Sono le persone con cui passate più tempo nella vita; conoscono i vostri punti deboli e festeggiano il vostro compleanno con sorrisi posticci; dovete vederli anche se vi danno sui nervi e vi mettono in imbarazzo. No, non sono i vostri congiunti: sono i colleghi dell’ufficio. Materiale perfetto per una sitcom; quante volte ci avete pensato, all’ennesima uscita strampalata del vicino di scrivania, o dopo la miliardesima riunione inutile? «Dovremmo filmare questa roba, sarebbe un’ottima serie tv».
Ci hanno pensato anche due geniacci britannici come Ricky Gervais e Stephen Merchant, che nel 2001 creano per BBC The Office: un mockumentary, ambientato nell’ordinaria filiale di una ditta che produce carta, dove una troupe si impegna a documentare ogni momento della vita dei dipendenti. Un cult assoluto in soli 14 episodi (in Italia in dvd), prontamente rifatto in America, con un pilota che ricalcava fedelmente quello inglese e un nucleo centrale di personaggi modellati sull’originale, a partire dal colossale idiota a capo dell’ufficio, interpretato dallo stesso Gervais nella versione inglese e divenuto, in quella americana, la rampa di lancio per il genio comico di Steve Carell (che dichiara di aver visto solo pochi minuti del The Office britannico, proprio per non essere influenzato dall’interpretazione del suo omologo).
Non un remake qualsiasi: vissuto per ben nove stagioni (e un totale di 188 episodi), il The Office statunitense ha sviluppato un’identità propria, coltivato personaggi indimenticabili, edificato tormentoni capaci di durare negli anni e vivere in forma di meme anche molto tempo dopo la fine della serie, chiusa nel 2013. Unendo lo stile grezzo del falso documentario (salvo poche eccezioni le riprese sono state realizzate in modo da rendere plausibile la presenza di cameraman o obiettivi nascosti) al tono surreale di un ambiente di lavoro disfunzionale, la serie ha trasformato la filiale di Scranton, Pennsylvania, della Dunder Mifflin, capitanata dall’inetto Michael Scott, in un luogo spassosamente e sinistramente familiare per chiunque abbia vissuto un’esperienza di lavoro impiegatizio.
Un successo clamoroso soprattutto a lungo termine, divenuto - stando all’indice Nielsen - lo show più visto su Netflix in America (in Italia è anche su Prime Video e NOW), che ha generato videogame, pupazzi e convention ufficiali (a Scranton, ovviamente). Merito dello showrunner Greg Daniels (tra gli autori di I Simpson, della recente Upload e di Space Force, di nuovo con Steve Carell), alla guida delle prime quattro stagioni e (dopo una pausa in cui ha dato vita a Parks and Recreation ed è stato rimpiazzato da Paul Lieberstein) di quella finale; merito anche di una writers room peculiare ma compatta, in gran parte composta da autori/attori che avevano anche ruoli nello show (Lieberstein, B.J. Novak, Mindy Kaling, Michael Schur), e di un cast affiatato e allenato all’improvvisazione, tutti elementi che hanno contribuito alla formazione di una squadra dai tempi comici imbattibili.
Capitanata dal mattatore Steve Carell (che nel 2010 abbandonò, per mancato rinnovo del contratto) e arricchita da camei e partecipazioni illustri come James Spader, Idris Elba, Kathy Bates, Amy Adams, Will Ferrell. Debitrice al modello inglese ma capace di creare trame orizzontali dagli insospettabili affondi “umani”, anche sentimentali, come la love story tra Jim e Pam, uno dei più lunghi e meglio gestiti esempi di “will they won’t they”, ovvero di tensione sentimentale irrisolta, culminata nell’epico episodio del matrimonio (che l’11 maggio 2020 John Krasinski ha rimesso in scena, tramite Zoom, nel suo show su YouTube Some Good News), o l’amore/odio cocciuto e tenero tra Jim e Dwight. Soprattutto, The Office ha saputo mettere in scena, sotto la superficie di una confezione godibilmente demenziale, una certa alienazione e un certo languore esistenziale proprio della routine lavorativa e delle insensatezze burocratiche e gerarchiche a essa connesse.
Mirabilmente condensate nella figura di Michael Scott, il peggior capo mai apparso su schermo, la cui disperata ed esasperante necessità di essere amato ne fa un personaggio dalla dimensione tragica, spaventosamente umano e molto più realistico di quanto il ritmo della serie ci conceda il tempo di realizzare. Il re dell’imbarazzo di seconda mano, capace di disgustarci e al contempo di farci empatizzare, riconoscendo in lui molto dei nostri boss e, forse, anche un po’ di noi stessi.
LA DUNDER MIFFLIN IN PILLOLE
MICHAEL SCOTT - Steve Carell
Direttore regionale. La sua tazza dice «il miglior capo al mondo»: l’ha comprata lui. Titano della mediocrità e del fancazzismo, la sua voglia di essere elogiato è inversamente proporzionale a quella di lavorare. Vive per far ridere, cosa mai accaduta, nonostante abbia tentato per 34 volte il gag «come ha detto lei».
DWIGHT SCHRUTE - Rainn Wilson
Assistente (del) direttore regionale. Spione, pedante, assetato di potere (John McCain disse - nella vita vera - che l’avrebbe voluto come vice), artista marziale e teorico del superomismo, coltiva barbabietole col cugino Mose (interpretato dal co-autore Michael Schur). Ha un affair con Angela, ma la vera bromance è con Jim.
JIM HALPERT - John Krasinski
Venditore. Brillante, capace, sensibile: che ci fa alla Dunder Mifflin? Se lo chiede spesso, ma la risposta è Pam, la donna della sua vita, che corteggia e sposa. Sa bene che ci immedesiamo in lui e cerca la nostra complicità ammiccando verso l’obiettivo, ma anche per lui nulla è più importante di uno scherzo ben riuscito.
PAM BEESLY - Jenna Fischer
Segretaria. Ma pure centralinista, psicoterapeuta non retribuita di Michael Scott, aspirante designer, impiega tre stagioni a mettersi con Jim e le restanti a trovare se stessa. Se c’è un personaggio che vi farà piangere, qui, è lei. Quando viene promossa, il suo posto viene preso dall’adorabile sciroccata Erin (Ellie Kemper).
ANDY BERNARD - Ed Helms
Se volete farlo arrabbiare mostrate disinteresse per la sua carriera di cantante a cappella; ma ricordatevi che è reduce da un corso per la gestione della rabbia. Ricco di famiglia, sessualmente disorientato, dotato di umorismo respingente, contro ogni aspettativa fa carriera fino a diventare il nuovo direttore regionale.
STANLEY HUDSON - Leslie David Baker
Venditore. Lavora alla Dunder Mifflin da 26 anni e da altrettanto tempo è di malumore. Nessuna riunione può distrarlo dalle sue parole crociate. Ha una moglie e un paio di amanti, ma l’unica cosa che lo rende davvero felice è andare a casa prima dell’orario stabilito. O l’annuale Giorno dei pretzel, sua passione.
KEVIN MALONE - Brian Baumgartner
Contabile. Dotato di una fame incontrollabile (attenti al suo chili) e di una logica assolutamente inconciliabile col mondo lavorativo (un po’ come la sua iperidrosi plantare), il suo livello cognitivo è pari a quello di un bimbo di quarta elementare, fatto che Holly (Amy Ryan) scambia per ritardo mentale.
ANGELA MARTIN - Angela Kinsey
Contabile. Bigotta e gattara, germofoba, omofoba, repubblicana di ferro, odia tutti e non fa niente per nasconderlo. Fa eccezione Dwight, col quale porta avanti una torrida relazione sessuale. Responsabile del Comitato per le feste dell’ufficio, lo gestisce per quattro stagioni con piglio dittatoriale.
PHYLLIS VANCE - Phyllis Smith
Venditore. Dolce con retrogusto avvelenato, è la mamma putativa di ogni impiegato Dunder Mifflin, quella su cui contare per una parola buona o per un ben assestato luogo comune sui giorni di pioggia. È sposata con Bob Vance della Vance Refrigeration, da pronunciare rigorosamente per esteso.
MEREDITH PALMER - Kate Flannery
Relazioni fornitori. Può resistere a tutto, tranne che alle tentazioni, soprattutto se hanno la forma di una bottiglia o di un uomo disponibile. Non dotata di senso del pudore, ha un’idea tutta sua di come vestirsi nei “venerdì casual”. Nessuno investirebbe su di lei, in compenso Michael l’ha investita con l’auto.
CREED BRATTON - Creed Bratton
Non sappiamo cosa abbia fatto prima della Dunder Mifflin, e non lo ricorda bene neanche lui. Difficile dire cosa effettivamente faccia in ufficio («controllo qualità», pare), ma se la polizia lo cerca, voi non l’avete mai visto. Col suo interprete condivide il nome e i dettagli meno truci della biografia.
OSCAR MARTINEZ - Oscar Nuñez
Contabile. Efficiente, responsabile e puntiglioso. In quanto omosessuale e latinoamericano, è l’obiettivo prediletto per le sortite politicamente scorrette di Michael, che l’ha baciato per dimostrare il suo progressismo. Diventa amante del marito di Angela, dando vita a un bizzarro triangolo.
RYAN HOWARD - B.J. Novak
Per tutti, per sempre, solo “l’interinale”, il ruolo con cui è arrivato alla Dunder Mifflin (e le ha dato fuoco). Ambizioso, cinico, vanesio, fa il salto nella Grande mela ma finisce per tornare all’ovile. Non prende sul serio niente, tranne se stesso, e sicuramente non Kelly, con cui ha una relazione altalenante per tutta la serie.
KELLY KAPOOR - Mindy Kaling
Assistenza clienti. A differenza di molti altri impiegati della Dunder Mifflin, ha un’ottima capacità di concentrazione, che però dirige esclusivamente verso se stessa. Fa eccezione Ryan, sua ossessione amorosa. Kaling, anche nella writers room, detiene il record come autrice più prolifica della serie, con 26 puntate.
TOBY FLENDERSON - Paul Lieberstein
Risorse umane. Sarebbe la voce della ragione nel delirio, se solo riuscisse a farsi sentire. Timidissimo, detestato in modo viscerale da Michael e innamorato non così segretamente di Pam, doveva essere solo un cameo per Lieberstein (anche autore, showrunner e regista della serie), ma è divenuto tragicomico eroe.
DARRYL PHILBIN - Craig Robinson
Magazziniere. Sotto The office c’è il deposito delle risme di carta, un mondo a parte: ci lavorano Roy, il pessimo primo fidanzato di Pam, e Darryl, manovale allergico alle idiozie, quindi per estensione alla Dunder Mifflin. Ma una cosa tira l’altra e gli basta poco per fare carriera al piano di sopra.
La serie tv
The Office (US)
Commedia - USA 2005 - durata 22’
Titolo originale: The Office (US)
Creato da: Greg Daniels, Ricky Gervais, Stephen Merchant
Con Steve Carell, Rainn Wilson, John Krasinski, Jenna Fischer, Leslie David Baker, Brian Baumgartner
in streaming: su Amazon Prime Video Netflix Timvision Netflix basic with Ads
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