Ricostruire la genesi di un film di David Lynch non è facile, perché si arriva al final cut dopo intuizioni, visioni, riscritture e addirittura radicali cambiamenti sul set non prevedibili e non imbrigliabili in una scaletta produttiva. Per dire: l’idea di un tizio ignaro che si ritrova in arresto accusato dell’atroce delitto della compagna è venuta al regista mentre tornava a casa sfatto la notte dell’ultimo giorno di riprese di Fuoco cammina con me!. E sempre Lynch sostiene di essere in passato stato svegliato da uno sconosciuto che al citofono gli ha detto: «Dick Laurent è morto», esattamente come accade a Bill Pullman all’inizio di Strade perdute.

Bill Pullman
Strade perdute (1997) Bill Pullman

Il titolo invece nasce altrove. Lost Highway (il titolo originale di Strade perdute) era il nome di un paragrafo del secondo romanzo di Barry Gifford pubblicato in Italia (il primo, Cuore selvaggio, fa giustamente accendere molte lampadine), Gente di notte (1993, Bompiani). Dopo averlo letto Lynch contatta Gifford e gli propone di scrivere con lui una sceneggiatura. Narrano le cronache di rapporti non sempre idilliaci tra i due, che all’inizio decidono di condividere la stesura del copione (insieme nella stessa stanza, insomma) ma non i presupposti surreali della vicenda. Per esempio, Gifford vorrebbe dare connotati patologici all’odissea del protagonista, ovvero spiegare quello che gli accade in base a una diagnosi certa (è un folle) che riporterebbe anche i più estremi onirismi su un piano realistico. Lynch rifiuta categoricamente. Fred (Bill Pullman) si trasforma in Pete (Balthazar Getty) e non c’è spiegazione alcuna che appartenga alla storia. E qui sta il punto, il colpo di genio.

scena
Strade perdute (1997) scena

Il regista vorrebbe che lo spettatore si facesse una mappa sua di quel che accade nel film, come e perché. Capirete che così, se gli spettatori sono mille, ci sono mille possibili Strade perdute. E non è detto che a rivederlo si abbia la stessa impressione della prima volta, quindi le potenzialità di narrazione del film diventano esponenziali. Persino le immagini, che dovrebbero rappresentare una verità (ai tempi di Gilles Deleuze e di chi parlava come lui si sarebbe detto “ontologica”, ma lasciamo perdere), sono esse stesse mutanti al cambiare dell’interpretazione. Non è un gioco: è il cinema secondo David Lynch, teorizzato dalla risposta di Fred alla domanda della polizia: «Non ha telecamere a circuito chiuso che possano aver rirpreso l’uomo misterioso?», «No, preferisco ricordare le cose a modo mio... non necessariamente come sono avvenute». Stupefacente. E funziona. Io non vedevo Strade perdute da vent’anni.

Bill Pullman, Patricia Arquette
Strade perdute (1997) Bill Pullman, Patricia Arquette

L’ho ripreso in mano (rigorosamente in VHS perché pure il nastro magnetico è diegetico, e il film analogico), rivisto per scrivere questo testo e mi sono accorto di avere per due decenni ricordato un’altra cosa. Non necessariamente una storia diversa. Eppure persino attori che (ri)conosco da una vita (Robert Blake, Robert Loggia) mi sono apparsi trasfigurati, altri da sé. Unica certezza ora come allora Patricia Arquette. Però: avrei giurato che anche lei fosse travolta in una dialettica di “doppi” e invece a un certo punto dalla foto d’epoca uno dei suoi due “io” scompare. Per capirci: l’opposto di quel che capita a Jack Nicholson nell’immagine datata 1921 alla fine di Shining. Per Strade perdute si è coniata una definizione interessante: neo noir. Il filone postmoderno (ma qualcuno ha azzardato un terrificante “post freudiano”) che estremizza il noir, devo dire in controtendenza rispetto al neo-polar francese che invece ha un connotato politico (e il cui riferimento numero uno è letterario: Jean-Patrick Manchette). Il neo noir lynchiano lavora sull’estetica e sullo sguardo/inconscio dello spettatore, ponendo al centro dello schermo una cosa capace di dialogare in modo maieutico. Alla fine dall’esperienza di Strade perdute si esce trasformati come Fred. La colonna sonora eccezionale meriterebbe uno scritto a parte, e va considerata come corpo autonomo, pure questo mutante, rispetto al film.

[articolo pubblicato su Film Tv n° 14/2018]

Autore

Mauro Gervasini

Firma storica di Film Tv, che ha diretto dal 2013 al 2017, è consulente selezionatore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e insegna Forme e linguaggi del cinema di genere all'Università degli studi dell'Insubria. Autore di Cuore e acciaio - Le arti marziali al cinema (2019) e della prima monografia italiana dedicata al polar (Cinema poliziesco francese, 2003), ha pubblicato vari saggi in libri collettivi, in particolare su cinema francese e di genere.

Il film

locandina Strade perdute

Strade perdute

Noir - USA 1997 - durata 134’

Titolo originale: Lost Highway

Regia: David Lynch

Con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty, Robert Blake, Robert Loggia, Natasha Gregson Wagner

in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Pluto TV Timvision