In due anni può succedere di tutto, per carità. Figurati nel mondo dello showbusiness poi, che ha il metabolismo falsato da decenni di ozempic prima ancora che inventassero l’ozempic. Due anni prima sei Bill Cosby e zic: due anni dopo sei in carcere a fare il rappresentante di rohypnol. Noi, due anni fa, vi presentavamo il miglior comico in circolazione, Ronny Chieng. Ora, seguendo l’esempio di cui sopra, dovremmo annunciare con dispiacere che è stato coinvolto nella brutta storia di P Diddy: faceva quello che, vestito da nano Bagonghi, durante gli atti unti raccontava le barzellette sconce per soddisfare l’ennesimo feticcio del padrone di casa. E invece succede che Ronny Chieng è stato cresciuto in Malesia da genitori cinesi ( = “aspettative altissime e tolleranza zero per le giustificazioni”) e dunque negli ultimi due anni è diventato ancora meglio di prima.
Questo è possibile perché Chieng è stato allevato in un clima disciplinato fatto di logica, funzionalità e razionalità. E su queste basi ha fondato anche la sua capacità di costruzione comica. Il suo nuovo speciale su Netflix, Love to Hate It, inizia così: “Grazie, Hawaii!”.
Pausa di un secondo.
“Sto per compiere 38 anni dunque ho cominciato la raccolta degli ovuli di mia moglie. Li teniamo pronti per quando vorremo avere figli, ovvero nel momento in cui avremo rinunciato definitivamente ai nostri sogni e alle nostre speranze.”. Non ha tempo da perdere e non ha parole da sprecare Ronny Chieng, e vuole avere a che fare con un pubblico che non ha bisogno di essere coccolato o vellicato o titillato bugi bugi bugi ciao bravo pubblico, chi è un bravo pubblico?, tu sei un bravo pubblico. No. Le coccole sono per chi non ha avuto genitori asiatici. Tutti gli altri pensano alla sostanza che c’è dentro al pacco, e non badano al fiocco che lo addobba.
Love to Hate It inizia con un lunghissimo bit – oltre ventun minuti – che elenca una discreta serie di opinioni sullo sperma prodotto per ragioni medico-scientifiche, ed è molto più esilarante di quanto non sia possibile descrivere a parole. Anche perché due dei tratti distintivi della comicità di Chieng sono la scelta impeccabile del lessico – vernacolare, tecnico, colloquiale, formale, accademico e tutte le sfumature e incroci che stanno del mezzo sempre tutto al punto giusto – e l’economia di lemmi con cui riesce a costruire una battuta da premessa a punchline. Non vuol dire che le sue siano freddure di due frasi, non scrive mica per la Settimana Enigmistica Ronny Chieng (sai che bello). Significa che per arrivare alla risata, ci mette esattamente il numero di parole necessario: non una di più, non una di meno.
Il bit eiaculatorio, alla fine, è in realtà il vivido racconto del tentativo di ottenere embrioni da congelare per il futuro; una narrazione tenuta insieme da una serie di metafore sportive ricorrenti ma non invadenti, che si conclude con una riflessione fantascientifica sulla genitorialità: Chieng sente il cinese dentro di sé scalpitare e sa che sarà pessimo proprio come lo sono stati i suoi genitori (vedi sopra). Da cui il climax surreale: una sfuriata contro il suo blastocisti dopo che quest’ultimo gli confessa di avere il sogno di fare il comico di stand-up proprio come il babbo.
Non solo sperma, dunque. Anzi: Love to Hate It mette una in fila all’altra riflessioni umoristiche complesse. Dalle fragilità degli uomini (etero) di oggi, mal guidati dagli algoritmi dell’internet che li spingono a essere la peggior versione di se stessi: ogni uomo insicuro statunitense può partire da un video di allenamenti con la kettlebell su YouTube, passare per Jordan Peterson e le sue teorie sulla cosmesi femminile come arte manipolatoria, e nel giro di cinque settimane arrivare a farsi convincere che l’idea migliore possibile sia quella di assaltare il Campidoglio. Lo stesso Zuckerberg, che vorrebbe menarsi su un ring con Elon Musk, ha subito il fascino dei suoi algoritmi disegnati per frantumare uomini sull’orlo di una crisi emotiva.
E visto che viviamo in un mondo che semplifica il più possibile perché non è in grado di (o semplicemente non vuole) comprendere testi complessi, allora sarebbe davvero il caso di tenerci stretto un comico che, nell’inciso di un’altra battuta più ampia, riesce a inserire uno dei momenti più esilaranti (preso nel suo contesto) dello spettacolo: una breve cronistoria, fatta in due lunghi respiri, della crisi manifatturiera USA dal secondo dopoguerra a oggi. C’è modo e modo per far notare agli urlatori che la loro povertà di pensiero non è irrimediabile con l’aiuto di un vocabolario; o per sottolineare che la generazione di baby boomers insipienti digitali che oggi si fanno truffare dai principi nigeriani e dalle fake news è la stessa che ha modellato e oggi governa quella medesima realtà che non è in grado di decifrare. E il modo logico di Ronny Chieng – in grado di rendere accessibile la complessità del mondo, ma anche di far commuovere sorridendo – ha tutta l’aria di essere quello giusto.
Lo special
Ronny Chieng: Love to Hate It
Stand-up Comedy - USA 2024 - durata 65’
Titolo originale: Love to Hate It
Regia: Cameron Barnett
Con Ronny Chieng
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta