Nathan Fielder è un comico, showrunner, attore, produttore e imprenditore canadese che qui da noi verrà scoperto fra qualche tempo, nel futuro prossimo in cui sarà prevista la distribuzione di una serie Showtime (prodotta da A24) che si chiama The Curse, che è tuttora in fase di realizzazione, che ha per co-autore e co-protagonista uno dei fratelli Safdie (quelli di Diamanti grezzi) e come protagonista Emma Stone; ergo: verrà certamente portata sui nostri schermi.
Nel frattempo Fielder rimane un illustre sconosciuto in Italia, con tutta l’ingiustizia che deriva dal non potersi gustare (legalmente) uno degli autori più interessanti nell’ultimo decennio di piccolo schermo. Un temporaneo carneade – beccami gallina se i libri di Storia della tv non parleranno, fra qualche anno, delle sue mattate – il quale si sta impegnando per riflettere sul (e ridefinire il) sottile e strano confine che esiste tra reality (inteso come genere), dramma sceneggiato e commedia involontaria.
Fielder sembra innanzitutto notare un assioma fondamentale: in un mondo in cui le dinamiche del reality sono entrate talmente nell’abitudine da farci comportare come se avessimo sempre le telecamere puntate addosso – non si sa mai che qualcuno per strada stia facendo un TikTok, chiedere per conferma all’addetto alla sicurezza diventato suo malgrado virale – che senso ha, artisticamente parlando, separare i generi? Nessuno. Già di per sé convivono accidentalmente, con i montatori delle maggiori serie reality che prendono a prestito la grammatica visiva delle peggiori soap opera di Caracas per caricare di dramma i loro show; tanto vale unirli scientificamente alla fonte, nel momento di ideazione della serie, e vedere cosa succede.
In The Rehearsal (produzione HBO, quindi con una speranza di distribuzione italiana su Sky) Fielder va a cercare persone normali con normali problemi sociali e fa la cosa più bella possibile, ovvero aiutarle a risolverli, ma lo fa nel modo più strano immaginabile. Per spiegarlo, funziona bene l’esempio dell’episodio pilota. Fielder scova un uomo di New York, un insegnante di nome Kor, una persona vera la cui preoccupazione principale è quella di aver mentito per 12 anni al gruppo di amici con cui frequenta il competitivo mondo dei quiz da pub: Kor ha sempre raccontato di essere in possesso di una laurea magistrale, quando in realtà ha solo una triennale. La colpa lo consuma dal di dentro, vorrebbe confessarsi agli amici, ma ormai è passato tanto di quel tempo che l’inerzia e la paura di perderli lo bloccano.
Fielder interviene con un piano che è anche una filosofia: il terrore sociale, l’inquietante aspettativa di ciò che gli altri penseranno di noi e il potenziale giudizio che calerà sulla nostra testa, sono tutti fantasmi che possono essere esorcizzati con la pratica. Fielder propone a Kor di sceneggiare la propria confessione – inserendo nel copione tutte le possibili istanze che potrebbero scaturire da una situazione non del tutto sotto il nostro controllo – e di provarla e riprovarla, con l’aiuto di attori e comparse, finché l’ansia non sarà scomparsa e non sarà arrivato il momento di farlo per davvero.
The Rehearsal mette a disposizione di queste persone vere dei set che sono repliche perfette dell’ambiente, a loro famigliare, in cui avverrà la confessione o la difficile conversazione; oltre a fornire attori che hanno conosciuto e studiato gli amici del protagonista e possono aiutarlo ad allenarsi per qualsiasi evenienza. Lo stesso Fielder non scampa alla dinamica: prima di presentarsi al soggetto che vuole supportare, l’autore si sottopone allo stesso teatrino, ricostruendo la casa del suo “personaggio”, addestrando un attore a interpretarlo, e provando e riprovando (in diverse condizioni e modi) il momento in cui si conosceranno e in cui il canadese esporrà il suo format e il suo piano diabolico per aiutare a superare l’ansia sociale.
Per quanto strano, assurdo e sgangherato suoni, il piano di The Rehearsal funziona. Funziona alla grande. Fielder – che già aveva riflettuto, seppur in maniera meno organica, sulla natura cazzara ma allo stesso tempo sincera dei reality in un buffo show pieno di cringe intitolato Nathan For You – smonta tutte le sicurezze che avevamo in fatto di confini fra generi televisivi.
Creando una serie che è contemporaneamente reality, documentario, dramma antologico e tenera commedia involontaria. Vorresti smettere di guardare, perché un uomo adulto così emotivamente e irrazionalmente legato alle serate di quiz da pub forse ti mette a disagio; ma vuoi anche proseguire, perché il mono-tono Fielder ha un gran talento nel far emergere l’umanità e la tenerezza che si possono trovare in ogni meccanismo sociale incastrato da anni di ruggine e utilizzo malaccorto. E, soprattutto, Fielder è il primo a mettersi in gioco, a piazzarsi all’altezza dei suoi protagonisti senza giudizio. Anzi. In un twist imprevedibile, difficile da trovare anche nella migliore serie drammatica canonicamente intesa, nel finale della prima puntata è lui stesso a finire sotto i riflettori, vittima di un giudizio severo ma giusto.
La serie tv
The Rehearsal
Commedia - USA 2022 - durata 32’
Titolo originale: The Rehearsal
Creato da: Nathan Fielder
Con Ashleigh Morghan, K. Todd Freeman, Grayson Palumbo, Kue Lawrence, Nadia Mohebban, Rif Hutton
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