Ormai la conosciamo, la fantastica signora Maisel: conosciamo i suoi raffinati abitini da cocktail, in rigoroso pendant con cappello e soprabito; conosciamo i suoi monologhi scoppiettanti, che si srotolano senza soluzione di continuità dietro e davanti le quinte del palcoscenico, come segni d’interpunzione in un dialogo mai interrotto; conosciamo il suo piroettare aggraziato, quasi fosse miracolosamente dispensata dalle leggi di gravità, e conosciamo pure i vorticosi pianisequenza che la cingono fluidamente, la accompagnano, la assecondano nella sua danza (s’è già detto in occasione delle stagioni precedenti: quello orchestrato da Amy Sherman-Palladino è anche un musical prodigioso).
Eppure. Miriam “Midge” Maisel, benché «praticamente perfetta sotto ogni aspetto», non è esente dalle platee scettiche, dagli autosabotaggi, dai fiaschi clamorosi e dai passi falsi. Non è immune ai buchi nell’acqua e, non diversamente dal coro di formidabili comprimari che le orbitano intorno, non è nuova a inconcludenti giri a vuoto (non è forse questo che mettono in scena quei lunghissimi pianisequenza? Un inesausto deambulare, senza sosta ma pure senza meta?).
Proprio così, La fantastica signora Maisel non risponde alle leggi di gravità e neppure a quelle della televisione: non è un viaggio dell’eroe, il suo, perché Midge è già fantastica dall’episodio pilota, e non ha bisogno di una parabola nota, già data, per giustificare la sua esistenza. Può permettersi una scampagnata alle Catskill, una missione di salvataggio a Parigi o, in questa stagione pensata e ripensata in tempi di pandemia, un’intera annata in cui la sua carriera di stand-up comedian ristagna nei bassifondi di uno strip club clandestino.
La fantastica signora Maisel abita insomma uno spazio autarchico, un ecosistema narrativo che vive di vita propria, un mondo in Technicolor che non vorremmo mai smettere di frequentare, anche quando il valzer della macchina da presa ci riporta dritti al punto di partenza, anche quando i più bislacchi giri di trama non si rivelano che inconcludenti giri di giostra (non a caso, una delle sequenze più memorabili della quarta annata è ambientata proprio sulla ruota panoramica di Coney Island).
Attenzione, però. Che non gravi sulla serie l’equivoco che pesa sulle trame gioiose, sugli universi colorati, sui protagonisti inguaribilmente ottimisti (un esempio recente, il Ted Lasso di Jason Sudeikis): la signora Maisel fatica a sbarcare il lunario, non riesce a sfondare, s’è fatta d’episodio in episodio più di un nemico. Ti fa stare bene ma non è feel good, come i migliori mattatori comici. Incarna un modello a cui aspirare non perché sia perfetta, ma perché di questa perfezione non smette mai di prendersi gioco. In ogni signora perbene dell’Upper West Side, ci dice, c’è una donna in grado di sabotare a suon di sarcasmo le storture del quotidiano, le aspettative di genere, le idiosincrasie di una classe sociale. «E se avessimo sempre comandato noi?», si chiede Midge, nel finale di stagione, davanti a una platea di donne newyorkesi. Resta tutta la quinta annata - che, annunciano quelli di Amazon, sarà l’ultima - per scoprirlo: tits up!
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Il n° 45, inviato agli iscritti mercoledi 31 marzo, è dedicato alla quarta stagione di La fantastica signora Maisel. Puoi iscriverti in questa pagina.
La serie tv
La fantastica signora Maisel
Commedia - USA 2017 - durata 53’
Titolo originale: The Marvelous Mrs. Maisel
Creato da: Amy Sherman-Palladino
Con Rachel Brosnahan, Alex Borstein, Sam Skolnik, Jean Brassard, Nick Daly, Keith Buterbaugh
in streaming: su Amazon Prime Video
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