Al giovane cinefilo e/o appassionato di serie tv che si laurea all’università del cinematografo di strada viene sempre consegnato un prontuario, un manuale delle giovani marmotte ancora più vergini che contiene, per esempio, alcune regole fondamentali per sopravvivere alla dura vita a 24 fotogrammi al secondo – non nutrire un mogwai dopo mezzanotte, avere sempre a disposizione una barca più grossa per ogni evenienza, e via discorrendo – ma anche alcuni principi generici di buon senso sul tipo di produzioni di cui diffidare a priori. Ti vogliono propinare il reboot del remake del sequel di quel film là? Non credo proprio, grazie. Cos’è che ha quella serie? 14 stagioni? Ne parliamo la prossima volta, grazie altrettanto.
La serie inedita che siamo andati a scovare questa settimana viene dagli Stati Uniti, è prodotta e distribuita da Showtime – canale via cavo responsabile di Dexter, Shameless, Ray Donovan, Californication, Queer as Folk, The L Word e soprattutto la terza stagione di Twin Peaks – ed è quindi abbinata al gruppo Paramount, aprendo alla speranza di una pronta distribuzione nostrana tramite il canale del servizio di streaming Paramount+, da poco disponibile in Italia. L’apparente problema di Let the Right One In – uno di quei problemi di cui si legge sul prontuario – non è tanto che è il terzo adattamento di un romanzo svedese (Lasciami entrare di John Ajvide Lindqvist) uscito appena 18 anni fa, che comunque è già (sulla carta) un po’ un’esagerazione se lo chiedi a me; quanto che gli altri due adattamenti precedenti e cinematografici, Lasciami entrare di Tomas Alfredson e Blood Story di Matt Reeves, sono già di per sé due grandiose trasposizioni. Più la prima che la seconda, ma ci siamo capiti. A cosa serve un terzo adattamento, quando ne hai già avuti due più che soddisfacenti, se non per renderti ridicolo alle annuali reunion degli adattamenti audiovisivi da romanzi horror svedesi? A eccepire ci pensa Andrew Hinderaker, già sceneggiatore (Penny Dreadful) e showrunner (Away) di serie perfettamente ok, che interviene a gamba tesa dicendo: ma scusa, se io ho delle buone idee con cui allargare l’orizzonte del romanzo perché non dovrei farci una serie? In generale non si può che essere d’accordo con Andrew, e da quel che si può intuire dall’episodio pilota di Let the Right One In sembra anche che ci abbia azzeccato: a saperlo fare bene, c’è il giusto spazio per ampliare il racconto di Lindqvist.
La storia del romanzo, riproposta piuttosto fedelmente da entrambi i film (specialmente quello di Alfredson), ha per protagonisti un babbo e la figlia 12enne. La ragazzina è un vampiro, e il padre tenta di proteggerla a tutti i costi sia dal mondo esterno, sia dai suoi stessi istinti omicidi e dalla sua voglia di sangue. Finché la bimba non fa amicizia con un coetaneo emarginato, e quando le circostanze la costringeranno a condividere con lui il suo segreto succederanno i casini che vi immaginate, seguiti da una risoluzione terribile, catartica e tenera allo stesso tempo. La prima scena della serie (quella che segue il misterioso incipit) inizia con la giusta tigna, omaggiando la scena finale del film di Alfredson. Ellie e il padre Mark – un Demián Bichir bravissimo, con la sua splendida fazza da Mastandrea messicano, e dolente al punto giusto – stanno traslocando per l’ennesima volta. Tornano a New York, quella che un tempo era stata la loro città, perché Mark vorrebbe dare un po’ di stabilità alla figlia, invece di costringerla a continui trasferimenti per tenerla nascosta e per cercare disperatamente una cura per il vampirismo (ovvero: informazioni che non si possono trovare su Google). O almeno: questa è la fuffa che l’uomo racconta alla ragazzina. In realtà Mark non ha mai rinunciato a trovare una soluzione, ed è tornato a New York sulla scia delle notizie riguardanti un serial killer che lascia le proprie vittime in condizioni che somigliano al pasto di un vampiro. Babbo coraggio progetta di trovare il responsabile, sperando sia l’essere che ha contagiato la figlia e che sia a conoscenza di una cura.
I due si insediano nell’appartamento a fianco di quello di Isaiah, ragazzino sensibile e tenero, bullizzato da orrendi compagni di scuola e cresciuto in solitaria e in maniera iper-preoccupata da una mamma, detective della polizia, più pragmatica e cinica che eccessivamente protettiva. Una donna che ha visto quanto il mondo possa essere crudele – tutti i giorni sul lavoro, ma anche dopo aver figliato con un tossicodipendente recidivo e manipolatore – e che non vuole vedere il suo bambino respinto e ferito solo perché è un’anima incontaminata. E già con queste presentazioni dei personaggi si può dire che la portata del racconto sia stata ampliata rispetto a romanzo e film.
Ma ci sono di mezzo anche nuove linee narrative, che per quanto riguarda il pilota sembrano essere state trapiantate con discreto gusto e una certa coerenza. Abbiamo tutta la parte che riguarda Mark, le sue tribolazioni nel cercare di schermare Ellie dalle insidie del mondo e da quelle della sua stessa natura (per cercare di salvarle l’anima), le sue difficoltà nel tentare di garantirle una vita che assomigli a quella normale, e la sua ossessiva ricerca di una cura, che lo porta a scoprire un giro di spaccio con protagonista una nuova droga i cui effetti (temporanei) suonano sinistramente simili ai prodromi del vampirismo.
Quindi c’è anche una narrazione totalmente inedita e, per ora, parallela, che ha per protagonisti uno scienziato tanto brillante quanto stronzo il quale, ormai in fin di vita, richiama a sé la figlia – che lo odia, e non ha tutti i torti – per scagliarle in faccia una verità terribile: “cara figlia, ti ricordi del fratellino che amavi così tanto e che ti avevo detto fosse morto in seguito all’attacco di un orso? Ecco, in realtà è vivo, era stato morso da un vampiro e te l’ho tenuto nascosto tutti questi anni mentre cercavo disperatamente di sintetizzare un antidoto. Ora che sto per morire di cancro al pancreas, e visto che sei scienziata anche tu, vorrei che proseguissi il mio lavoro per trovare una cura”. Che dire? Se conoscete Lasciami entrare, siete già famigliari con la potenza di quel racconto e potete pensare di attendere questo Let the Right One In con una discreta carica di interesse. Se invece siete digiuni di horror svedese, benvenuti nel magico mondo dei vampiri pre-adolescenti.
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