«L’umorismo è la faccia buona di una verità.»
Mark Twain
All’inizio dello scorso ottobre è stato pubblicato The Closer, l’ultimo dei cinque speciali – sei, contando lo sfogo non programmato in reazione alla morte di George Floyd (si intitola 8:46, lo trovate su YouTube – che Netflix ha commissionato a Dave Chappelle, il miglior comico vivente a ovest di Pio e Amedeo. La faccenda è ancora rilevante a mesi di distanza: le persone e le categorie che si sono sentite offese da The Closer non solo chiedono tuttora a gran voce che venga rimosso da Netflix, ma costringono anche gli amici di Chappelle a giustificarsi sui social media quando postano dei contenuti che lo riguardano – è successo a Capodanno a Patton Oswalt. Il discorso è di quelli über scivolosi e riguarda la lesa sensibilità delle persone transgender, soggetto ricorrente di molte delle battute ideate da Chappelle. L’accusa lanciata al comico è quella di essere transfobico, la sentenza è la cancellazione dal consesso civile senza se e senza ma. Una deriva piuttosto deprimente, esacerbata dal clima da stadio che si respira in quest’epoca di manicheismo in cui le sfumature sono un fastidio e tutto quello che rimane tra bianco e nero è solo il titolo di un brutto romanzo erotico.
Partiamo dal presupposto del sottotitolo: va bene se un comico ti fa incazzare, e non c’è bisogno di congiunzione avversativa. Dave Chappelle ha fatto arrabbiare un po’ più di mezzo mondo con i suoi ultimi speciali, ed è il miglior comico sulla faccia della terra. La stessa cosa è stata valida, a seconda del periodo, per Lenny Bruce, Bill Hicks e George Carlin, comici che alla fine di ogni spettacolo venivano accolti da gente con il forcone, e che sono giustamente passati alla storia come maestri della loro arte. Dice, però, che tanta gente è rimasta offesa dalle battute di Chappelle. Fatti loro. Nel senso che un comico non può essere bravo solo se lascia perdere argomenti a cui io sono personalmente suscettibile. Non è che Ricky Gervais, per me, smette di essere divertente nel momento in cui comincia a scherzare sui ciccioni solo perché sono stato obeso. «L’umorismo è la faccia buona di una verità», diceva il più grande umorista di sempre, e aveva ragione.
Oltre a fornire la perfetta transizione per parlare della verità secondo Chappelle, che è lì in bella vista anche se nessuno degli offesi sembra averla valutata. La sostanza dell’accusa fatta al comico di Washington, infatti, è quella di infierire (in inglese: “To Punch Down”: prendere a pugni dall’alto al basso) ai danni di una comunità, quella transgender, che merita protezione dopo decenni di ingiusta persecuzione. Come se le provocazioni di Chappelle fossero campate per aria e prive di contesto. Il presupposto in realtà è chiaro, ed è raccolto in due potentissime battute. Primo, quando dice: «Se ascoltate bene quello che dico, si intuisce chiaramente che il mio problema è sempre stato con i bianchi». E secondo, quando ha reso fiero Mark Twain chiedendo al suo pubblico: «Perché è più facile per Bruce Jenner cambiare genere, che per Cassius Clay cambiare nome?». Non vale fare polemica sul deadnaming – utilizzare il nome precedente di una persona trans è considerato molto offensivo – dal momento che, per motivi di impatto sulla battuta, lo stesso trattamento è stato riservato a Muhammad Ali; e se ci fossero dubbi su quanto Ali ci tenesse al suo nome, citofonare Ernie Terrell.
Quello che Chappelle sta dicendo con estrema chiarezza è: sono un afroamericano, la mia gente ha sofferto 400 anni di schiavitù e viene tuttora incolpata per la maggior parte dei problemi sociali di questo paese, viene ancora ammazzata dalla polizia solo per il colore della pelle. Non sono certo qui a fare la classifica della comunità più sfigata o tartassata, ma voglio avere il sacrosanto diritto di sottolineare comicamente, e dal mio punto di vista, le idiosincrasie sul discorso pubblico a proposito delle persone transgender. E si può chiedere qualcosa di meglio a un comico?
«Tutto ciò che è umano è patetico. La fonte segreta dell’umorismo in sé non è la gioia, bensì il dolore. Non c’è humour in paradiso.»
Mark Twain
Dave Chappelle su Netflix
Dave Chappelle: The Closer
Stand-up Comedy - USA 2021 - durata 72’
Titolo originale: Dave Chappelle: The Closer
Regia: Stan Lathan
Con Dave Chappelle, Daphne Dorman
in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads
Dave Chappelle: Sticks & Stones
Stand-up Comedy - USA 2019 - durata 65’
Titolo originale: Dave Chappelle: Sticks & Stones
Regia: Stan Lathan
Con Dave Chappelle
in streaming: su Netflix Netflix basic with Ads
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