“Ricicciamenti di proprietà intellettuali vecchie di 45 anni e dove trovarli”, la nuova saga fantasy con protagonisti un gruppo di stregoni produttori cinematografici che setacciano il mondo magico cercando libri, film, serie tv, fumetti, libretti d’opera, giochi da tavola, videogiochi, bugiardini di farmaci e libretti di istruzioni celebri (ma non ancora abusati), per ricicciarli in qualcosa di “nuovo” e, si spera, a colpo sicuro nei confronti di un pubblico che si sintonizzerà/pagherà sulla fiducia. È il nuovo genere preferito da tutti gli adolescenti cresciuti, ed è già qualche anno che avrebbe francamente rotto le balle; ma al di là di questa nota di colore, si può ben dire che c’è modo e modo per ricicciare.

C’è il metodo (ancora più) pigro, che consiste nel calcare l’originale senza nemmeno provarci, a fare qualcosa di diverso. E c’è il metodo della rilettura e dell’aggiornamento, che consiste in un lavorio sul testo originario che lascia intatto lo scheletro e cambia (più o meno) lo stile e l’estetica del materiale di partenza. Siccome un po’ di fiducia in questa timida rubrica ormai ce l’avete, sapete che se abbiamo selezionato il reboot seriale di Intervista col vampiro – quanto brutto è Intervista col vampiro? Non sarebbe stato meglio Intervista con il vampiro? Scusate, cose mie – significa che, in questo caso, il ricicciamento è stato fatto con la giusta cura. Non a caso, questo Interview with the Vampire è un prodotto AMC, gli stessi amici che nel corso degli ultimi 15 anni ci hanno regalato Mad Men, Breaking Bad, Halt and Catch Fire, Better Call Saul e un’altra manciata di serie fatte davvero bene.

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Interview with the Vampire

Ma in cosa consiste questo ricicciamento? Si tratta di una ristrutturazione abbastanza generale, a partire dalle tempistiche della storia e da qualche dettaglio sull’ambientazione. Il romanzo pubblicato da Anne Rice nel 1976, per esempio, inizia alla fine del 1700 e ha come protagonista Louis, latifondista bianco della Louisiana – proprietario di piantagioni, schiavi e tutto l’orribile resto che ci andava dietro – convertito al vampirismo (mentre era all’apice della disperazione per la morte del fratello) da Lestat de Lioncourt, affascinante e capriccioso, manipolatore e opportunista in grado di attirare magneticamente le persone fragili e/o implumi.

La serie, invece, è ambientata fra la New Orleans del 1910 – ricostruita con tutto l’armamentario seducente e barocco-liberty del caso – e la Dubai di un presente ancora in piena pandemia, in cui Louis ri-racconta la sua storia al vecchio giornalista Daniel Malloy (il ruolo che nella cornice del film fu interpretato da Christian Slater). Ma nella serie, soprattutto, la relazione fra Louis e Lestat rimane mesmerica e ipnotizzante, intensa e tossica come quella descritta nel romanzo (e in misura più edulcorata nel film), ma è anche sensuale e fatta di un amore, carnale e sentimentale, finalmente reso esplicito.

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Interview with the Vampire

Più che con la serie di romanzi – in cui l’attrazione sessuale fra i due protagonisti maschi della prima metà della storia è fortemente suggerita – il paragone va fatto con l’asessuato, sdentato e laccato film di Neil Jordan del 1994; troppo pensato come una faccenda da cassetta – anche se si è rivelata pruriginosa per altri versi: l’anticlericalismo dei vampiri ha fatto gridare molti americani benpensanti al satanismo – per arrischiarsi di offendere qualcuno suggerendo che Tom Cruise e Brad Pitt si sollazzino a vicenda giocando alla cavallina tutti nudi. E quel che rimane più buffo di tutta la vicenda, comunque, è che la sceneggiatura del film è stata firmata dalla stessa Anne Rice, che (buon per lei, sono d’accordo) non ci ha pensato nemmeno un secondo ad annacquare di propria mano le potenti immagini descritte nei suoi stessi libri pur di accontentare i produttori e avere giovani star come Cruise, Pitt e Banderas protagonisti di un film di vampiri abbastanza poco controverso da incassare 250 milioni di dollari in tutto il mondo.

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Interview with the Vampire

Louis, dunque, non è più un proprietario terriero schiavista. È il primogenito di una ricca famiglia nera di New Orleans, che alla morte del patriarca ha dovuto reinvestire i beni ereditati per salvare l’attività quasi in bancarotta. Vista la scarsità di opzioni, per un nero nella Louisiana degli anni ‘10, Louis si è reinventato come magnaccia d’alto borgo, proprietario e gestore di uno dei bordelli principali del quartiere a luci rosse della città. Lestat, invece, è un ricco – e vagamente illuminato – viaggiatore francese che vaga per il mondo alla ricerca di anime affini con cui poter condividere il suo dono barra maledizione. Incontra Louis per caso ed è totalmente rapito dalla rabbia faticosamente repressa con cui il giovane si ribella (istintivamente) alla gabbia in cui la società lo costringe.

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Interview with the Vampire

Lestat sa che sotto la facciata ben intonacata si nasconde una persona bramosa di quelle libertà che, in teoria, qualcun altro ha deciso che non gli spettano a causa del colore della sua pelle. Figurati poi come la prende Louis quando, verso la metà dell’episodio pilota, scopre anche di essere violentemente invaghito del biondo francese dalla mascella cesellata: un imprenditore nero, apertamente omosessuale, con un fratello mezzo matto morto suicida, nel sud degli Stati Uniti, a inizio ‘900; praticamente un bersaglio mobile. Si comincia, già dalla prima puntata, a intravedere la strada scelta dallo showrunner Rolin Jones – drammaturgo e già creatore del reboot di Perry Mason.

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Interview with the Vampire

Lestat non solo è un vampiro, essere ontologicamente distaccato dagli affari umani, ma è anche un europeo che si affaccia a una società, quella americana, più sfacciatamente e violentemente razzista e omofoba rispetto a quella francese dell’epoca; quando conosce Louis se ne incapriccia e pretende che lui diventi il suo compagno immortale, lo fa anche spinto dalla volontà di “salvare” l’amato da una società che lo respinge, ponendolo al di sopra e al di fuori della stessa. Così a naso, e seguendo la parabola ideale del primo romanzo di Rice, il salvataggio infantile ed egocentrico di Lestat non funzionerà, e Louis (come nel libro) continuerà a rimpiangere la propria umanità, rassegnandosi al fatto che il vampirismo e l’immortalità non hanno risolto i suoi problemi. Che estraniarsi dalle difficoltà non significa farle sparire nel nulla. Che anche se si rifiuta la società che ti respinge, comunque la violenza rimane anche se non può più ferirti materialmente.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.