Il protagonista fa il consulente alle assicurazioni di una compagnia automobilistica: yuppie frustrato e devastato dal jet lag, nella sua casa Ikea, con i suoi abiti Calvin Klein e le sue cravatte Armani, è divorato dall’insonnia e dall’insoddisfazione. Non sa più dormire, non sa più piangere; e così, tanto per trovare un po’ di calore umano, frequenta, a casaccio, gruppi di ascolto. Supera in fretta gli alcolisti anonimi e gli insonni per dedicarsi con passione ai mali incurabili: leucemie, tumori ai genitali e all’intestino. Tra lui e Marla Singer, che soffre delle sue stesse ansie e predilige i suoi stessi rimedi, potrebbe anche nascere una storia d’amore, ma sono già entrambi troppo avanti nella strada dell’alienazione nevrotica.
Va diversamente, invece, con Tyler Durden, il produttore e venditore di saponette che incontra in aereo e al quale si rivolge quando la sua abitazione (con il divano nuovo, il guardaroba, i dischi e tutti gli oggetti simbolo del suo ruolo nel mondo) viene distrutta da un’esplosione. Quanto il protagonista è teso, ansioso, esitante, tanto Tyler appare disinvolto, sicuro di sé, appagato: vive senza problemi in un’enorme casa fatiscente, di notte va a rubare il grasso nei cassonetti di una clinica di liposuzione oppure fa il proiezionista in un cinema (dove appiccica inserti porno quasi subliminali tra i fotogrammi dei film per bambini), sa fabbricare, oltre che il sapone, anche gli esplosivi, non ha problemi con le donne (nemmeno con Marla, dura e bizzarra). Opposti, diventano amici; ma forse tanto opposti non sono. Entrambi, comunque, picchiano duro; si pestano e pestano altri come loro, insieme ai quali fondano il Fight Club, una società segreta nella quale fare a botte, per sapere di essere vivi.
Tratto dal primo romanzo di Chuck Palahniuk, Fight Club è un ritratto cattivo, ironico e visionario dell’America di fine secolo, quando la pacchia yuppie è tramontata e, ancora una volta, l’american way of life ha rivelato il suo volto deprimente e alienante. David Fincher, che ha esordito nel 1992 con il cupissimo Alien3 e ha raggiunto il successo nel 1995 con Seven (se possibile, ancora più disperato), si butta a capofitto nell’universo malato immaginato da Palahniuk, lo immerge nella notte, nei vicoli squallidi, in interni cadenti e polverosi o ordinati e senz’anima, in un tempo che l’alterazione del ciclo sonno-veglia rende indeterminato e fluttuante, in uno spazio scombussolato dalle percezioni soggettive, tra facce pestate, occhi tumefatti, nasi spezzati, guance tagliate. I volti dei “combattenti anonimi”, sempre più numerosi, vicini e minacciosi.
E mentre il protagonista (senza nome) si allontana progressivamente dalla sua ansiosa, umana insicurezza, Tyler si fa sempre più esigente, nelle sue ambizioni, nella sua volontà di affermazione. Magro e sgualcito, con un punto interrogativo stampato in volto, Edward Norton attraversa la storia alla ricerca di appigli, lampi di comprensione; di fronte a lui Brad Pitt, un Tyler sbrigativo e suadente, lavora in souplesse, appare e scompare, come un alter ego sognato e temuto. Fight Club ha scatenato imitazione e questo ha messo in secondo piano l’ironia paradossale che lo pervade. Ma, in realtà, è più una satira esacerbata che un “manifesto”, uno sberleffo a uno stile di vita piatto e condizionato, uno scossone al buon gusto e al buon senso comune cui ci adeguiamo (e, a questo proposito, attenzione alle ultime inquadrature, dove Fincher si diverte, come Tyler in cabina di proiezione).
IL FILM
Fight Club
Drammatico - USA 1999 - durata 135’
Titolo originale: Fight Club
Regia: David Fincher
Con Brad Pitt, Edward Norton, Helena Bonham Carter, Jared Leto, Meat Loaf, Zach Grenier
in streaming: su Disney Plus Apple TV Rakuten TV Microsoft Store Timvision Amazon Video
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