Nel panorama dei film concerto, pochi titoli hanno saputo superare i confini del genere come Pink Floyd at Pompeii. Girato nell’ottobre del 1971, tra le vestigia spettrali dell’anfiteatro romano di Pompei, e uscito l’anno successivo, l’opera di Adrian Maben rappresenta ancora oggi una delle più potenti espressioni del cinema musicale d’autore.


Con il titolo Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII (il 1972 in numeri romani serve a differenziarlo dalla prima versione), il film torna grazie a Nexo nelle sale (anche in formato IMAX) il 24 aprile 2025, seguito da un’uscita in home video e supporti audio il 2 maggio, in una forma restaurata e definitiva che rende finalmente giustizia alla sua natura ibrida, sospesa tra rock psichedelico, videoarte e memento archeologico.

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Pink Floyd a Pompei (1972) scena

L’assenza come dispositivo narrativo

Il concetto stesso alla base del film Pink Floyd at Pompeii - MCMLXXII sfida le convenzioni del documentario musicale. Nessun pubblico, nessuna acclamazione, nessuna interazione diretta: Maben, con grande intuito poetico, decise di far esibire i Pink Floyd in un anfiteatro completamente vuoto, facendoli suonare “per le pietre”, in un dialogo silenzioso con la morte e la memoria.


La macchina da presa si muove tra le rovine come un occhio antico e contemplativo, alternando riprese diurne e notturne che enfatizzano la dimensione sacrale dello spazio. La musica - da Echoes a A Saucerful of Secrets, da One of These Days a Set the Controls for the Heart of the Sun - si dissolve tra colonne, affreschi e cenere, come un rituale atemporale che unisce passato e presente.

Pink Floyd at Pompeii: Un restauro che è anche rilettura

Il lavoro di restauro per il film Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII, guidato da Lana Topham, è a dir poco straordinario. Partendo dal negativo originale in 35 mm, ritrovato recentemente negli archivi dei Pink Floyd, il film è stato scansionato in 4K e restaurato manualmente, fotogramma per fotogramma, con un’attenzione quasi filologica all’integrità cromatica e alla grana della pellicola. Ne risulta un’immagine limpida e vibrante, capace di restituire la materialità stessa del tempo e dello spazio filmati.


L’accompagnamento sonoro non è da meno: il nuovo mix in Dolby Atmos e 5.1 è opera di Steven Wilson, artista di culto del rock progressivo contemporaneo. Wilson, che ha definito i Pink Floyd “i miei Beatles”, ha realizzato un lavoro di cesello rispettoso dello spirito originale, ma arricchito da una profondità sonora che valorizza ogni eco e riverbero naturale catturato nell’anfiteatro.

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Pink Floyd a Pompei (1972) scena

L’archeologia del rock

Il valore cinematografico del film Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII non risiede solo nella sua dimensione formale, ma anche nella sua capacità di saldare insieme musica, mito e paesaggio. Le immagini dei corpi pietrificati delle vittime dell’eruzione, accostate al crescendo tribale di Set the Controls, non sono solo suggestione estetica, ma diventano autentico cinema del trauma e della trascendenza. Il film è attraversato da una tensione tra catastrofe e contemplazione, tra la memoria della fine e la ricerca di un nuovo inizio creativo.


In questo senso, la nuova versione da 90 minuti, che include le celebri sequenze di studio negli Abbey Road Studios (girate nel 1972 durante la gestazione di The Dark Side of the Moon), rappresenta una forma di metacinema musicale. Vediamo Waters sperimentare con sintetizzatori primitivi per On the Run, Gilmour e Wright provare le linee vocali di Us and Them, e momenti intimi come Nick Mason che chiede, con tono gentile, una torta di frutta senza crosta durante una pausa pranzo.


La dimensione live si intreccia con il backstage creativo, e l’antico anfiteatro diventa il palcoscenico di un’epoca in cui il rock stava per trasformarsi in linguaggio universale.


In quell’equilibrio tra sacro e profano, tra le vestigia dell’Impero Romano e il futuro del rock, il film cattura un’epoca in cui l’ambizione artistica non conosceva limiti. La band, in quel momento, stava per diventare un fenomeno globale. Ma in Pompei, sono ancora giovani pionieri in cerca di linguaggi espressivi, che trasformano il paesaggio vulcanico e mitologico in uno strumento stesso della loro musica.

La visione, ieri e oggi

Il film Pink Floyd at Pompeii – MCMLXXII non è un semplice restauro, ma un atto critico e curatoriale, una dichiarazione d’intenti che riafferma l’urgenza di preservare e riscoprire i grandi esperimenti visivi del Novecento. Il film di Maben, a oltre cinquant’anni dalla sua realizzazione, conserva intatta la sua potenza straniante e contemplativa, e oggi risuona come un’opera che anticipava la tendenza all’intermedialità e alla performance site-specific.


In un presente audiovisivo dominato da contenuti rapidi e decontestualizzati, l’esperienza immersiva proposta da questa nuova versione rappresenta un atto di resistenza culturale e poetica. Camminando attraverso Pompei, tra statue, ceneri e silenzi millenari, i Pink Floyd hanno scritto una delle pagine più visionarie della storia del rock. E oggi, grazie a questo restauro, quella pagina può essere finalmente riletta nella sua forma più pura, più viva, più eterna.

Filmografia

locandina Pink Floyd a Pompei

Pink Floyd a Pompei

Musicale - Francia 1972 - durata 85’

Titolo originale: Pink Floyd à Pompei

Regia: Adrien Maben

Al cinema: Uscita in Italia il 24/04/2025