Dal pelapatate automatico alla cravatta a ombrello; se quelli dell’Annals Improbable Research ne conoscessero l’esistenza, Bruno e Max vincerebbero a piene mani gli ig-nobel. Così, con il loro campionario di invenzioni inutili e non perfezionate, i Fichi d’India si propongono, sin dall’avvio, in Amici ahrarara.
Al cinema siamo abituati a vederli nel ruolo di “guastatori“, mine vaganti, fatte più o meno brillare all’interno di un cinepanettone, ma in questo film di Franco Amurri, anno di grazia 2000, sono i protagonisti. Accolto da favori inferiori alle aspettative, è, sotto diversi aspetti, un culto non colto, un lavoro da rivalutare. Perché - a dispetto del tentativo del regista di dargli un tocco malinconico insopportabile, alla Aldo Giovanni e Giacomo seconda maniera - è una pellicola profondamente comica in cui la coppia sfodera il meglio del repertorio.
I medici dicono che lo zio si è ripreso. Ma con la telecamera?
La storia è quella di due cugini che, aspettando il riconoscimento delle proprie creazioni, sbarcano il lunario come annusatori di ascelle alla Deodora. La fabbrica è dello zio (lo straordinario Giustino Durano, poco prima zio del Benigni della Vita è bella) che dopo un ictus perde la memoria. Per fargliela ritrovare e per tenerlo al riparo dai tanti parenti serpenti che («come gli Abbagnale») remano per l’eredità - e non esitano ad avvelenargli il cane che di nome fa Fermo - Bruno e Max lo rapiscono dall’ospedale per riportarlo al suo posto delle fragole.
La commedia, con qualche tocco poliziesco, consente ai Fichi di piazzare i propri cavalli di battaglia. Si apre con la televendita, viaggia accompagnata dalla colonna sonora dei tichitic, li vede, in una scena ambientata in un supermercato, animatori per bambini ovvero coloro che - ne beneficiano solo i grandi comici - costituiscono lo zoccolo duro del loro pubblico.
Votati ai giochi di parole e alle associazioni di pensieri in libertà («Alla mia amica Titti non gli va a morire il canarino proprio la notte di San Silvestro?» e «I medici dicono che lo zio si è ripreso. Ma con la telecamera?», tra le battute chiave), Bruno e Max offrono la loro prova migliore in abiti femminili. Nel Belpaese dei trasformisti scelgono di farsi donne, con una parodia della matura signora lombarda incline al pettegolezzo («Ragguagliami, ragguagliami, ragguagliami», la sua richiesta ossessiva), frutto di un’osservazione attenta della realtà, da antologia.
Orgogliosi delle loro radici, i Fichi stracitano la loro Varese, (da Fo a Boldi e Pozzetto, da Salvi a Iacchetti, fertile terra di riso) ne decantano le sue bellezze (in questo quadro rientra la presenza della stessa Elisabetta Pellini, qui irresistibile telefonista snob) e portano sullo schermo amici e compagni d’arte, da Sheila Capriolo (la dottoressa del laboratorio) a Vincenzo Savino (nella finzione il fratello di Max). Anche questo è simbolo di purezza, al pari di quell’anima clown che Amurri - al quale si deve peraltro un efficacissimo attacco al mito piccoloborghese della società agreste, con la rappresentazione di un agriturismo in cui il duro lavoro nei campi viene spacciato per «un concerto di Frank Zappa» - intuisce ma tiene troppo a freno. Meglio farà Benigni nel suo Pinocchio-Pierino trasformando i due nel Gatto e la Volpe.
IL FILM
Amici ahrarara
Commedia - Italia 2001 - durata 95’
Regia: Franco Amurri
Con Max Cavallari, Bruno Arena, Giustino Durano, Sonia Aquino
in streaming: su Apple TV Google Play Movies
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