Giornata nera per l’ariete è un film che vive di ambientazioni, di location. In esse trova il suo senso e la sua maggiore ragion d’essere. Il regista Luigi Bazzoni si affida quasi esclusivamente agli spazi dell’EUR sfruttandoli – con eleganza e pertinenza – per definire un’atmosfera perturbante, fredda, sinistra. I set, curati da Gastone Carsetti, sono talmente centrali da essere citati dopo i titoli di testa, quando una scritta informa come alcune scene siano state girate “per gentile concessione dell’Istituto Romano di Beni Stabili nel nucleo direzionale di via Giorgione in Roma (via Cristoforo Colombo), dallo stesso istituto realizzato”. Scopriamone alcuni.

Alla fine della prima sequenza, i reduci da una festa vedono le luci dell’alba riuniti su una scalinata (struttura ricorrente in questo thriller: il regista le riprenderà in maniera quasi ossessiva, piccole e gigantesche, indoor e outdoor): è quella di un immobile per uffici sorto nel 1960 in piazzale dell’Agricoltura e dotato di un gemello distante pochi metri e svettante dall’altro lato di via Cristoforo Colombo. Entrambi i palazzi erano stati concepiti quale doppio ingresso monumentale all’EUR.

La breve scena successiva mostra la scenografica hall, dotata di spettacolare scala elicoidale, di quello che oggi si chiama “Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel”, a pochi passi da San Pietro. Esempio limpido di architettura modulare, l’albergo fu inaugurato nel 1963 e porta la firma di Ugo Luccichenti; Pier Luigi Nervi fu coinvolto per il calcolo del cemento armato, mentre della decorazione degli interior si occupò addirittura Franco Albini. Al suo interno è presente una tra le maggiori collezioni d’arte al mondo. Dopo pochi minuti le vicende si spostano nell’ospedale in cui è stato aggredito un personaggio, e di cui saranno riprese prevalentemente le scale esterne percorse dal giornalista Andrea Bild interpretato da Franco Nero.

Lo stabile è il Nucleo (o Centro) Direzionale di piazzale del Caravaggio, già sede della Questura nell’appena precedente Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Costruito fra il 1963 e il 1969, declinato in quattro edifici divisi in due gruppi, rappresenta il capolavoro dell’architetto e urbanista Pietro Barucci. Il suo collega Giorgio Muratore scrisse con ammirazione di “un’attenzione alla dimensione urbanistica che non trova corrispettivi nel contesto romano [...] mentre l’articolazione dei volumi terziari trova modo di alleggerire le grandi masse che si sfrangiano avvolgendosi nelle spire delle scale di emergenza capaci di affermarsi come protagoniste nel disegno dell’intero insieme”. Ancora scale dunque, vero e proprio elemento visivo ricorsivo nel film. Da notare come gli ambienti appena descritti – tralasciandone alcuni, come il tunnel in cui viene aggredito quello che si rivelerà essere l’assassino – si susseguano freneticamente già nei primi dieci minuti mentre altri, altrettanto rimarchevoli, appariranno nel prosieguo.

La casa più bella è quella in cui vive Helene, ex compagna del protagonista; la dimora è indagata da un movimento circolare della macchina da presa, che inizialmente ne mostra l’aspetto quasi da chalet (le vetrate incorniciate dal legno, una porzione spiovente di soffitto in listelli lignei), per poi indugiare sull’immenso camino “a isola”, quindi scorrere mostrando la scala leggera che collega i due piani, per fermarsi in una zona di disimpegno, separata dal living da una grande vetrina a tutta altezza. La villa, bellissima e situata ancora in zona EUR, in via dell’Esperanto 23, è stata ampiamente utilizzata dal nostro cinema: nello stesso 1971 di Giornata nera per l’ariete, Argento la sceglierà per 4 mosche di velluto grigio (ma occultando il focolare, arredo che ne avrebbe permesso la riconoscibilità immediata); e lo stesso farà Brusati tre anni dopo in Pane e cioccolata.

Contraltare a questa villa modernista è l’abitazione della prima vittima, l’inferma Sofia, che rappresenta invece la sintesi della pesantezza arredativa: tendaggi soffocanti, pavimenti in lastroni di marmo, chandelier barocco e un greve orologio rococò da comodino. L’assassino strangolerà la donna per poi lanciarla dalle scale, ancora una volta (e non per l’ultima) “forma” in primo piano nell’opera. Citiamone ancora due di scale, entrambe esterne, monumentali e presenti all’EUR, che idealmente si “passano il testimone” nella sequenza più bella del giallo.

La prima è quella su cui passeggiano Franco Nero e il dottor Benni e che collega il piazzale della basilica dei Santi Pietro e Paolo al viale sottostante. La seconda è quella calpestata prima dal giovane Walter, uno dei possibili indiziati, quindi ancora dal giornalista Bild/Nero che lo insegue, e che appartiene al cosiddetto “Colosseo quadrato”. Si tratta del palazzo della Civiltà Italiana, conosciuto anche come palazzo della Civiltà del Lavoro: un parallelepipedo a quattro facce uguali, dalla struttura in cemento armato e copertura interamente in travertino e con 54 archi per facciata (sei in colonna, perché avrebbero dovuto idealmente poter contenere il nome “Benito”, e nove in linea, nell’eventualità di accogliere anche il nefasto cognome) che spiegano il suo soprannome.

L’inquadratura frontale del giovane che raggiunge l’auto al termine della scala è splendida, la prospettiva frontale schiaccia i gradini generando una compatta parete di pietra. Per completezza di informazioni, aggiungiamo che il gran finale è ambientato in un altro luogo pieno di suggestione, un vecchio mulino industriale fatiscente risalente ai primi del Novecento. Al termine della visione, si potrebbe dire come il film di Bazzoni – a cui non facevano certo difetto le qualità compositive: fu assistente di Bolognini, oltre a essere cugino di Storaro – trovi nella giustezza delle location la sua migliore qualità, a fronte di un intreccio piuttosto involuto e tutto sommato di scarso interesse. Non c’è nulla di male: saper scegliere i set e saperli riprendere è una qualità che oggi pare smarrita, salvo clamorose eccezioni (per esempio il lavoro di Roberto De Angelis per i D’Innocenzo di Dostoevskij). Per questo fa sempre un po’ sorridere sentir ripetere quanto al cinema italiano odierno manchino gli sceneggiatori di un tempo: avessimo almeno quegli scenografi...

Il film
Giornata nera per l'ariete
Thriller - Italia 1971 - durata 95’
Regia: Luigi Bazzoni
Con Franco Nero, Ira Fürstenberg, Wolfgang Preiss, Rossella Falk, Pamela Tiffin
in streaming: su Amazon Video Google Play Movies
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta