Nel vasto panorama del cinema horror, il mito del vampiro ha sempre rappresentato una potente metafora per molteplici tematiche (dalla sessualità repressa alla lotta contro la mortalità, dall’isolamento alla dipendenza): il film di Rai 4 Legami di sangue di Jonathan Cuartas, in onda il 16 marzo, prende questa figura leggendaria e la usa per un’intensa meditazione sulla famiglia, sulla malattia cronica e sul peso del sacrificio.

Vampirismo come malattia familiare

Dwight (Patrick Fugit) e Jessie (Ingrid Sophie Schram) sono due fratelli adulti che si prendono cura del loro fragile fratellino Thomas (Owen Campbell), affetto da una malattia misteriosa che lo costringe a nutrirsi esclusivamente di sangue umano. Dwight si occupa di procurare le vittime, generalmente senzatetto e lavoratori marginalizzati, mentre Jessie si dedica alla gestione domestica e all’educazione del fratello minore. Questa dinamica familiare, per quanto grottesca, rispecchia i meccanismi tipici dell’assistenza a un familiare malato, ponendo domande morali ed etiche difficili da ignorare.


Il dramma centrale del film di Rai 4 Legami di sangue si sviluppa attorno a Dwight, il quale, ormai logorato dal ciclo di violenza in cui è intrappolato, sogna di fuggire e rifarsi una vita altrove. Tuttavia, Jessie, la figura autoritaria e ferocemente protettiva della famiglia, non intende permettergli di abbandonare la loro missione. Thomas, nel suo stato di perenne fragilità, desidera solo una parvenza di normalità, sognando di poter giocare con i bambini del quartiere e vivere al di fuori delle mura soffocanti della loro casa.

I personaggi e le loro dinamiche

Dwight rappresenta l’elemento empatico della storia del film di Rai 4 Legami di sangue: un uomo tormentato che prova un senso di colpa insopportabile per gli omicidi che commette, ma che non riesce a liberarsi della responsabilità che sente verso il fratello.


Jessie
, d’altro canto, è una figura rigida e inflessibile, che vede nella loro condizione un destino ineluttabile e si convince che il sacrificio sia necessario per proteggere la famiglia a tutti i costi. Il suo personaggio incarna l’aspetto più cupo della devozione familiare: fino a che punto siamo disposti a spingerci per proteggere un nostro caro?


Thomas
, infine, è una figura quasi infantile, la cui innocenza è in netto contrasto con la sua natura vampiresca. Il suo desiderio di vivere una vita normale si scontra con la sua condizione e con la realtà brutale su cui si basa la sua esistenza.

Ingrid Sophie Schram, Owen Campbell
Legami di sangue (2020) Ingrid Sophie Schram, Owen Campbell

La famiglia come gabbia

Cuartas utilizza il mito del vampiro non come semplice espediente horror, ma come mezzo per esplorare il peso del dovere familiare. Il film diventa un’allegoria sul caregiving, ovvero sul ruolo di chi si prende cura di un familiare malato, sacrificando la propria esistenza per garantire la sopravvivenza dell’altro.


Il film di Rai 4 Legami di sangue solleva anche importanti questioni etiche: è giusto sacrificare altre vite per salvare chi amiamo? Fino a che punto il senso di colpa e il dovere verso la famiglia possono giustificare azioni atroci? Inoltre, la narrazione sottolinea la lotta interiore tra desiderio di libertà e responsabilità familiare: Dwight vuole scappare, ma il senso del dovere lo riporta sempre indietro, prigioniero di una condizione da cui sembra impossibile emanciparsi.


Come afferma il regista Jonathan Cuartas: “Volevo esprimere tutte le emozioni che ho provato dopo la perdita di mia nonna attraverso un film. Ho deciso di usare il mito del vampiro per raccontare un dramma familiare sull’accettazione della morte”.

Uno stile visivo e narrativo unico

Il film di Rai 4 Legami di sangue, in prima visione assoluta, si distingue per un’estetica cupa e claustrofobica, enfatizzata dalla scelta del formato academy ratio (4:3), che restringe il campo visivo e aumenta la sensazione di oppressione. Gli ambienti sono spogli e soffocanti, con colori spenti e illuminazioni fredde che sottolineano l’atmosfera deprimente in cui i protagonisti sono intrappolati.


La regia di Cuartas privilegia un ritmo lento e meditativo, dove ogni sguardo e ogni silenzio pesano quanto le scene di violenza. Non ci sono eccessi gore o sequenze spettacolari, ma una tensione psicologica costante che pervade tutto il film.

“Il film è un’ode alla forza della famiglia, ma anche una riflessione su quanto possa essere difficile lasciar andare chi amiamo” - Jonathan Cuartas

Un horror insolito, ma profondo

Chi si aspetta un classico film di vampiri con azione, effetti speciali e colpi di scena rimarrà probabilmente deluso. Il film di Rai 4 Legami di sangue è un horror atipico, che gioca più sulle dinamiche psicologiche che sull’orrore esplicito.


Nonostante alcune sequenze che potrebbero risultare eccessivamente lente o ripetitive, il film riesce a lasciare un impatto emotivo profondo, grazie alla sua capacità di mettere in discussione concetti universali come l’amore familiare, il sacrificio e la libertà individuale. Come riassume Cuartas: “Alla fine, il film è una riflessione su come la società e le famiglie diano più valore ad alcune vite rispetto ad altre. Questo è il vero orrore”.


In sintesi, Legami di sangue è un’opera che si insinua lentamente nella mente dello spettatore, lasciando un senso di inquietudine e riflessione che dura ben oltre la fine dei titoli di coda. Un film che dimostra come il vero orrore non risieda nei mostri, ma nelle scelte che facciamo per chi amiamo.

Patrick Fugit
Legami di sangue (2020) Patrick Fugit

Filmografia

locandina Legami di sangue

Legami di sangue

Horror - Usa 2020 - durata 90’

Titolo originale: My Heart Can't Beat Unless You Tell It To

Regia: Jonathan Cuartas

Con Patrick Fugit, Ingrid Sophie Schram, Owen Campbell, Moises L. Tovar, Judah Bateman, Katie Preston