Giunti alla settima annata, la quinta targata Netflix, Black Mirror e il suo creatore Charlie Brooker non possono non fare i conti con l’intelligenza artificiale. Tecnicamente, e con rabbrividente “preveggenza” (era il 2013), quel tipo di tecnologia era già al centro di uno degli episodi più belli e amati delle annate “storiche” (Torna da me, stagione 2), oltre che fulcro dello spassoso Joan è terribile della scorsa annata (anticipatore degli scioperi che hanno bloccato Hollywood nel 2023, e che riguardavano anche l’uso dell’AI e le ricadute su attori e sceneggiatori); ma in questa nuova manciata di episodi è un filo conduttore, indugiando sul nostro mutato rapporto con quell’ambiguo schermo/specchio nero e con la possibilità che rifletta una realtà alterata, se non del tutto fasulla.

Si basano sulla rivisitazione e sull’esplorazione di immagini del passato, grazie a sistemi di intelligenza artificiale, i due episodi più romantici (nonché gli unici del mazzo a dare un’idea positiva, o almeno possibilista, della tecnologia: per il resto, proliferano tra le varie puntate visioni di mad doctor misogini e violenti - uomini o donne che siano -, che riducono il mondo al proprio onanistico giocattolo dalla torre di chip e quanti in cui si sono rinchiusi: un po’ Musk, un po’ Zuckerberg, un po’ pigrizia di scrittura): Hotel Reverie e Eulogy. Il primo, con durata da lungometraggio, è un La rosa purpurea del Cairo aggiornato all’AI, con un’attrice afroamericana chiamata a prendere il ruolo che fu di un divo degli anni 40 nel remake istantaneo di un classico in b/n; niente va come dovrebbe, e in un mix tra Ricomincio da capo e l’ormai classico episodio San Junipero va in scena un amore saffico (tra le ottime Issa Rae ed Emma Corrin) che mette in campo questioni attuali, dalla rappresentazione di maschile e femminile sullo schermo agli automatismi dell’industria.

Eulogy, interpretato dal solito, stropicciato e bravissimo Paul Giamatti, trasforma la possibilità di interagire con fotografie del passato - muovendosi all’interno di esse e assistendo a scene della propria vita, come in una versione innocua del teatro psichico cronenberghiano di Spider - in una lunga seduta di psicoanalisi su rimorsi e rimpianti di un amore perduto. Acuto il giusto Bestia nera, che si muove, come molti dei migliori episodi di Brooker, in zona Ai confini della realtà, dando vita a un incubo assai contemporaneo di falsificazione e manipolazione dei fatti, incarnate dalla machiavellica Verity (!), in grado di plasmare la realtà e i conseguenti risultati sui motori di ricerca a cui ci affidiamo quotidianamente.

Più spuntata l’immancabile quota “videogioco”, con due episodi: Come un giocattolo (che cita la puntata interattiva Bandersnatch) e USS Callister: Infinity, divertente sequel (di ben 90’) della puntata della stagione 4. Il più interessante resta l’episodio che apre la stagione nel segno di un pessimismo cupissimo: Gente comune applica le storture dei servizi streaming a un melodramma alla Ken Loach (col dito anche sulle ingiustizie del sistema sanitario Usa) che trascolora dal grottesco al disperato, disegnando con precisione (e con frecciatine affilate alle piattaforme) un mondo dove a “umano” si sostituisce “abbonato”.
La serie tv
Black Mirror
Fantascienza - Gran Bretagna 2011 - durata 50’
Titolo originale: Black Mirror
Creato da: Charlie Brooker
Con Daniel Kaluuya, Wyatt Russell, Kelly Macdonald, Lasco Atkins, Helena Collins O'Connor, Chris Martin Hill
in streaming: su Netflix Netflix Basic Ads
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