Questa settimana è il turno di un altro di quegli anime che hanno lasciato un segno indelebile ai tempi in cui guardare con costanza e metodo i cartoni animati giapponesi era ancora il modo migliore per essere giudicato dal resto del mondo come un orgoglioso alfiere della verginità per scelta. E stiamo parlando del 2010 eh, mica del secondo dopoguerra. Pensa te la fatica che bisogna fare per godersi in pace le cose che ti piacciono senza che il bulletto del liceo ti dia della mammoletta. Highschool of the Dead, tratto dall’omonimo manga scritto da Daisuke Satō e illustrato da Shōji Satō (non sono parenti), è una miniserie animata da quei satrapi di Madhouse (Perfect Blue, Paprika, Death Note, One-Punch Man) ed è la risposta corretta a tutti quelli che nel 2010 si sono sintonizzati in massa su Sky per vedere la serie più attesa dell’anno, The Walking Dead, e subito dopo essersi gustati il pilota al rallentatore diretto da Frank Darabont si sono domandati: ma non si potrebbe avere la stessa cosa, ma leggermente più vivace? Per cortesia?

Nessuna mancanza di rispetto per chi ha sacrificato più o meno 140 ore della propria vita per arrivare al termine delle undici stagioni di The Walking Dead – anzi, dovreste passare in produzione a ritirare l’orsacchiotto zombie che vi spetta per esserci riusciti; ma il vero problema di quella serie lì è che si trattava dell’adattamento non particolarmente furbo dell’omonimo fumetto scritto da Robert Kirkman (Invincible) e disegnato da Tony Moore e Charlie Adlard, che è a un pelo di zombie dal poter essere considerato un capolavoro del genere per come riesce a raccontare l’involuzione e la ri-evoluzione di una società umana durante un’apocalisse. Il tutto senza dimenticarsi che, come in qualsiasi situazione estrema di sopravvivenza, una pandemia di non-morti non può che essere il trionfo della violenza ferale in ogni sua accezione.

Highschool of the Dead, che trovate su Crunchyroll, ha ben chiaro questo principio: sono le azioni e le reazioni dei sopravvissuti a creare la caratterizzazione dei personaggi e a costruire le dinamiche che li uniscono e li rendono interessanti. E in una situazione iperbolica come un’invasione di zombie calata dal cielo senza preavviso – ché immagino esistano anche invasioni zombie preannunciate con largo anticipo, non si sa mai – le uniche azioni e reazioni possibili sono o raggrumarsi in posizione fetale e aspettare di essere mangiati, ma in tal caso non esisterebbe una storia da raccontare; o prendere in mano mazze da baseball, pistole raccattate in giro, baionette, katane, fucili semi-automatici e dischi di Little Tony per fare una strage che servirà a malapena a sopravvivere per i successivi venti minuti. Dopodiché sarà la volta della successiva ecatombe di zombie e via seguendo. Tramite questi sprazzi di action horror, Highschool of the Dead definisce l’umanità (o la disumanità) dei suoi giovani protagonisti, allargando l’orizzonte man mano che il titolare del punto di vista narrativo, il liceale un po’ sfigato e un po’ ombroso ma molto leale Takashi Komuro, abbandona la scuola insieme agli altri sopravvissuti e si avventura in giro per la città alla ricerca di un posto sicuro.

La serie comincia ex abrupto, senza sentire il bisogno di stendere superflue premesse didascaliche, e inizialmente dà l’idea di volersi confinare fra i corridoi, i cortili e i tetti della Fujimi High School, frequentata dalla maggior parte dei personaggi principali. Il primo motivo di tensione extra zombie, infatti, è l’amor perduto tra Takashi e la sua amica d’infanzia Rei Miyamoto, che quando erano piccoli gli aveva fatto promettere che sarebbero stati sempre insieme, e ora che è cresciuta, invece, preferisce la compagnia di ragazzi che non siano costretti a ripetere l’anno perché sono diventati adolescenti insicuri, saturi di spleen e di disagio. Ora il suo cuore è di proprietà di Hisashi, studente modello, campione di arti marziali e diciassettenne maturo, volitivo, ambizioso e pure cordiale ed educato. Effettivamente, caro Takashi, la concorrenza è tosta. Solo che Hisashi viene zombificato entro la fine del primo episodio, preferendo il suicidio a una vita da non-morto.

Esatto: nonostante i protagonisti siano una banda di adolescenti scemi come tutti gli adolescenti, Highschool of the Dead non lesina su questioni morali scivolose, su scelte complicate, su personaggi conosciuti che muoiono con la facilità con cui (si presume) capita di morire durante un evento apocalittico. Man mano che Takeshi e Rei vagano in cerca di sopravvivenza e di altri superstiti, l’orizzonte del racconto si amplia a dismisura, raccontando anche le reazioni dell’universo degli adulti e costruendo un mondo attorno ai due protagonisti. Il tutto optando per un’estetica molto più coraggiosa e meno impomatata rispetto a quella di The Walking Dead, uno stile che non ha paura di essere un po’ exploitation e un po’ Battle Royale, che non teme di accostare questioni di politica internazionale – le grandi potenze che minacciano di nuclearizzarsi a vicenda per contenere la pandemia – a tanto sangue, tanta brutalità necessaria e tante adolescenti pettorute con le gonne plissettate troppo corte.
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Non ho mai smesso di sperare in una seconda stagione.
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