“Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande. Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera presa d’ammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?»”. Apocalisse 13, versetti dal 1 al 4. Un modo diversamente scoppiettante per iniziare una rubrica, ma perfetto come dichiarazione d’intenti per un thriller noir denso, buio e intricato come i boschi della Foresta Nera. Questa settimana è il turno di un grande classico dell’animazione seriale giapponese livello super lusso: Monster.
Non so se vi ricordate, ma una delle migliori serie del 2023 è stata Pluto, che aveva soprattutto l’eccezionale merito di aver scelto di trasporre in anime un manga breve (8 volumi) e sublime, scritto da Naoki Urasawa e ambientato nell’universo narrativo dell’Astro Boy di Osamu Tezuka. Quest’ultimo è considerato il padre del fumetto giapponese moderno, mentre il primo è il più importante autore contemporaneo di manga ideati per un pubblico maturo (oltre i 18 anni). Niente di erotico, anzi. Piuttosto innumerevoli e profondi scavi psicologici di personaggi inizialmente inermi, messi (dal destino e dalle loro scelte) in situazioni estreme e costretti a smarcarsi da complotti, segreti e vendette, immersi in atmosfere thriller e noir, con indimenticabili voli a planare sulla fantascienza – Pluto, per l’appunto, ma anche 20th Century Boys.
Monster, il manga, arriva ben prima dei due titoli già citati. Risale al 1994 ed è il primo, vero tentativo di Urasawa – che in precedenza aveva ottenuto un discreto successo con il genere sportivo grazie a Yawara! - Jenny la ragazza del judo e (specialmente) Happy! – di cristallizzare uno stile di narrazione che diventerà caratteristico. Sembra di vedere un alchimista giapponese che sintetizza l’essenza del grande romanzo russo-europeo di fine Ottocento e inizio Novecento, lo inietta nel cinema di Hitchcock e applica l’intruglio in soluzione topica sul gusto per l’iperbole narrativa del manga commerciale. Il risultato sono storie avvolgenti e vaste, davvero simili a una foresta per la sensazione di spaesamento controllato – stiamo comunque seguendo un sentiero –, di timore per l’ignoto e di magnificenza di fronte a tanta rigogliosità. Storie che si diramano all’inseguimento di ogni personaggio o situazione di contorno, che al momento giusto tornerà a immettersi sul cammino principale. Storie che a volte entrano in una radura, fanno trapelare i raggi del sole e donano un momento di respiro; e che altre si infittiscono fino a non farci vedere a un palmo dal nostro naso.
Monster è il prototipo dell’approccio di Urasawa al racconto di una storia – all’insegna del meccanismo perfetto, dello scavo nelle motivazioni dei personaggi e del gusto per il colpo di scena attraverso la sospensione e la manipolazione delle informazioni – ed è considerato uno dei migliori manga della sua generazione. Per averne una versione animata come si deve – 74 episodi da 23 minuti l’uno. Ne deve valere la pena. Ne vale la pena – si è dovuto attendere fino al 2004. Per un racconto così complesso e così curato nei dettagli, serviva uno studio di animazione in grado di reggere il colpo. All’epoca Madhouse – fatalità fondato a inizio anni 70 da quattro ex allievi di Tezuka – era lo studio che produceva i film di Satoshi Kon, Mamoru Hosoda e Masaaki Yuasa, ed era l’unico in grado di rendere giustizia al manga di Urasawa.
D’altronde come si fa a partire da un timido neurochirurgo giapponese e, passando per un serial killer minorenne, ad arrivare fino a cospirazioni vetero comuniste oltre cortina di ferro senza fare danni colossali o errori sesquipedali? È un mestiere complicato quello di Monster in versione anime, ed è portato a termine con la corretta pazienza. Innanzitutto la parte semplice: il giovane e talentuoso dottor Kenzo Tenma è arrivato nella Düsseldorf del 1986 inseguendo il sogno di un dottorato al fianco di un luminare di caratura internazionale. La vita del medico giapponese corre forte e decisa su binari ben precisi: compiacere il suo mentore e la di lui figlia, con la quale si è fidanzato, e garantirsi una bella vita da barone sullo scranno di direttore dell’ospedale. Questi binari, però, attraversano gallerie di buio morale ed etico che mettono Kenzo a disagio. Tenma è circondato da persone capaci e terribilmente ambiziose, arriviste ed egoiste, che accetterebbero qualsiasi compromesso e scorciatoia pur di ottenere le cose, il denaro e il potere a cui aspirano; aspetti che in Giappone sono ovviamente fondamentali come motore sociale tanto quanto ovunque, ma che restano comunque (in teoria) asserviti a valori comunitari e condivisi che rimangono prioritari per il bene della collettività e per il buon nome del paese. Kenzo fatica ad accettare di dover rinunciare a salvare qualcuno che ha la priorità per concentrarsi su un paziente meno urgente, ma più influente e più utile per l’immagine pubblica e il profitto dell’ospedale.
Una notte, una coppia di dissidenti comunisti che di recente ha disertato fuggendo a Düsseldorf viene trovata massacrata in casa. Nella stanza a fianco, i loro due gemelli adottivi sono a malapena sopravvissuti: lui con un proiettile nel cranio, lei in uno stato catatonico in seguito allo shock patito. All’arrivo del bambino in ospedale, Kenzo si prepara a una lunga e pericolosa operazione per estrarre la pallottola; contemporaneamente, il suo mentore gli ordina di abbandonare il piccolo paziente nelle mani di un collega incompetente e di occuparsi del sindaco, che ha appena avuto un malore e ha perso conoscenza. Per la prima volta, dopo mesi di maltrattamenti, manipolazioni e intimidazioni, Kenzo si rifiuta e segue il proprio buon cuore. Una scelta tanto giusta quanto catastrofica: il bambino miracolosamente salvato, Johan Liebert, si rivelerà essere il mostro del titolo e innescherà una catena di eventi che porterà Kenzo a scandagliare la Mitteleuropa alla ricerca del fantasma che gli ha distrutto la vita, ma che lo ha anche costretto a diventare una persona in grado di decidere per se stessa.
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