Prima di The End, film in uscita al cinema il 3 luglio per I Wonder Pictures, Joshua Oppenheimer ha già raccontato l’orrore. Con The Act of Killing e The Look of Silence ha fatto parlare i carnefici del genocidio indonesiano, li ha spinti a recitare i propri crimini come se fossero grandi attori in un teatro di menzogne storiche. Ora, con The End, il regista statunitense debutta nel cinema di finzione e mette in scena un musical post-apocalittico: un film che, nel suo impianto, parla ancora di colpa, negazione e narrazioni tossiche. Ma questa volta a mentire non sono killer in divisa, ma una famiglia americana sopravvissuta alla fine del mondo.

Tilda Swinton
The End (2024) Tilda Swinton

Una famiglia nella bolla del privilegio

Il film The End racconta la storia dell’ultima famiglia rimasta sulla Terra, nascosta in un lussuoso bunker scavato in una miniera di sale, venticinque anni dopo una catastrofe climatica che ha reso il pianeta inabitabile. Il padre (Michael Shannon), ex petroliere arricchitosi sfruttando l’industria che ha contribuito al collasso, vive con la moglie (Tilda Swinton), ex ballerina, e il figlio (George MacKay), nato e cresciuto sottoterra, tra dipinti dell’Hudson River School, orologi di lusso e arredi da casa-museo. La loro esistenza è scandita da una routine ossessiva, fatta di piccoli gesti, di racconti autoassolutori e — soprattutto — di canzoni.


Quando una giovane donna (Moses Ingram), sopravvissuta del “mondo esterno”, bussa alla porta chiedendo rifugio, l’equilibrio costruito sulla negazione comincia a incrinarsi. Lei non porta solo notizie: porta un confronto. È il reale che irrompe nel teatro della menzogna.

Archetipi di una civiltà collassata

I personaggi del film The End non hanno nomi. Non servono. Sono funzioni, simboli, proiezioni. Il Padre è il potere che ha distrutto il mondo e ora si reinventa saggio, paterno, redento. La Madre è la complice, estetizzante, che cura fiori finti e quadri come reliquie di un passato idealizzato. Il Figlio è l’innocente cresciuto nel vuoto, figlio del silenzio e dell’autoinganno. La Ragazza è il trauma che ritorna: è la coscienza, è la storia rimossa, è la memoria che sfugge al controllo.


George MacKay sorprende in un ruolo in bilico tra l’ingenuo e il disilluso, capace di cantare con candore le bugie che ha imparato a memoria. Tilda Swinton, con la sua voce fragile e l’aria sempre sospesa, incarna una disperazione glaciale. Michael Shannon è magnetico: tenero e inquietante, affabile e colpevole. Moses Ingram è il cuore emotivo del film — l’unica con gli occhi aperti su ciò che è davvero accaduto.

George MacKay
The End (2024) George MacKay

Privilegio e colpa

The End è un film sul potere del privilegio di costruirsi un rifugio dalla realtà. È una parabola feroce su come le élite - politiche, economiche, culturali - si isolano dal mondo che contribuiscono a distruggere. E come, per sopravvivere alla propria colpa, si aggrappano a racconti autoindulgenti, a memorie manipolate, a rituali consolatori. In questo senso, The End è più vicino a una tragedia greca che a un musical hollywoodiano.


Il vero antagonista non è l’ecocatastrofe, ma il tempo. Il tempo che scorre, il tempo che non torna, il tempo che, come dice una canzone del film, “scivola via prima che tu te ne accorga”. Gli orologi di lusso che i personaggi indossano - simboli del loro potere passato - non segnano più nulla. Sono solo status symbol fuori tempo massimo.


E poi c’è il canto.

Il musical come lingua della menzogna

Qui Oppenheimer compie la sua mossa più audace: fa cantare i personaggi non per rivelare emozioni profonde, ma per coprirle. I numeri musicali, composti da Josh Schmidt e Marius de Vries, non sono esplosioni di sincerità, ma momenti di disperata autoconvinzione. Non si canta la verità, si canta la menzogna.


Le canzoni, tutte cantate dal vivo, sono spezzate da silenzi carichi, da pause che raccontano più delle parole. I movimenti di macchina, i piani sequenza, i cambiamenti di set che avvengono dentro una stessa scena, accompagnano questa estetica del collasso: un canto che cerca di fingere ancora, mentre tutto intorno crolla.


Uno dei momenti più emblematici è la canzone del Padre che scala un “monte” nel tunnel della miniera: canta di riscatto, ma lo fa mentre in realtà si prepara a cadere. È una fantasia suicida travestita da redenzione, un atto di vanità mascherato da sacrificio.

George MacKay
The End (2024) George MacKay

L’ambiguità come scelta poetica

Oppenheimer non cerca il realismo. Il film The End è una favola tragica, un’allegoria, un dispositivo concettuale. I suoi ambienti - la miniera blu ghiaccio, la casa-bunker iper-arredata - sono luoghi mentali prima che fisici. L’assenza di nomi, la sospensione temporale, la stilizzazione musicale: tutto contribuisce a un’atmosfera sospesa, fredda, inquietante. Come se fossimo in una distopia à la Dogville, ma raccontata da chi ha sempre avuto le chiavi del rifugio.


Il finale non offre catarsi. L’illusione continua, la musica riparte, il ciclo si chiude. L’unica vera speranza, ci dice Oppenheimer, è per noi spettatori fuori dalla miniera, ancora con il cielo sopra la testa.

Un film difficile, necessario

The End non piacerà a tutti: è un film ostico, scomodo, anti-spettacolare. Ma è anche una delle opere più radicali e coerenti dell’anno. Un musical sull’autoassoluzione. Una tragedia post-industriale. Una critica feroce all’élite globale ma anche a noi, che accettiamo le loro narrazioni, che cantiamo con loro pur sapendo che la melodia è falsa.


È un atto di accusa mascherato da elegia. E in questo, Joshua Oppenheimer conferma di essere uno degli autori più necessari del nostro tempo.

Filmografia

locandina The End

The End

Musicale - Danimarca, Irlanda, Germania, Italia, Regno Unito, USA 2024 - durata 148’

Titolo originale: The End

Regia: Joshua Oppenheimer

Con Tilda Swinton, Michael Shannon, Tim McInnerny, George MacKay, Bronagh Gallagher, Lennie James

Al cinema: Uscita in Italia il 03/07/2025

locandina The Act of Killing - L'atto di uccidere

The Act of Killing - L'atto di uccidere

Documentario - Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna 2012 - durata 116’

Titolo originale: Jagal

Regia: Joshua Oppenheimer, Christine Cynn, Anonimo

Al cinema: Uscita in Italia il 17/10/2013

in streaming: su iWonder Full Amazon channel

locandina Dogville

Dogville

Drammatico - Danimarca/SF/Germania/Italia 2003 - durata 165’

Titolo originale: Dogville

Regia: Lars von Trier

Con Stellan Skarsgård, Nicole Kidman, Siobhan Fallon, Chloë Sevigny, Patricia Clarkson, Jeremy Davies

Al cinema: Uscita in Italia il 07/11/2003