Dice che Sherwood è una miniserie ispirata a una storia vera, a cui sono stati cambiati nomi e background personali. Il succo, comunque, è quello ed è reale. Riguarda un fatto di cronaca locale che lo showrunner e sceneggiatore – il 40enne James Graham, commediografo di successo e già autore dei tre validi episodi di Quiz – ricorda dai tempi in cui era uno scugnizzo appassionato di teatro che cresceva nel nord dell’Inghilterra.
Le sei puntate della miniserie sono state programmate in patria, su BBC, a giugno. E se entro la fine dell’anno Sky non ha ancora portato questa serie qui da noi, prometto di sottopormi a un rito di possessione che lasci il mio corpo nelle mani dello spirito di Giacinto Marco Pannella per fargli fare tutti gli scioperi di cui c’è bisogno.
In Sherwood, la serie, siamo nei pressi di Sherwood, l’ex foresta nello Nottinghamshire su a nord del paese, pure se Robin Hood non c’entra niente – anche se qualcuno dei personaggi vorrebbe farcelo entrare, ché la nostra società comunica in quel modo fallato lì. C’entrano gli scioperi però, e non solo quelli di Pannella. Una breve interruzione racconta per immagini – e a grandissime linee – la storia delle lotte dei minatori in quella zona dell’Inghilterra a metà degli anni ‘80: gli scioperi, i pestaggi da parte della polizia e soprattutto le tensioni fra contestatori e crumiri.
Poi inizia la serie e siamo nel presente, con una politica di destra che, poche ore prima del suo stesso matrimonio, fa volantinaggio esattamente in quelle zone popolari della contea che ospitano ancora gli eredi delle lotte sindacali di qualche decennio prima. Per il quartiere si aggira in auto un giovane sinistramente in possesso di un martello dall’aria violenta – sia il martello, sia il giovane – adagiato sul sedile del passeggero.
La zona residenziale poverella dove abitano quasi tutti i personaggi della serie è popolata da una serie di famiglie che scaturiscono da quella schiatta di minatori che hanno prima hanno contestato lo stato, poi lottato con la polizia e quindi litigato furiosamente fra di loro. Famiglie che tuttora non si vogliono tutto questo bene. Il tizio strano con il martello, per esempio, fa parte di un clan che offre un servizio taxi buono appena a nascondere lo spaccio di droga che rappresenta il loro maggiore introito.
Poi c’è un uomo con un forte asma probabilmente causato dalla miniera, che ha un figlio un po’ losco (un appassionato di caccia con arco e freccia che si lucchetta in camera insieme a una borsa piena di soldi e computer su cui girano strani programmi) in procinto di andare in carcere per frode fiscale. Il vecchio asmatico sta con la sorella di Julie (Leslie Manville in versione extra lusso), nonna ancora super felicemente sposata con quell’orgoglioso e testone di Gary, ex sindacalista convinto (uno dei pochi in una zona stranamente a maggioranza crumira) che ha ancora abbastanza entusiasmo e salute per giocare a calcio con i bambini.
C’è anche il capo della polizia locale Ian – un David Morrissey talmente sexy-rassicurante, con la sua voce profonda da babbo in controllo della situazione, che me lo sposerei ieri – che viene premiato per il suo lavoro e nel discorso di accettazione ricorda cose interessanti riguardo lo status della polizia, ovvero che essa deve (dovrebbe) agire con il consenso della popolazione.
Tutto il quartiere va al matrimonio della politica bionda, la quale (salta fuori da un commento malevolo durante un brindisi) è figlia di un vecchio crumiro che non è presente alla cerimonia.
Scopriamo nel migliore dei modi, tramite il racconto per immagini e senza l’aiuto del Dottor Spiegoni, di tutte le vecchie tensioni e vecchie storie mai risolte che alimentano nuove tensioni, forse ancora più pericolose perché non hanno uno sbocco naturale (la lotta politica).
Una domenica sera, dopo un litigio da sbronzi fra vecchi minatori al pub locale, Gary viene trovato morto per strada: tramortito da un martello e trafitto al cuore da una freccia.
Viene anche fuori che Gary, nel 1984, era stato arrestato; Ian scopre che parte di quel rapporto archiviato è stata misteriosamente censurata. Chiama il detective di città che all’epoca eseguì l’arresto, un mezzo rottame con un matrimonio in dissesto alle spalle, il quale (sotto esplicito ordine dei suoi superiori) non è in grado di fornire le informazioni richieste: il rapporto rimane oscurato, per via di segreti non pertinenti all’omicidio. Il detective viene comunque mandato in campagna a dare una mano.
Tutto questo, e altro, succede in una sola puntata di una densità quasi indescrivibile, in cui Graham riesce a dipingere un quadro completo – introducendo tre generazioni di abitanti di quei luoghi: vecchi (la maggior parte) e nuovi, anziani e ragazzini, ognuno con le proprie motivazioni e idiosincrasie – tratteggiato con cura fin dei minimi dettagli, sorretto da una sceneggiatura scritta con un metronomo, perfettamente calibrata per introdurre senza spiegare, affascinare senza confondere; impreziosito da una messa in scena suggestiva, che riesce a ricavare preziosi momenti pensosi anche nel turbinio di eventi che infuria nel racconto.
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