Oggi, la mano ineffabile, invisibile ed ecumenica del capitalismo viene a trovare anche la nostra piccola rubrica per fare il mestiere che ha sempre fatto: masticare chewing gum e creare bisogni consumistici laddove non ce ne sarebbe alcuna necessità. E, come al solito, anche stavolta il capitalismo è rimasto senza chewing gum. Per titillare il bisogno che non sapevate di avere, vi svelo l’esistenza di una serie anime che è venuta in mente all’autore di anime più ganzo di sempre (un saluto ai giovani all’ascolto) mentre ascoltava la musica del gruppo più affascinante degli ultimi 35 anni.

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Terror in Resonance

Terror in Resonance è, a quanto pare, quello che succede quando uno come Shin’ichirō Watanabe scopre i Sigur Rós. Shin’ichirō Watanabe è il creatore di Cowboy Bebop, di Samurai Champloo e di Space Dandy, tre fra gli anime più cool e influenti di sempre, ideati da uno dei rari autori che riesce a raccontare – anche plasticamente – lo spirito indomito, caotico e irrequieto della gioventù senza scimmiottarlo e senza mai dimenticare di essere una persona adulta. I Sigur Rós sono quel gruppo islandese di un genere musicale che le persone sapute chiamano post-rock; per me che non ne capisco niente, invece, sono un complessino strumentale – la voce canta in un gramelot senza senso compiuto – che è sempre stato protagonista delle colonne sonore dei migliori film che mi sia mai fatto. Fanno una musica che sembra fatta apposta per evocare immagini, e quelle scelte da Watanabe sono coerentemente eccitanti, enigmatiche, malinconiche, agrodolci, suggestive, semplici.

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Terror in Resonance

Non succede troppo spesso e il peso del nome di Watanabe deve pur centrare qualcosa, ma Terror in Resonance – che è stata animata dai satrapi di studio MAPPA, quelli di Jujutsu kaisen, di Chainsaw Man e dell’ultima stagione di L’attacco dei giganti – è una delle rare miniserie anime (non antologiche) originali e senza una fonte manga a cui attingere. È anche per questo che, pur rispettando alcune delle iperboli retoriche del linguaggio di appartenenza, ha un andamento votato alla sintesi e all’economia narrativa che ricorda le serie TV più canoniche a cui siamo abituati. Animata, diretta e musicata, però, come solo il creatore di Cowboy Bebop riuscirebbe a fare – facciamoci tutti un favore, mettiamo in pausa la lettura per andare a riascoltare la colonna sonora di Cowboy Bebop.

La storia della miniserie potrebbe essere raccontata in molte maniere diverse, ma è bello farlo dall’angolo più poetico che ci viene mostrato. In una giornata di caldo afoso e insopportabile, una ragazza remissiva e dalla voce giallo paglierino vide un sorriso radioso come il sole e uno sguardo freddo come il ghiaccio. La liceale è Lisa, che vive una vita d’inferno adolescenziale tra una madre psicotica che la assilla con la sua sindrome da abbandono e un gruppo di bullette che le rende la scuola impossibile. Lo yin e lo yang che incontra, invece, sono due enigmatici coetanei che noi conosciamo rispettivamente come Twelve e Nine. Sei mesi prima hanno portato a termine una magata da James Bond con il rocambolesco furto, da una struttura di riciclaggio di combustibili nucleari e a bordo di una motoslitta, di un prototipo sperimentale di ordigno nucleare. Eppure, nonostante l’evidente passione per le esplosioni e tutto ciò che le circonda, non sembrano due ragazzi assetati di sangue e pronti a macchiarsi di un genocidio.

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Terror in Resonance

Tanto che quando preparano il primo attentato (senza vittime) per mettere in moto il loro convoluto piano di denuncia – fuochi artificiali di una vita mal spesa, ma non per scelta e nemmeno per sfortuna – decidono di salvare Lisa, goffamente rimasta nella zona di pericolo, coinvolgendola nella loro storia, ma soprattutto proteggendola e aiutandola a uscire dal guscio in cui la vita la stava costringendo. Due così non sembrano né alieni né psicopatici in cerca dell’apocalisse nucleare. Due così sembrano persone con un passato clamoroso e traumatico. Un passato che diventa l’allegoria di una società che manda al macello i propri giovani – non dev’essere per forza la guerra, basta anche togliere loro la speranza – con un cinismo raccapricciante, ma soprattutto per i motivi più futili, irrazionali e legati a logiche di potere e interesse.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.