«Lascia che il sentimento di sconfitta ti sopraffaccia completamente almeno una volta: capirai che il mondo non finisce e perderai la paura. Puoi fallire totalmente una volta, ma basta aspettare il giorno dopo per capire che la tua carriera non è finita lì. Basta un fallimento catastrofico per perdere la paura di inciampare»

Patton Oswalt


Ogni settimana, su queste pagine, parliamo con sapida gioia di gente che fa un sacco ridere. Ne consegue che la nostra piccola bolla di risate a denti larghi possa essersi infettata con un’idea super sbagliata: che essere divertenti sia una faccenda semplice. Che far ridere la gente – la maggior parte della gente, ché altrimenti tocca considerare divertente anche l’ingegnere che racconta a un altro ingegnere la barzelletta sulla Gazzetta dello Sport, le donne e la lavastoviglie – sia una faccenda per cui bastano due battute ben piazzate e un po’ di faccia tosta. Nope. Non funziona così. Aspetta che ve lo faccio dire meglio da Peppino De Filippo: «Fare piangere è meno difficile che far ridere. Per questo, teatralmente parlando, preferisco il genere farsesco. Sono sicuro che il dramma della nostra vita, di solito, si nasconde nel convulso di una risata, provocata da un’azione qualsiasi che a noi è parsa comica. Sono convinto che spesso nelle lacrime di una gioia si celino quelle del dolore. Allora la tragedia nasce e la farsa, la bella farsa, si compie.». Trasferendo questo discorso dal teatro alla comicità in generale, si può dire che per provocare una serie di risate, che vengano ribadite da pubblici diversi in contesti diversi, è richiesto almeno un etto e mezzo di carisma, talento naturale q.b. (per esempio: ciao Robin Williams, tanti cuori), ma soprattutto tanti di quei tentativi per raffinare la propria arte da far rinunciare le persone meno motivate.

Una collezione delle migliori storie di fallimento comico

Nella sottocultura dello stand-up americano – che si sta piano piano espandendo in tutto il mondo – l’atto di salire su un palco con il proprio repertorio bello pronto e carico, e poi finire (per un motivo o per l’altro) con il non far ridere nessuno venendo scacciati dal palco dal peso stesso della vergogna, è talmente parte integrante del mestiere da essersi meritato (più di un) verbo per essere indicato. Il più usato è “to bomb”. Non nel senso di bombardare qualcuno, ma nell’accezione di essere la persona la cui routine deflagra sul palco lasciando solo detriti di comicità. In alternativa, si può far notare al comico fallimentare che si è strozzato (“to choke”) o, semplicemente e più letteralmente, che ha fatto fiasco (“to tank”).

Per farvi capire più nel dettaglio il concetto di “bombing”, proviamo con un esempio nostrano traslato in un altro contesto: è come se Silvio Berlusconi e Matteo Renzi venissero improvvisamente investiti dalla consapevolezza di quanto siano ridicoli i loro tentativi di fare i giovani su TikTok, potessero ammirare la gloria delle espressioni basito-disgustate dei ragazzi che hanno visto i loro video e fossero capaci di provare vergogna. Il “bombing” è così inscritto nel mestiere del comico che si esibisce dal vivo da essere parte (ormai da decenni) della routine di uno dei locali di stand-up (e di varietà in generale) più celebri di New York, l’Apollo Theatre. Qui, da un tempo che ormai sembra infinito e direttamente collegato all’epoca del vaudeville, si svolge regolarmente una serata dedicata agli amatori.
Una vera e propria Corrida senza Corrado in cui gente (ancora) non professionista sale sul palco (solitamente sono musicisti o comici), si esibisce e poi si affida al giudizio del pubblico, cui spetta decidere se la performance può proseguire o meno. Quando gli spettatori cominciano a rumoreggiare, fino al 2003 (anno della sua scomparsa) entrava in scena il Sandman, nome in codice di Howard Sims, ballerino e direttore di scena dell’Apollo Theatre che, eseguendo il volere del pubblico sovrano, saliva sul palco vestito in maniera ridicola e armato di bastone da pastore o di scopa di saggina per spazzare via i resti della performance bombardata. Di tutti i modi che esistono per essere umiliati davanti a un pubblico bellicoso, il migliore rimane quello di essere gentilmente cacciati da quest’uomo qui.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.