Nel 1974, all’età di soli 24 anni, Chantal Akerman realizzò Je, tu, il, elle, un film radicale, minimalista e profondamente personale che, proposto da Rai 3 all’interno di Fuori Orario la notte del 7 marzo, anticipa molte delle tematiche che la cineasta belga avrebbe sviluppato nelle sue opere successive. Con una narrazione frammentata e una messa in scena rigorosamente essenziale, Akerman esplora la solitudine, il desiderio e il rapporto tra corpo e spazio, creando un’opera che sfida lo spettatore sia emotivamente che intellettualmente.

Io, tu, lui, lei
Fin dalle prime inquadrature, il film di Rai 3 Je, tu, il, elle immerge il pubblico in una dimensione sospesa e quasi astratta. La protagonista, interpretata dalla stessa Akerman, si chiude volontariamente in una stanza spoglia, in cui il tempo sembra essersi fermato. Qui si dedica a una serie di gesti ripetitivi e ossessivi: sposta i mobili, scrive e riscrive lettere, si nutre esclusivamente di zucchero. Questo isolamento quasi ascetico evoca un senso di alienazione profonda, un rifiuto della realtà esterna che si traduce in una sorta di auto-esilio emotivo e fisico. “Il mio personaggio si muove, ma non va da nessuna parte. Fa delle cose, ma in fondo non succede nulla. Ho sempre pensato che la vita fosse così: un insieme di piccoli gesti che cercano di dare un senso a ciò che accade”, dichiarò la regista all’epoca.
Quando finalmente lascia la stanza, la protagonista si mette in viaggio e incontra un camionista, un uomo dal linguaggio crudo e dalla presenza ingombrante. Nella cabina del camion, lo spazio si restringe nuovamente, ma questa volta il movimento crea un contrasto con la staticità della prima parte del film. L’uomo racconta della sua vita, delle sue esperienze con le donne, del suo desiderio e delle sue frustrazioni. La protagonista ascolta, ma il loro scambio è segnato da una distanza insuperabile. Akerman riprende questa sequenza con uno sguardo quasi documentaristico, eliminando qualsiasi forma di idealizzazione. “Volevo che lo spettatore sentisse il peso delle parole, la loro ripetizione, la loro inutilità. Parliamo tanto, ma spesso non diciamo niente”, spiegò la regista.
Alla fine del suo viaggio, la protagonista raggiunge un’amante del passato. L’incontro è inizialmente freddo, segnato da una tensione sotterranea che sembra negare qualsiasi forma di riconciliazione. Eppure, col passare del tempo, la barriera emotiva si sgretola e le due donne si abbandonano a una lunga e intensa scena d’amore. Questo momento è ripreso con uno stile diverso rispetto alle parti precedenti: più fluido, più fisico, ma mai compiacente. L’erotismo non è mai spettacolarizzato, non cerca il consenso dello spettatore, ma si impone nella sua verità. Akerman affermò a tal proposito: “L’amore è violento. Le persone si aspettano di vedere la sessualità femminile rappresentata in maniera delicata, quasi eterea, ma per me non è così. Volevo che la scena fosse diretta, cruda, sincera”.
L’esperienza femminile
Nel suo insieme, il film di Rai 3 Je, tu, il, elle affronta una serie di temi profondamente legati alla condizione umana e all’esperienza femminile. La solitudine attraversa ogni scena, sia nell’isolamento fisico della protagonista, sia nella sua incapacità di stabilire connessioni autentiche con gli altri. Il tempo, elemento cardine della poetica di Akerman, si dilata e si contrae, imponendo un ritmo ipnotico che costringe lo spettatore a confrontarsi con il vuoto e con l’attesa. L’assenza di una trama lineare e la frammentazione narrativa non fanno che accentuare questo senso di sospensione.
Un altro aspetto centrale è il rapporto tra corpo e desiderio. La protagonista si confronta con il proprio corpo in modi diversi: prima come luogo di isolamento e di rituali ossessivi, poi come oggetto di uno sguardo maschile invadente, infine come strumento di un’intimità violenta e appassionata con la sua amante. Akerman sfida le convenzioni del linguaggio cinematografico tradizionale, evitando di cadere nei cliché della rappresentazione femminile e costruendo un’immagine della sessualità che sfugge a qualsiasi semplificazione. “Non mi interessava rappresentare un’identità fissa, un’etichetta. Il mio personaggio non è omosessuale o eterosessuale, è semplicemente qualcuno che cerca un contatto, un po’ di calore, un momento di tregua dalla sua solitudine”, dichiarò la regista.
“Je, tu, il, elle è avaro di frasi-manifesto, ma condivide lo stesso identico slancio riflessivo di un’opera come Réponse de femmes di Agnès Varda: se quest’ultima si ritrova negli sguardi delle sue simili, ribadendo la portata collettiva (e dunque politica) di ogni professione identitaria, Akerman, più “lacanianamente”, si cerca nel suo riflesso”, scrive Maria Sole Colombo su FilmTv 33/2023. “Riconoscere la propria immagine allo specchio è, il più delle volte, un atto naturale e automatico, risolto nell’arco di una frazione di secondo, e nondimeno Akerman avverte l’urgenza di catturare quell’istante, di sezionarlo al microscopio. I ferri del mestiere, in questa bizzarra autopsia, li fornisce il cinema stesso, poiché per la regista belga il cinema pensa, non limitandosi mai a essere pensato”.
Inoltre, il film si interroga sul potere dello sguardo e sul rapporto tra cinema e realtà. Akerman utilizza la macchina da presa come uno strumento di osservazione, spesso lasciando che l’immagine si sviluppi senza tagli, permettendo al tempo di imporsi come un elemento visibile e percepibile. La fissità di alcune inquadrature e la durata estesa di certi piani creano un effetto di straniamento, spezzando l’identificazione con il personaggio e obbligando il pubblico a una visione più consapevole. Questo aspetto è strettamente legato alla sua concezione del cinema come esperienza sensoriale e non solo narrativa: “Volevo che gli spettatori sentissero il tempo, che provassero quella sensazione di attesa, di sospensione. Non si tratta solo di raccontare una storia, ma di far vivere un’esperienza”.

Un’opera rivoluzionaria
Alla sua uscita, il film di Rai 3 Je, tu, il, elle suscitò reazioni contrastanti. Alcuni critici lo salutarono come un’opera rivoluzionaria per la sua radicalità formale e il suo sguardo femminile sulla sessualità e l’identità. Altri lo trovarono eccessivamente austero e ostico. Con il tempo, il film è stato rivalutato come una delle opere fondamentali del cinema femminista e dell’avanguardia cinematografica.
In poche parole, Je, tu, il, elle è un film che sfida le convenzioni narrative e visive, esplorando con coraggio la complessità dell’identità femminile e della condizione umana. Chantal Akerman, con questa opera, non solo afferma il suo stile inconfondibile, ma apre nuove strade per il cinema d’autore, offrendo un’esperienza cinematografica che continua a risuonare con forza nel tempo.
Filmografia
Je, tu, il, elle
Drammatico - Francia, Belgio 1974 - durata 86’
Titolo originale: Je, tu, il, elle
Regia: Chantal Akerman
Con Chantal Akerman, Niels Arestrup, Claire Wauthion
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