“Irma Vep” sta alla parola «vampire» come la serie di Assayas sta al film del 1996 da cui prende le mosse: un film-anagramma (a definirlo “film”, e non serie, è stato lo stesso regista a Cannes), una versione diversa fatta con gli stessi elementi, che nello specifico sono le riprese di un remake della serie muta Les Vampires (realizzata nel 1915 da Louis Feuillade), con un’attrice straniera invitata a Parigi a interpretare la parte un tempo di Musidora, la famigerata Irma Vep, criminale a capo della setta Les Vampires...
26 anni fa Assayas aveva quarant’anni, veniva dalla critica e si confrontava con il cinema del passato (Feuillade, la nouvelle vague) e con quello del presente (Hong Kong, Maggie Cheung): il dialogo era ancora possibile e i tetti di Parigi ancora un luogo dove far muovere una figura pronta a diventare icona. Oggi che il cinema è sparito dal discorso pubblico, sostituito dalla serialità e con un solo genere (il blockbuster) capace di creare immaginario, il confronto non può che essere con se stessi e i propri fantasmi.
La serie Irma Vep è dunque la resa dei conti di Assayas con la sua figura e la sua filmografia; con il film del 1996, naturalmente, ma anche con Sils Maria e Personal Shopper, di cui riprende la riflessione sull’immaterialità spettrale dell’immagine digitale. Mentre il racconto delle riprese di una serie (non più di un film) tratta da Les Vampires, diretto dall’alter ego René Vidal (Vincent Macaigne) e interpretata dalla star americana (non più cinese) Mira Harberg (Alicia Vikander) prosegue di episodio in episodio, con drammi più o meno grandi (l’estraneità di Mira, l’isteria di René, i capricci degli interpreti, le ingerenze della produzione) che si annullano nel flusso indistinto della narrazione seriale, Assayas allestisce un gioco di scatole cinesi in cui tutto è accostato orizzontalmente, come del resto la serialità insegna: la vita fuori e dentro il set, le immagini del remake e quelle di Les Vampires, la vita di Musidora interpretata dallo stesso cast, il fantasma dell’ex moglie di René, Jade (Vivian Wu), che altri non è che Maggie Cheung, da cui Assayas divorziò nel 2001...
Le immagini sono ovunque, in Irma Vep; sono, anzi, l’unica forma di realtà con cui i personaggi - non solo René e Mira, ma anche i membri del cast e della troupe, l’attore tedesco tossico Gottfried, l’invidioso Edmond, la aiutoregista, la costumista, l’assistente di Mira, il produttore, il finanziatore - riescono a confrontarsi, finendo per vivere in una realtà che si distingue dalla finzione solo per un semplice cambio di formato e illuminazione. Il vero fantasma con cui fare i conti è dunque il cinema, e in particolare la sua capacità di traslare la realtà su un piano di pura stilizzazione, marcando una differenza, uno stacco. Nella serie la sola a compiere questo miracolo è Mira, nei momenti (straordinari) in cui è posseduta dallo spirito di Irma Vep e prima ancora da quello di Maggie Cheung. È lei il solo corpo che resta, il cinema incarnato, ancora una volta silhouette sui tetti di Parigi.
Irma Vep
Irma Vep
Commedia - Francia 1996 - durata 98’
Titolo originale: Irma Vep
Regia: Olivier Assayas
Con Maggie Cheung, Nathalie Richard, Jean-Pierre Léaud, Nathalie Boutefeu
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