Nel suo nuovo speciale di stand-up (disponibile gratuitamente su YouTube) Luca Ravenna, tra le altre cose, ne dice una particolarmente corretta e onesta, che oltretutto lo conferma come uno dei comici osservatori meno banali della sua generazione. Dice che da quando non c’è più Silvio Berlusconi – noto per la sua poetica del “comici e puttane” – a quelli che fanno il suo stesso mestiere non viene più offerta la possibilità di svoltarsi per sempre il conto corrente rinnegando tutto ciò che avevano fatto fino a quel momento nell’istante in cui Mediaset arriva con l’offerta per il programmino o per la réclame.

D’altronde sono concetti e dinamiche pragmatiche che Ravenna – comico viaggiatore, polentone esotico (vive da 17 anni a Roma) e uomo saputo che comunque trasuda talmente tanta Milano epoca Fininvest da farti venire voglia di rispolverare il termine réclame – sta vivendo sulla pelle della sua stessa carriera. E allora, se non si può più svendere la propria integrità artistica in cambio di una scorta a vita di cocaina e di un programma del pomeriggio su Rete 4, tanto vale essere integerrimi fino in fondo e diventare in prima persona un’installazione d’arte pop – prima, tre anni fa, con la scena muta a LOL, tedoforo di un disagio più che condivisibile; e poi, pochi giorni or sono, spuntando a Sanremo per una singola inquadratura durante l’esibizione di Willie Peyote. In mezzo, prima e dopo c’è stata e ci sarà un sacco di altra roba, compresa una surfata sull’onda dei podcast con il memorabile Cachemire, ma mai, purtroppo, nessun messaggio in segreteria da Emilio Fede che conferma l’invito a cena ad Arcore.

D’altronde, per un uomo nato nel 1987 e cresciuto sulla scia dei fasti della Milano berlusconiana – quando Silvio aveva già allargato l’impresa a tutto il paese e le corna al mondo intero – è ben difficile far finta che quella roba lì non sia esistita e, soprattutto, non abbia segnato a vita chiunque abbia passato i propri anni formativi in quel clima di edonismo tradizionalmente maschilista. Quei tempi di “Angela Merkel culona”, di “meglio essere appassionato di belle ragazze che essere gay”, di bunga bunga, di machessaràmai, insomma: quei tempi di machismo tossico e cameratesco che, tra i molti altri danni, hanno anche gettato sotto un treno un’altra generazione di ragazzini che, normalmente, non sono nati con il cazzo infallibile, ma sono cresciuti circondati da maschi che abbaiavano pubblicamente su quanto ce l’avessero sempre duro, e se ce l’hai mollo sei un uomo inutile.
Red Sox inizia con i suoni di un’orchestra che si accorda – piace pensare sia un omaggio all’incipit di Boris – e la sinfonia di Ravenna inizia e finisce con un cazzo in bocca (pardon) proprio per raccontare la sua generazione di maschi trentacinquenni cresciuta con il tarlo del vero homo italicus a membro durissimo, che fischia per strada alle belle femmine anche da morto (rigorosamente promosso in paradiso perché comunque la domenica a messa ci andava). Una generazione di adolescenti nutrita da obsoleti concetti di virilità che Ravenna smantella a poco a poco, senza tralasciare l’umorismo di tutti gli strascichi che questo superomismo di provincia ha lasciato in chi ha deciso di farsi due domande e di non scollarsi troppo dalla realtà.

Sempre più a suo agio con accenti, dialetti e modulazioni, Luca Ravenna conferma ancora una volta di avere una voce comica che è l’unione perfetta tra il cabaret del Derby e la grammatica della stand-up comedy moderna. Nel suo monologo non ci sono barzellette, e prosopopea e imitazione si integrano con altri elementi nella costruzione della battuta, non sono mai la battuta stessa. E soprattutto Ravenna si supera regalando uno spettacolo generoso, come capita raramente di vedere. Sia per la durata, quasi 95 minuti, sia per la capacità di esporsi senza pornografia emotiva (di quella standard invece ce n’è), e sia per la voglia di arricchire i bit con numerose parentesi – di solito riservate a similitudini da decollo (gli spermatozoi sfiatati come la libellula di Bianca e Bernie) o a commenti fulminei, comunque sempre in grado di tenere alta la tensione comica. Una voglia di regalare qualcosa in più che a volte trasforma degli incisi in veri e propri bit a sé stanti, dando al monologo un andamento unico e avvolgente.
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Boh. Non lo conoscevo. Solo un paio di giorni fa, complice la sua apparizione sanremese, che non seguo ma rimbalzata un po' ovunque, ho approfondito. Ha praticamente una generazione di differenza con il sottoscritto ma comicità stantia, parole diffuse senza agganci, idee tutte sue sul concetto "homo". Francamente, non un fenomeno, però se vi piace...Una domanda: ma come può far ridere uno che dice "ti trovi davanti ad un infermiere di 70 anni e devi fare la donazione della sp3r4a" quando a) non ci sono infermieri a 70 anni, b)la donazione va fatta in un ambito specifico...e cose del genere. Film,tv sta sbagliando tanto, ultimamente. Ma è amante della stand up comedy, da almeno 15 anni. Eppure, la stand up non c'è mai nel cinema...
Sinceramente Maurri cercare questo genere di coerenze nelle battute di uno standup comedian è facilmente ascrivibile al classico "fare le pulci". Al netto della totale ed ovvia libertà di Maurri di non apprezzare né Luca Ravenna né il mondo dei comedian in generale, non capiamo cosa significhi "Film tv sbaglia tanto". E neanche cosa significhi "la standup non c'è mai nel cinema". Messa così sembra che siccome a Maurri non piace Ravenna allora Film Tv sbaglia. E siccome gli standup non vanno nei cinema allora non dovremmo neanche occuparcene. Mah...
1) La stand-up, ovviamente, "c'è nel cinema".
2) "Red Sox" è stato scritto nel 2023 e andato in scena nel 2024. Tra la fine del 2023 e l'inizio del 2024, invece, gli stand-up comedian al governo stendono la loro bozza di sceneggiatura x il Paese:
- https://infermieristicamente.it/articolo/17541/manovra-2024-medici-ed-infermieri-potranno-rimanere-in-servizio-fino-a-70-anni
- https://www.insalutenews.it/in-salute/infermieri-in-servizio-fino-a-70-anni-ceccarelli-coina-soluzione-pericolosa-e-paradossale/
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