Che gran regista di spazi e supremo metteur en scène di architetture è Ridley Scott. Blade Runner, in tal senso, è tuttora esempio insuperato (e qui ci siamo occupati della sua splendida forma retrofuturista), ma non è certo l’unico. Prendiamo Chi protegge il testimone, che si apre su una magnifica e complessa ripresa aerea di Manhattan, con in sottofondo l’eponimo brano di George e Ira Gershwin nella versione di Sting (il titolo originale del film è Someone to Watch Over Me). A chiusura della sequenza, l’azione si sposta nella modesta villetta piccolo borghese del Queens dove vive il poliziotto Mike (Tom Berenger), che sta festeggiando con la famiglia e un gruppo di amici la sua promozione a detective “downtown”.

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Chi protegge il testimone

Quando è chiamato a intervenire in un locale dell’Upper East Side in cui è avvenuto un delitto, l’investigatore si muove a disagio in mezzo a luoghi che non gli appartengono e in cui rischia di smarrire le proprie capacità. E d’altra parte è lui stesso, con candore disarmante, a dichiarare la propria inadeguatezza alla testimone dell’omicidio che è chiamato a proteggere, la ricchissima Claire (Mimi Rogers), a cui confessa di non essere mai stato un detective prima di adesso. Il suo senso di inadeguatezza cresce esponenzialmente quando è costretto a vigilare sulla donna perfino all’interno della sua residenza, che Scott colloca nella Van Norde Mansion di Manhattan, lussuosissima magione progettata a inizio Novecento da John H. Duncan, specialista in residenze per milionari. Si tratta di una casa Beaux Arts (corrente che implica un tripudio di stili “neo”: classico, barocco, rinascimentale, romanico...), monumentale e simmetrica, colma di ornamenti  in pietra calcarea e con pavimenti in malachite e mosaico.

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Chi protegge il testimone

Curioso che, ai lati del drappeggiatissimo letto a baldacchino in camera da letto, trovino collocazione quali inaspettati elementi di design due lampade da tavolo Tizio, disegnate 50 anni fa da Richard Sapper per Artemide. L’uomo percorre la hall quasi impaurito, titubante; con ogni evidenza vorrebbe essere altrove. Il suo sbigottimento è racchiuso in una frase (“Fucking A”) e nella difficoltà a trovare una via d’uscita dall’alcova di Claire (“Arduo trovare la porta in questo posto”).

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Chi protegge il testimone

Mentre finalmente si rilassa sentendo quest’ultima amoreggiare col compagno (perché quei mugugni sono qualcosa che conosce, di cui ha esperienza), lascia bruciare quello che stava riscaldando nel microonde, come avesse a che fare con chissà quale diavoleria. Mike cercherà ingenuamente di colmare questa distanza (estetica e di classe) presentandosi al lavoro il giorno successivo con un completo inamidato, ma l’esito sarà così poco convincente che la donna lo trascinerà a forza in una boutique per regalargli una cravatta più adeguata.

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Chi protegge il testimone

Lo straniamento del detective raggiunge il suo apice quando deve accompagnare la sua protetta a un cocktail organizzato addirittura all’interno del Guggenheim, di cui il regista ci mostra appena la facciata esterna, soffermandosi maggiormente sui suoi interni. Frank Lloyd Wright lo aveva immaginato nel 1943 (ma fu inaugurato solo nel 1959, quando l’architetto era da poco scomparso) come una costruzione bassa, che risaltasse per evidente e ricercato contrasto con il nugolo di grattacieli che l’attorniava; ma anche per la sua forma unica, a spirale, da ziggurat rovesciata (e Wright chiamava confidenzialmente “Taruggiz” la sua creazione), che si innalza dal piano terra allargandosi come un nastro bianco srotolantesi fino al termine dell’edificio.

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Chi protegge il testimone

Una struttura a pianta circolare e a dominante curva, ma che non esclude la presenza massiccia e ricorrente di forme geometriche quali triangoli, archi, quadrati, ellissi... in una serie di trovate architettoniche tali da provocare le vertigini al povero sbirro. Il quale, come se non bastasse, si ritrova collocata nell’atrio del museo l’enorme scultura motorizzata Knife Ship I, gigantesca riproduzione di un coltello tascabile dell’esercito svizzero, propaggine di una memorabile installazione realizzata da uno dei padri della Pop Art, Claes Oldenburg che, insieme alla moglie Coosje van Bruggen, aveva realizzato nel 1985, a Venezia, un indimenticabile spettacolo multimediale andato in scena per due giorni, The Course of the Knife, pullulante di oggetti quotidiani proposti in dimensioni colossali.

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Chi protegge il testimone

Il poliziotto volge prima lo sguardo all’opera e quindi lo innalza verso il vertice di quella straordinaria Torre di Babele rovesciata, totalmente incredulo e sempre più fuori posto. Tutta questa arte, questa incomprensibile architettura, lo spiazzano e lo distraggono dal suo compito, a tal punto che il killer che insegue Claire può minacciarla indisturbato sorprendendola, da sola, nella toilette. Lo sgomento è tale che, quando riesce ad arrestare il criminale, commette un errore di procedura talmente marchiano da determinarne l’immediato rilascio.

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Chi protegge il testimone

Non è allora certamente un caso che Mike – con il contributo della sua famiglia, da cui la relazione con Claire lo stava allontanando – riuscirà ad avere la meglio sull’assassino solo nell’ambiente che meglio conosce, vale a dire quello di casa sua. Un successo intimamente correlato alla perfetta conoscenza di uno spazio, e che permetterà al figlio di appropriarsi dell’arma nascosta sotto il tavolo della cucina e di passarla alla madre, che fredderà il sicario riprendendosi il suo uomo e ritrascinandolo a forza in quello che è sempre stato il loro habitat. Così, se Mike è colui che protegge la testimone, sarà la rassicurante riconoscibilità del Queens a proteggere lui, in un finale tanto conservatore (il nucleo familiare è salvo dal rischio rappresentato da una presenza “aliena”) quanto ineccepibile dal punto di vista spettacolare.

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Chi protegge il testimone

Autore

Andrea Pirruccio

Si laurea in Storia e Critica del Cinema a Torino. Da oltre 20 anni fa parte della redazione della rivista Interni e dal 2022 collabora al dizionario Il Mereghetti. Da quanto ricorda, frequenta le sale da sempre, ma fa risalire il proprio imprinting cinematografico a un pomeriggio domenicale di tanti anni fa, quando i suoi genitori pensarono bene di portarlo a vedere 1997: Fuga da New York e, quando si accorsero che il film era stato sostituito da Pierino medico della SAUB, decisero di entrare lo stesso.

Il film

locandina Chi protegge il testimone

Chi protegge il testimone

Thriller - USA 1987 - durata 106’

Titolo originale: Someone to Watch Over Me

Regia: Ridley Scott

Con Tom Berenger, Mimi Rogers, Lorraine Bracco, Jerry Orbach, John Rubinstein, Andreas Katsulas

in streaming: su Apple TV Amazon Video