Gran giornata il 21 di aprile. E qualcuno potrebbe azzardarsi ad affermare che l’evento storico più importante tra i tanti capitati in questa data sia il Natale di Roma: dal primo secolo avanti Cristo, per iniziativa dello storico e letterato Marco Terenzio Varrone (con l’aiuto del suo astrologo di fiducia Paulus Vulpes Lucio Taruzio), il 21 aprile del 753 a.C. è diventato il giorno in cui tutti siamo d’accordo che Romolo ha fondato ufficialmente Roma. Così Varrone prende diversi piccioni con una fava: trasforma la mitologia in storia più o meno ufficiale, regala un giorno di vacanza e bisboccia in più ai cittadini romani, e permette a Mattero Rovere – nel 2772 ab Urbe condĭta, cioè da quando Roma è stata fondata – di realizzare Il primo Re, un ottimo film che riprende in mano le vicende storiche (Roma in realtà è nata dalla progressiva riunione di diversi villaggi) e le ammanta di un tipo diverso di mito.
Uno, dicevamo, si potrebbe azzardare a dire che la nascita di una delle realtà più importanti e influenti dell’antica storia europea sia l’avvenimento più succoso mai capitato in un 21 aprile. Ma persino la fondazione di Roma impallidisce di fronte al debutto a Broadway del musical più adorabile nella storia dei musical adorabili. La fondazione di un impero che dominerà per secoli il continente e lascerà fondamentali strascichi culturali e amministrativi è fondamentale e divertente quanto volete, ma non è di certo esaltante quanto Annie.
Il 21 aprile del 1977, infatti, si presenta in teatro la prima versione in carne, zazzera rossa, lentiggini e ossa della tenera orfana che fino a quel momento era stata semplicemente protagonista della striscia a fumetti quotidiana (intitolata Little Orphan Annie) creata nel 1924 da Harold Gray e pubblicata sulle pagine del Daily News – e a sua volta ispirata alla poesia Little Orphant Annie pubblicata da James Whitcomb Riley nel 1885. Fortunatamente, quando hanno deciso di farne un musical per Broadway, gli autori (Charles Strouse, Martin Charnin e Thomas Meehan) hanno avuto l’accortezza di scegliere un’attrice (la fenomenale 13enne Andrea McArdle) che, al contrario del personaggio dei fumetti, avesse delle pupille. Ottima scelta. Da lì in avanti è stata una lunga strada in discesa nei cuori di tutti quelli che non sono capaci di ascoltare Tomorrow mentendo sul loro groppo in gola.
Il passo successivo per trasformare Annie nell’icona che si è sempre meritata di essere è, abbastanza naturalmente, il passaggio al grande schermo, che succede nel 1982. E a chi vuoi darla la regia di un musical in cui un’orfana emerge da una situazione dickensiana giusto in tempo per ammorbidire il cuore arido di un turbo-capitalista e fargli comprendere l’importanza del New Deal per far uscire dalla povertà della Grande depressione un’ingente fetta di popolazione americana? Esatto, la vuoi assegnare proprio a John Huston, 40 anni di età dell’oro di Hollywood alle spalle e nessuna esperienza con storie che hanno per protagonisti dei bambini – a meno di non voler fare battute sconvenienti sull’altezza, non propriamente svettante, di Humphrey Bogart.
Annie, il musical teatrale, alla fine degli anni ‘70 è un successo di pubblico tale da convincere la produzione dell’adattamento cinematografico a spendere la più alta cifra mai investita fino a quel momento per un film: si parla di più di 35 milioni di dollari, quasi 60 se si calcolano anche le spese di distribuzione e di marketing. Il risultato, in termini di botteghino, non è per niente soddisfacente. E anche il film in sé, dicono i critici noiosi, non è esente da colpe – nonostante un cast stellare in cui spiccano Albert Finney, Carol Burnett e Tim Curry. Io non sono d’accordo. La versione di Annie di John Huston è adorabile tanto quanto la sua protagonista. E davvero non ti appassiona l’immagine di uno Huston 76enne che tenta di tenere in piedi un set pieno di bambini?
Il non successo di un progetto derivante da una proprietà intellettuale così celebre ha una sola conseguenza certa: prima o poi qualcuno ci rimetterà mano, perché la vena d’oro è sempre lì; vanno solo usati gli esplosivi giusti per riuscire a scoprirla e raccoglierla. Ci ha riprovato Disney nel 1999, affidando a Rob Marshall – che di lì a tre anni avrebbe conquistato gli Oscar grazie a Chicago – un adattamento per la tv a budget ridotto, in cui l’unica faccenda davvero degna di nota è Kathy Bates nei panni della signora Hannigan, la crudele proprietaria dell’orfanotrofio di Annie.
Va da sé che anche questa versione televisiva non è stata quella che ha portato la giusta gloria sullo schermo al titolo. C’è stato un ulteriore tentativo (finora l’ultimo) datato 2014, che cavalcava l’onda lunga della nomination agli Oscar della brava Quvenzhané Wallis – candidata nel 2012, la più giovane di sempre, per la sua interpretazione in Re della terra selvaggia. Né Wallis, né Jamie Foxx nel ruolo del riccone che accoglie in casa Annie per avere un ritorno d’immagine, né lo sciocchissimo cameo di Michael J. Fox nei panni di se stesso, però, hanno potuto salvare il terzo adattamento di Annie dal disastro totale. Siamo ai limiti dell’inguardabile. E pensare che c’era gente che si lamentava della versione di Huston. Bah.
Annie al cinema
Annie
Musicale - USA 1982 - durata 130’
Titolo originale: Annie
Regia: John Huston
Con Aileen Quinn, Albert Finney, Carol Burnett, Ann Reinking
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Timvision Amazon Prime Video
Annie - Cercasi genitori
Commedia - USA 1999 - durata 90’
Titolo originale: Annie
Regia: Rob Marshall
Con Alicia Morton, Kathy Bates, Alan Cumming, Audra McDonald
Annie: La felicità è contagiosa
Commedia - USA 2014 - durata 118’
Titolo originale: Annie
Regia: Will Gluck
Con Quvenzhané Wallis, Jamie Foxx, Cameron Diaz, Rose Byrne, Bobby Cannavale, Adewale Akinnuoye-Agbaje
Al cinema: Uscita in Italia il 01/07/2015
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Netflix Netflix basic with Ads Amazon Video
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