Se ci fossero gli Squid Game per decidere chi è bravo a fare il regista e chi no – quelli che nel 2024 sono stati vinti da Emilia Pérez – una delle prime prove, a mio modesto avviso, dovrebbe essere: prendi un argomento che interessa davvero a tipo 14 persone in tutto il mondo e rendilo altrettanto appassionante avvincente esaltante pazzesco assurdo e pazzurdo per la maggior parte della gente. Io, se fossi il carloconti di questi Squid Game per registi, come primo argomento metterei il ping pong. È vero che a ping pong ci hanno giocato più o meno tutti, direte voi. E quindi? Guardereste volentieri di una serie o un film che parlano di calcio balilla? Immaginavo. Dunque buttati, o artista. Prova a non farci addormentare raccontando di ping pong per più di cinque minuti di fila (a renderlo eccezionale sotto i due minuti ci hanno già pensato altri esimi colleghi).

Chi ha inventiva e talento per davvero, tipo Masaaki Yuasa (proprio quello di The Tatami Galaxy e di Devilman Crybaby), in meno di dieci inquadrature riesce a rendere vibranti anche le didascalie che descrivono il co-protagonista della sua storia Makoto Tsukimoto – detto Smile per mancanza di sorrisi – come destrorso con impugnatura a stretta di mano e racchetta rivestita su entrambi i lati, tipo di giocatore: chopper. Non ho la minima idea di cosa vogliano dire la maggior parte di queste parole posizionate in quel modo lì, ma comunque fremo di interesse. Perché questi colori particolari, questo taglio di inquadratura bizzarro, questi sfondi grezzi? Perché questo personaggio così robotico e distaccato è presentato come il duro del Road House? Questa curiosità titillata è l’accoglienza giusta per entrare nello spirito di Ping Pong the Animation, una delle miniserie anime più secche e compiute che possiate trovare in circolazione (è disponibile su Crunchyroll). È Masaaki Yuasa che stravince la prima prova degli Squid Game.

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Ping Pong the Animation

L’altro protagonista della storia – specchio riflesso sia come carattere sia come tecnica di gioco del suo migliore amico e rivale Smile – è Yutaka Hoshino, detto Peco, destrorso con impugnatura a penna giapponese e racchetta liscia sul dritto, tipo di giocatore: hitter. Sono entrambi al primo anno di superiori, sono appena entrati nella squadra di tennis tavolo della scuola, eppure sono già gli assi della selezione e sono consapevoli di esserlo. Smile e Peco sono le due facce della medaglia che di solito brilla nella narrazione del percorso dell’eroe sportivo, specie nella versione iperbolica che è diventata un archetipo di manga e anime e che sostanzialmente coincide con la parabola dell’eroe guerriero.

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Ping Pong the Animation

Smile è un talento sopraffino e generazionale, sia a livello inconscio che a livello analitico, ma è del tutto privo di spirito competitivo e gioca solamente in maniera passiva. A essere onesti, il suo è proprio un problema in generale con le emozioni: è convinto che provarle significhi doverle anche esternare ed esprimersi così tanto è molto stancante, una fatica che Smile si risparmia volentieri.

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Ping Pong the Animation

Peco invece è estroso, aggressivo e arrogante: gioca non solo per vincere, ma anche per schiacciare e umiliare il suo avversario. Solo che ha una tecnica grezza e appena abbozzata, oltre che una grave mancanza di criterio e di voglia di allenarsi con disciplina. Tutto cambia quando in palestra arriva una notizia: una scuola rivale ha rotto il salvadanaio e ha fatto arrivare dalla Cina – la leggendaria culla del ping pong – un fenomeno liceale con addirittura un passato in nazionale, Kong Wenge. Peco vuole vederlo e affrontarlo a ogni costo. Mal gliene incoglie: Wenge non solo lo umilia 11 a 0, ma si dimostra molto più interessato alle doti nascoste di Smile. Uno smacco violento, che permetterà ai due amici di avvicinarsi oltre al non detto che li unisce sin da quando erano piccoli, ma anche di migliorarsi come persone all’inseguimento dello stesso equilibrio che li farebbe crescere come atleti.

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Ping Pong the Animation

Ping Pong the Animation è tratto dal manga del 1996 di Taiyō Matsumoto, titolo leggendario nell’ambito dei fumetti dedicati alla parabola psicologica dello sportivo, in grado di influenzare il genere come pochi altri prima o dopo di lui (specialmente nella fascia delle pubblicazioni dedicate a lettori più maturi). Nel 2002, dal manga è stato tratto un valido film in live action dritto come un fuso, pulito e in grado di rispettare le dinamiche fra i personaggi, ma senza guizzi. Non è il caso dell’adattamento di Yuasa. Che si abbandona con il solito trasporto ai totali abbozzati alternati a dettagli iperrealistici, e agli sfondi tremolanti sui quali campeggia un’azione fratturata, mossa anche da colori spenti che esplodono al momento giusto.

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Ping Pong the Animation

Il movimento non ricalca pedissequamente i dettami della fisica e della biomeccanica, è filtrato dalla concezione artistica dell’energia cinetica di Yuasa; che allunga, stringe, taglia, avvicina, allontana, fluidifica e rallenta a seconda delle esigenze, delle prospettive e dei vettori che vuol fare risaltare all’interno del quadro. Il tutto al servizio di un romanzo di formazione tramite lo sport che, magicamente, non ha niente a che vedere con il ping pong pur essendo legata indissolubilmente alle dinamiche della disciplina. Eccezionale.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.