È pur vero che non l’aveva chiesta nessuno. Ma se ti suona al campanello una specie di versione hollywoodiana di Boris con in mano il primo volume di un’imperdibile enciclopedia sulle teorie e tecniche del linguaggio televisivo, cosa fai? Non le apri e non la fai entrare almeno per un caffè, e poi si vedrà? Andiamo con ordine questa volta, e presentiamo prima la mamma e il papà.
Reboot è prodotta dall’ex 20th Century Fox (ora è solo 20th Century ed è una delle sussidiarie Disney), è distribuita da Hulu – i cui titoli più importanti fra quelli recenti (American Horror Story, Dopesick, Pam & Tommy, Only Murders in the Building) sono arrivati in Italia su Disney+ – ed è stata creata da Steven Levitan, il brav’uomo appena tornato da una lunga, meritata vacanza di due anni dopo aver badato a undici stagioni di Modern Family.
Reboot è una serie che racconta il dietro le quinte del rifacimento di una celebre, brutta e fittizia sitcom da tv generalista di primi anni 2000 (intitolata Step Right Up), ripescata da Hulu per motivi contingenti e fondamentali alla storia. Sia Boris sia Reboot hanno il piacere di prendersi gioco dei bizzarri (e molto poco artistici e/o creativi) retroscena che affollano un set televisivo. Ma laddove il capolavoro di Ciarrapico, Torre e Vendruscolo – in arrivo con una quarta stagione proprio su Disney+ dal 26 ottobre – si concentrava quasi del tutto sulle dinamiche del set elevandosi come una sorta di The Office a Cinecittà, la “versione” di Levitan cerca di essere molto più narrativa, limitando il numero di protagonisti e allontanandosi dal linguaggio da sitcom di cui si sta amorevolmente prendendo gioco.
I dirigenti Hulu hanno messo gli occhi su Hannah Korman, promettente sceneggiatrice e giovane turca che con il suo provocante lavoro d’esordio ha fatto voltare le teste di molti addetti ai lavori nel circuito dei grandi festival del cinema indipendente. Decidono che devono averla a tutti i costi, e che devono darle completa libertà creativa per permetterle di creare un nuovo, tagliente capolavoro. A sorpresa, Hannah decide di rispolverare la (brutta) vecchia sitcom Step Right Up, e di realizzarne un reboot maturo, al passo con i tempi e scritto da una persona convinta che intrattenimento non debba per forza significare stupidità. A metà dell’episodio pilota ci raccontano la verità: Hannah è la figlia (giustamente) incazzata del creatore della serie originale, Gordon, il quale ha abbandonato la famiglia anni prima senza troppe spiegazioni, e poi ha incassato sull’esperienza trasportando (e modificando a suo favore) nelle sceneggiature di una (brutta) sitcom tutto il ginepraio famigliare.
Non solo Hannah vuole raccontare la propria versione dei fatti, ma vuole anche avere lo stesso successo del padre nel suo ambito, e vuole ottenerlo facendo la cosa giusta: trasformando la di lui spazzatura televisiva in un lavoro dignitoso e artisticamente valido, che affronta temi importanti e che non manda tutto costantemente in vacca. Quando Gordon viene a sapere che Hulu ha richiesto i diritti di Step Right Up, piuttosto di godersi serenamente le royalties da casa decide di intervenire in prima persona, e di instupidire il reboot scritto dalla figlia in nome dei bei vecchi tempi. La produzione è a una settimana dalle prime riprese in studio davanti a un pubblico, e va trovato in fretta un nuovo equilibrio tra i due litiganti.
E questa è solo metà della serie. L’altra metà, quella ancora più esilarante e più legata al meta-discorso sull’industria televisiva, riguarda i vecchi protagonisti della sitcom, chiamati a riprendere i loro ruoli dopo quasi vent’anni. Keegan-Michael Key (il socio di Jordan Peele nella loro vita precedente da comici di sketch) è un serissimo attore dalla rigorosa preparazione accademica, che un po’ si vergogna di aver partecipato a quella fetenzìa di Step Right Up, e un po’ ha bisogno di pagare l’affitto perché è un pomposo, pretenzioso finto intellettuale che non riesce a trovare lavoro e che vorrebbe essere famoso per quanto viene preso sul serio, non celebre per una (brutta) sitcom che la gente guarda mentre stira le lenzuola ad angolo.
Judy Greer è un’ex attrice che ha scambiato il suo mestiere per un po’ di facile celebrità quando ha sposato un nobile scandinavo; ora che il matrimonio è finito e il titolo nobiliare è decaduto, alla misera non resta che tornare a lavorare in un ambiente dove le donne di mezza età sono più un ingombro che una risorsa. Johnny Knoxville (la mente e il corpo martoriato dietro Jackass) è una meravigliosa versione di se stesso nei panni di un balordo dal sorriso smagliante che conduce una vita disastrosamente caotica e problematica, ma lo fa con eccellente buonumore. Calum Worthy (American Vandal, Pieces of Her) infine, è l’ex attore bambino di Step Right Up, oggi ventiquattrenne che non riesce a emanciparsi da una mamma tanto protettiva quanto inquietante.
Per la qualità della serie, e per il potere di una tagline già bella e pronta (“Dal creatore di Modern Family”), Reboot dovrebbe quasi certamente presentarsi sui nostri schermi, prima o poi. Mancano, forse, dei nomi forti (per quanto riguarda il mercato italiano) nel cast, ma la comedy di Levitan ha talmente tanto in più da offrire rispetto a un sitcom canonica, che sarebbe davvero un crimine lasciarla inedita nel resto del mondo. Il meccanismo di sovversione del linguaggio tv (e in particolare delle sitcom) ricorda un po’ anche l’ottima Kevin Can F**k Himself. Ma al di là di tutto, rimane che pagherei dei bei soldi per vedere il personaggio di Knoxville fare una comparsata nella nuova stagione di Boris.
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