Uno dei migliori film del millennio in corso si chiama Nessuno lo sa e l’ha diretto Hirokazu Kore’eda nel 2004. Sarebbe scorretto dire che è la pellicola con cui è esploso uno dei più grandi registi della sua generazione (e oltre), dal momento che Kore’eda aveva già debuttato con Maborosi (da qualche parte nel mondo è illegale esordire alla regia con un film così maturo) e poi aveva proseguito il suo percorso d’ascesa con After Life e Distance. Fatto sta che Nessuno lo sa viene presentato a Cannes – dove il protagonista quattordicenne Yūya Yagira vince giustamente il premio per la miglior interpretazione – e il cineasta giapponese non smetterà più di essere sui radar di ogni cinefilo che si rispetti. Siamo consapevoli che in questa rubrica si parla di serie TV inedite in Italia e non di film giapponesi bellissimi, ma la lunga introduzione serve a sottolineare che A) non si può mai perdere un’occasione per dire bene di Kore’eda e chi sostiene il contrario è uno di quelli che in macchina passano a tutta velocità sulle pozzanghere apposta per infradiciare i poverih alla fermata dell’autobus e B) che la serie di questa settimana, Just Act Normal (prodotta e distribuita da BBC Three), ricorda da vicino Nessuno lo sa e già per questo varrebbe la pena segnalarla. Se poi ci aggiungete che è pure bella senza essere pretestuosa (visto l’argomento delicatissimo), direi che siamo in carrozza.

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Just Act Normal

Come Nessuno lo sa, anche Just Act Normal racconta le conseguenze di una genitrice problematica e irresponsabile che lascia soli al mondo i propri figli, costringendoli a farsi forza – al contempo nascondendosi – a fronte di un mondo circostante che se venisse a conoscenza della loro reale condizione li costringerebbe a separarsi e a non vivere più alle loro condizioni. In Nessuno lo sa, ispirato a un terrificante fatto di cronaca, la situazione era estrema, ai limiti dell’osceno: una madre abbandona i quattro figli per andare dietro all’uomo di cui si è innamorata, lasciando l’incombenza della loro sopravvivenza al primogenito dodicenne. In Just Act Normal, una madre tossicodipendente soccombe ai propri demoni e muore nella vasca da bagno dell’appartamento di Birmingham in cui vive con la risoluta diciassettenne Tiana, l’introverso adolescente Tionne e la brillante ultimogenita Tanika.

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Just Act Normal

Non c’è spazio per della vuota retorica in questa miniserie, che inizia ex abrupto con la sorella maggiore che ha già preso le redini della situazione con la consapevolezza che, per restare tutti insieme, dovranno ingannare il resto del mondo solo finché lei non compirà i 18 anni e potrà diventare la tutrice legale del fratello e della sorella minori.

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Just Act Normal

Nel frattempo Tionne, il più sensibile dei tre, ha reagito alla scomparsa della madre chiudendosi in se stesso. Tanika, invece, è arrabbiata ma nemmeno troppo: ha in Tiana una figura di riferimento, e ha nella sua nuova maestra – interpretata da Romola Garai (Emma, Miss Marx), l’unico nome di peso che il casting si sia concesso – una nuova pseudo figura materna, che prende fin troppo a cuore il benessere della bambina rischiando, con le sue goffe attenzioni, di smascherare involontariamente l’ordalia dei tre fratelli.

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Just Act Normal

Il mantra di Tiana, mentre cerca di racimolare i soldi necessari a campare lavorando come estetista e continuando con i suoi studi, è quello predicato dal titolo: comportatevi come se non fosse successo niente, siate normali. Che, se ci pensate bene, è il paradigma instillato nei figli da qualsiasi genitore migrante (o appartenente a una minoranza) che si rispetti: non date nell’occhio e non risaltate troppo rispetto al vostro contesto, perché gli sguardi che abbiamo addosso sono molto più attenti e impietosi di quelli riservati ai cosiddetti normali (un caro saluto al generalissimo Vannacci di Sta Ceppa Vien Dal Mare).

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Just Act Normal

Diversamente da Nessuno lo sa, Just Act Normal si basa su uno spettacolo teatrale (Three Birds) adattato per il piccolo schermo dalla stessa drammaturga che lo aveva scritto e messo in scena nel 2013, Janice Okoh. Se il film di Kore’eda era un superbo, quasi silenzioso lavoro di osservazione registica che brucia lentamente lo stoppino verso un finale che non stiamo qui a ripetervi sennò ci sudano gli occhi, la miniserie di Okoh (all’esordio come showrunner televisiva) per forza di cose fa molto più affidamento su dialoghi scritti splendidamente e ricchi di significati stratificati, distanti da qualsiasi forma di didascalismo espositivo.

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Just Act Normal

Un risultato complicato da raggiungere, a maggior ragione con la consapevolezza che, a differenza di Nessuno lo sa, i tre protagonisti di Just Act Normal sono esordienti assoluti, in grado però di trasmettere la positività e la forza di volontà di una famiglia che non può permettersi di disgregarsi. Perché chi nasce con il colore della pelle diverso da quello della maggioranza, è obbligato ad aggrapparsi a quel tipo di resilienza per non essere travolto da un ambiente ingiusto sul quale non ha nessun tipo di controllo.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.