Siamo dovuti arrivare quasi alla fine della stagione, ma finalmente è arrivato un thrillerone da spiaggia di quelli giusti. Che se fosse un libro e non una serie tv sarebbe uno di quei romanzi da battaglia di Jeffery Deaver, di quelli che sono come una sbornia a botte di grappa scadente: rapida, coinvolgente, divertente (a tratti psicotropa) e il giorno dopo già non ti ricordi nulla eppure sai di non avere rimpianti mentre ti rimbalzano sulla retina echi di serial killer estremamente barocchi nella scelta dei loro modus operandi.
E invece è una serie prodotta e distribuita dall’inglese ITV, creata da Peter Berry (già sceneggiatore di Gangs of London) basandosi sull’omonimo romanzo di Michael Robotham; ma soprattutto recitata da Aidan Turner con la barba da hipster, che prosegue nella sua carriera niente male dopo essere stato uno dei centomila nani nella trilogia dello Hobbit e il co-protagonista di Il segreto. Coerentemente con le sue passate esperienze televisive – è stato Poldark in Poldark e Leonardo in Leonardo – anche in questo caso Turner si prende il ruolo eponimo, quello de Il Sospetto. Zan zan.
Il dottor Joe O’Loughlin, psicologo clinico dalla barba scolpita tanto quanto la mascella volitiva che essa nasconde, ha un’esistenza che sembra proprio un bijou. Felicemente sposato con una bimba che non ara troppo le gonadi, titolare di uno studio psicologico privato di gran successo (a giudicare dall’arredamento); e ogni tanto gli capita anche di collaborare con la polizia, giusto per non annoiarsi, come succede all’inizio del pilota, quando O’Loughlin salva un ragazzo che stava tentando il suicidio dalla finestra della sua stanza d’ospedale. Solo che non è tutto così luccicante come appare dalla superficie dorata. «Tutti i problemi sono illusioni della mente», dice la fetida citazione presa in prestito dal guru spirituale tedesco Eckhart Tolle per inaugurare l’episodio. Vallo a dire al morbo di Parkinson che ha preso il sistema nervoso di Joe alla bella età di 42 anni; diglielo a lui che i problemi sono illusioni della mente.
Quando inizia la serie, O’Loughlin ha appena acquisito un po’ di celebrità grazie al suo atto eroico. Anche per questo viene casualmente cooptato da una giovane detective della polizia londinese, che lo recluta come profilatore in quella che potrebbe essere l’indagine su un serial killer. Il cadavere di una ragazza, infatti, è stato appena ritrovato in un cimitero, solo che stava in un posto in cui non dovrebbe esserci il cadavere di una ragazza, nemmeno in un cimitero. Insomma, ci siamo capiti. Il corpo è stato sepolto superficialmente per essere facilmente trovato al primo smottamento, ed è martoriato da 21 coltellate. L’autopsia rivela, inoltre, che i colpi di lama sono stati autoinflitti: l’assassino ha costretto la vittima ad accoltellarsi da sola. Yeuch.
Scopriamo, poi, che forse il nostro psicologo è uno di quelli tutto genio e sregolatezza e chissenefrega delle regole. Come quando decide di rientrare da solo nella camera mortuaria per dare un’altra occhiata al cadavere della giovane donna, venendo prontamente sgamato dagli investigatori affidati al caso, che cominciano a sospettare degli atteggiamenti loschi del dottore. Quindi tensione.
Nel frattempo lo psicologo ha un colloquio con un paziente ossessionato dal numero 21. Attenzione però, che Joe non si attira il disdoro dei detective solo facendo cose bizzarre tipo accarezzare l’avambraccio di una morta; ma oltretutto si scopre che era al cimitero con la famiglia il giorno in cui è stato trovato il cadavere, e in più la vittima era stata sua paziente qualche anno prima. E non è finita qui. La morta aveva pure accusato lo psicologo di molestie sessuali – accusa poi caduta nel vuoto e rivelatasi infondata (forse?) – rischiando di rovinargli vita e carriera. Signori, abbiamo un movente. E anche di quelli ciccioni. Senza contare che, come da titolo, abbiamo pure Il Sospetto. Zan zan.
Non so voi, ma io ci voglio bene a questo tipo di narrazione votata puramente all’intrattenimento – seguendo gli archetipi e i topoi di un certo genere – e priva di ulteriori (e posticce) pretese, realizzata con una certa sapienza tecnica e, soprattutto, senza alcun tipo di vergogna e fidandosi di ogni cliché che calpesta. C’è lo sbirro di esperienza cinico e poetico, c’è la nuova arrivata al suo quinto caso di omicidio che porta entusiasmo e ingenuità, c’è un serial killer che fa cose in maniera convoluta e sadica, c’è un mistero che chissà come verrà svolto – lo psicologo sembra proprio colpevole, a giudicare dai fatti che finora sono stati presentati, ma allo stesso tempo è il nostro protagonista e abbiamo già cominciato a fare un po’ di tifo per lui – e c’è soprattutto la consapevolezza che esiste anche un intrattenimento spensierato, e che non c’è niente di male ad apprezzare un thriller che non cerca di spiegarti il senso della vita. Il Sospetto (Zan zan) è la miniserie perfetta per un canale Sky, dove verrà pescata e apprezzata da più di un babbo over 40.
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