Lunatico. Secondo il dizionario Treccani è in prima battuta chi «patisce eccessi di pazzia ricorrenti con le fasi lunari», mentre il corrispettivo inglese, lunatic, è molto più semplicemente sinonimo di crazy, folle. Curiosa però la radice comune, questo costante rimando all’influenza del satellite che nell’antichità si credeva responsabile non solo della ciclotimia ma anche dell’epilessia, per tacere della meno empirica (diciamo così) licantropia. Brain Damage è concettualmente il brano chiave di The Dark Side of the Moon, non solo per l’esplicito riferimento al titolo («And if the band you are in starts playing different tunes/I’ll see you on the dark side of the Moon») ma anche per il rimando al “pazzo”, sin dall’incipit: «The lunatic is on the grass», il folle è nel prato.

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Zabriskie Point

I Pink Floyd incidono il loro più celebre album dal maggio 1972 al gennaio 1973, ma il processo creativo è molto più lungo: alcuni brani, o i loro spunti sonori, erano già stati eseguiti dal vivo durante il precedente tour, successivo all’uscita di Meddle (1971), ma nelle partiture definitive confluiscono idee destinate originariamente a sviluppi diversi. Per esempio, la traccia di pianoforte che percorre Us and Them apparteneva a una composizione di Richard Wright (il pianista-tastierista) destinata alla colonna sonora di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni, poi non utilizzata. Il nucleo di Breathe era invece già presente in Music from the Body, la colonna sonora “anatomica” del documentario di Roy Battersby The Body (1970) composta da Roger Waters con Ron Geesin, all’epoca anche ispiratore e compositore delle parti orchestrali di Atom Heart Mother (quinto album in studio della band).

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Atom Heart Mother

Con The Dark Side of the Moon i Pink Floyd quindi sperimentano due volte. Musicalmente invertono il procedimento produttivo canonico, quello che vedeva la genesi dei brani in studio, anche improvvisando, e poi la proposta dal vivo. Narrativamente si tratta invece del loro primo concept album omogeneo, nato intorno a un unico tema portante, quello dell’eclisse mentale, della follia, dell’alienazione e delle situazioni psicologiche - l’avidità, il materialismo di Money - che possono portare a un graduale scollamento dalla realtà. Il bassista Roger Waters elabora per la prima volta da solo, nella sua abitazione di Islington, i testi che con alcune idee musicali registrate su demo sottopone all’attenzione degli altri tre musicisti, il già citato Wright, il chitarrista-cantante David Gilmour e il batterista Nick Mason. Il primo titolo del progetto, che sarà poi quello definitivo, viene cambiato in Eclipse per un breve periodo, visto che i Medicine Head erano già usciti con un disco intitolato Dark Side of the Moon. Dato che questo passa inosservato, però, si ritorna al nome originale.

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The Dark Side of the Moon

Nonostante i brani fossero cresciuti, se non addirittura nati, durante i concerti, la peculiarità del disco sta nella produzione, alla quale partecipa attivamente l’ingegnere del suono Alan Parsons. A lui si deve la realizzazione tecnicamente impeccabile di alcune intuizioni di Waters, come il montaggio delle sveglie all’inizio di Time e i rumori ritmici dei registratori di cassa di Money. A Parsons si deve anche l’utilizzo del double tracking, che consente la migliore armonizzazione delle voci e degli strumenti. Benché l’ingegnere del suono, a caldo, disse che si poteva fare di più, il risultato finale fu per l’epoca assolutamente rivoluzionario, specie per il missaggio quadrifonico, e non c’è dubbio che abbia marcato più dei dischi precedenti il suono post psichedelico dei Pink Floyd. Il tema lunare non resterà estraneo alla carriera di Alan Parsons come musicista, quando insieme al pianista-produttore scozzese Eric Woolfson darà vita all’Alan Parsons Project. Mi riferisco in particolare al (bellissimo) videoclip di Don’t Answer Me, brano del 1984 il cui contenuto è estraneo alla Luna e alla follia (ma non il video! Guardatelo).

Il tema di The Dark Side of the Moon è il primo step di elaborazione della deriva psicotica che aveva costretto il fondatore della band Syd Barrett all’esilio. È lui il “diamante pazzo” intorno al quale si svilupperà il disco successivo, Wish You Were Here (1975), forse il capolavoro della band, ma che già nel dark side trova un riflesso preciso, quasi una presenza in carne ed ossa: «the lunatic is on the grass...». Se consideriamo The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here un dittico, uno l’emanazione dell’altro a livello concettuale e musicale, siamo di fronte all’apice assoluto dei Pink Floyd del dopo Barrett (va a onor del vero aggiunta Echoes, la suite di 23 minuti e 31 secondi contenuta in Meddle, composta da tutti e quattro i Floyd benché musicalmente soprattutto da Gilmour e Wright).

Vero è che il metodo sarà quello che porterà la band all’implosione, perché la decisione di cedere a Waters la regia creativa diventerà successivamente motivo di tensione con Gilmour e Wright, menti altrettanto creative. Ma la sinergia e la collegialità delle composizioni musicali, e soprattutto delle esecuzioni, rende unici e spettacolari i due dischi (pensate alla sapienza esaltante di Shine On You Crazy Diamond). Da un punto di vista “astrale”, The Dark Side of the Moon si eleva soprattutto grazie alla presenza-cardine di The Great Gig in The Sky, brano musicale di Wright con i vocalizzi di Clare Torry, giovane cantante che aveva già lavorato con Alan Parsons. La traccia musicale di pianoforte si fonde con una trama di effetti sonori molto sofisticati tra i quali, a mo’ di interferenza, le autentiche voci di astronauti della NASA in missione nello spazio. Eclatante il successo del disco, rimasto ininterrottamente nelle classifiche americane di “Billboard” per 741 settimane, dal 1973 al 1988. È il quarto album pop-rock più venduto di sempre dopo Thriller di Michael Jackson, Their Greatest Hits degli Eagles e Back in Black degli AC/DC. Una curiosità: Gilmour e Mason erano fan dei Monty Python, e dopo il trionfo di vendite di The Dark Side of the Moon decisero (come Pink Floyd) di investire del denaro nella produzione del film Monty Python e il Sacro Graal (1975).

Autore

Mauro Gervasini

Firma storica di Film Tv, che ha diretto dal 2013 al 2017, è consulente selezionatore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e insegna Forme e linguaggi del cinema di genere all'Università degli studi dell'Insubria. Autore di Cuore e acciaio - Le arti marziali al cinema (2019) e della prima monografia italiana dedicata al polar (Cinema poliziesco francese, 2003), ha pubblicato vari saggi in libri collettivi, in particolare su cinema francese e di genere.