimi due rulli che scorrono paralleli, ma sfasati.

Nico piange; “Pope” Ondine maltratta Angelina “Pepper” Davis, strafatto di speed. Uno dei vertici del cinema. Scrivendo di un segmento del film, Alberto Arbasino descriveva così una delle fedeli collaboratrici e amiche di Warhol, Brigid Berlin: «Un’anziana corpulenta in blue jeans mentre si fa cotonare da un parrucchiere esaurito; e intanto sbrodola, si fa iniezioni attraverso i blue jeans». Aveva 26 anni. Sono film sperimentali? Lasciamo la risposta a Warhol: «Li chiamo così perché non so quello che sto facendo. Mi interessa la reazione del pubblico: i miei film saranno allora esperimenti, per testare le loro reazioni».

I film di Andy Warhol su The Film Club