La percepite anche voi quest’aria frizzantina da Gavrilo Princip che incontra per strada a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando, vero? Quest’atmosfera globale rilassata e assolutamente non polarizzata. Voi continuate pure a scannarvi su chi ha ragione tra bianco o nero. Io intanto mi recupero l’episodio pilota di Lazarus, il nuovo anime scritto e diretto da Shinichirō Watanabe, proprio quello di Cowboy Bebop, finanziato e distribuito (su Adult Swim), ma non prodotto né realizzato da gente statunitense – fatto salvo il prezioso contributo come coreografo delle scene d’azione di Chad Stahelski, l’ex stuntman diventato cineasta che ha diretto i quattro John Wick – e, per ora, senza promesse di distribuzione italiana. Mi guardo Lazarus invece di litigare perché se c’è una cosa che sa fare bene Watanabe è intercettare lo stato d’animo delle generazioni in formazione, per incanalarlo con tutta la figaggine malinconica possibile in storie di genere che non consentono la noia.

La stessa noia esistenziale che in Cowboy Bebop rappresentava alla perfezione quei venti-trentenni che alla fine degli anni 90 cominciavano a percepire il moltiplicarsi degli stimoli vacui e lo sgretolarsi delle certezze a cui nonni e genitori li avevano abituati. E che nel 2025 di Lazarus si trasforma nella rassegnazione altrettanto malinconica di un’intera generazione nata con la spada di Damocle sulla testa e con una domanda che frulla nelle loro cervella sin da quando hanno facoltà di astrazione: come ci coglierà l’inevitabile fine del mondo e in che modo ci cadrà in testa? Pensa che allegria avere pensieri del genere sin da bambini. Non perché le povere creature che sono state programmate dal contesto per averli siano piccole persone tristi e miserabili, anzi. Ma per la scarsa qualità del mondo in fallimento che instilla certe immagini e certe fobie a esseri umani che non hanno ancora nemmeno coscienza di se stessi, eppure sono consapevoli che un qualche vecchiodimmerda dall’altra parte del mondo ha facoltà di rovinare le loro vite prima ancora che comincino.

Secondo Watanabe, viene fuori che l’apocalisse (come tutte le cose migliori) in realtà arriva senza preavviso. Quattro anni prima dei fatti narrati nella serie, il celeberrimo dottor Skinner – considerato alla stregua di un santo, nonché come lo scienziato più brillante da tempi di Einstein – presenta il frutto del suo lavoro: è riuscito a sviluppare un antidolorifico miracoloso ribattezzato Hapna, un farmaco economico e privo di effetti collaterali che ha un successo immediato e clamoroso, apparentemente risolvendo un sacco di brutti problemi in giro per il pianeta. Dopo un anno di gioia e sollievo chimicamente indotti, tuttavia, il dottor Skinner scompare nel nulla e senza lasciare alcuna traccia. E il mondo scopre che Hapna era solo una grande trappola. Dopo tre anni di assenza, infatti, Skinner ritorna per annunciare al mondo: non sentire alcun dolore è equivalente a essere morti; per merito di Hapna, vi ho dimostrato una volta per tutte che il genere umano come lo conoscevamo è morto da tempo, impegnato a cercare il piacere sul breve termine e preferendo la guerra per il dominio alla preservazione della Terra che ci ospita.

Skinner, dall’alto del suo cervellone, ha deciso che tutto questo non è un caso contingente. È parte precipua della natura umana. Per questo ha creato Hapna, che in realtà non è solo un antidolorifico: rimane in circolo nel corpo di chi l’ha ingollato e, dopo tre anni dall’assunzione, uccide senza possibilità di scampo. Skinner rassicura sul fatto che non vuole sostituirsi a dio. Anzi. Lui è solo il settimo angelo trombettiere che annuncia l’apocalisse e che possiede l’antidoto per interrompere l’ecatombe in arrivo. L’umanità ha trenta giorni per scovare lo scienziato e farsi consegnare la cura. Ovviamente la gente prende benissimo la notizia, tra case farmaceutiche date alle fiamme, un boom sia di religiosità sia di satanismo, e un crollo delle borse quasi al livello di quello causato dalle raffinate doti matematiche di Donald Trump.

In tutto questo c’è bisogno di un eroe che non abbia la minima voglia di essere tale. Axel Gilberto, ventitré anni, è uno di quei bimbi che sin da quando hanno memoria si pongono domande sulla fine del mondo e oggi sta scontando una pena detentiva di 888 anni. Lo fa con il sorriso perché ha la tendenza a riuscire a evadere da qualsiasi prigione in cui abbiano provato a contenerlo, grazie a capacità acrobatiche fuori scala e a una spensieratezza che sborda nell’incoscienza e nella totale incuranza. Vuoi dargli torto? È da quando è nato che il mondo sta per finire, c’è veramente qualcos’altro che può avere più significato e più importanza di una consapevolezza del genere?

Axel ha deciso che essere libero e seguire il proprio istinto è l’unica possibilità per mantenere un certo livello di salute mentale. Tanto che quando l’enigmatica Hersch lo va a trovare in carcere offrendogli la possibilità di uno sconto di pena qualora si unisse alla sua squadra d’élite alla ricerca di Skinner, Gilberto preferisce cogliere l’occasione per evadere a modo suo – a ritmo di jazz fusion – e mantenere la sua personale libertà. Ma laddove le trattative non hanno successo, c’è sempre la strada della costrizione. L’uomo, il ragazzo e le donne al servizio di Hersch riescono a recuperare Axel e a farlo unire al loro team, Lazarus, che al momento rappresenta l’unica speranza per un mondo che sicuramente merita di essere salvato, solo per continuare a non imparare niente dai propri errori.
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