Lo scrittore britannico Neil Gaiman (American Gods) definisce la fantascienza distopica, quella cioè che prevede un futuro cupo, «fiction speculativa», cogliendo in pieno la complessità del filone. Significa che è adatta all’indagine filosofica. Se per troppo tempo letteratura e cinema di fantascienza sono stati considerati leggeri o d’evasione, qui si sancisce un nuovo spessore che investe tutto il genere.
Bene: a 23 anni George Lucas si presenta alla prova finale del master in cinema della University of Southern California con un cortometraggio intitolato Electronic Labyrinth THX 1138 4EB, che quattro anni dopo, con un budget ridotto, svilupperà in un lungo intitolato in originale THX 1138, di fatto rinnovando quasi dal nulla la fantascienza distopica in epoca di space opera. Il soggetto è originale, scritto da Lucas con Walter Murch, uno dei migliori montatori e tecnici del suono della nuova Hollywood.
Nel XXV secolo l’umanità vive sottoterra, i ritmi dell’esistenza sono sotto il controllo delle macchine, vige una sorta di dittatura emotiva per cui sono proibite finanche le effusioni, oltre a qualunque tipo di rapporto sentimentale e sessuale. Esistono ologrammi erotici attraverso i quali sfogare le pulsioni ma le energie creative intellettuali e fisiche di uomini e donne sono morigerate da psicofarmaci. Il metro di giudizio è basato sull’efficienza produttiva in ambito di lavoro, tutti sono rasati a zero e vestono di bianco, non esistono più nomi di battesimo ma numeri e sigle.
Robert Duvall, il protagonista, è appunto THX 1138. L’uomo che fuggì dal futuro è debitore di una grande narrazione distopica classica, o pionieristica, uno dei prototipi del filone: il romanzo Noi di Evgenij Ivanovic Zamjatin, dove pure gli esseri umani sono rappresentati da un codice (quello del protagonista è D-503) e dove parimenti il solo valore riconosciuto dall’autorità dello Stato Unico è quello del lavoro. Per Zamjatin però la metafora riguarda lo stato totalitario stalinista del presente russo (il romanzo è del 1924), e sarà per questo anche modello di 1984 di George Orwell, forse il capolavoro assoluto della distopia (molto bello anche il film omonimo di Michael Radford, checché se ne dica in Italia dove ha sempre avuto pessima stampa).
Lucas invece si abbevera ai classici della letteratura di fantascienza tenendo in mente la contemporaneità americana, addirittura alcuni discorsi del supervisore di THX 1138, ovvero SEN 5241 (Donald Pleasence), repressivi e deliranti, sono estratti di dichiarazioni di Richard Nixon. E fin qui la politica. Ma dove sta la filosofia? Nell’antidoto alla società antiumanistica alla base del sistema gerarchico automatizzato immaginato da Lucas e Murch: amo dunque sono. THX 1138 e LUH 3417 (Maggie McOmie) fanno l’amore e per questo vengono denunciati e arrestati. Accade anche ai protagonisti di 1984, ma nel caso di Orwell la repressione sessuale fa parte di un sistema di coercizione che ha ben altri scopi, in L’uomo che fuggì dal futuro è invece il modo per bloccare l’energia propulsiva che può portare alla ribellione.
Chissà se Lucas e Murch conoscevano la teoria dell’energia orgonica dello psichiatra austriaco Wilhelm Reich (semplificando orribilmente: l’energia scaturita dall’orgasmo è non solo benefica ma addirittura salvifica rispetto a certe patologie). Secondo me sì. Reich è diventato anche un eroe “fantascientifico” in un romanzo di Valerio Evangelisti (Il mistero dell’inquisitore Eymerich). L’estetica essenziale e asettica di L’uomo che fuggì dal futuro, dovuta in realtà alla totale mancanza di soldi dell’autore, è a sua volta diventata prototipo di questo tipo di racconto, vedi Gattaca - La porta dell’universo in parte girato nello stesso set fisico, il Marin County Civic Center di Frank Lloyd Wright.
IL FILM
L'uomo che fuggì dal futuro
Fantascienza - USA 1971 - durata 90’
Titolo originale: THX 1138
Regia: George Lucas
Con Robert Duvall, Maggie McOmie, Donald Pleasence, Ian Wolfe
in streaming: su Apple TV Amazon Video Timvision
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