Da anni ormai il Trieste Film Festival è un grande e ricco osservatorio sul cinema dell’Europa centro orientale, di cui sonda umori e nuove tendenze, raccogliendo il meglio della produzione di diversi paesi per portarla con cura e dedizione nel capoluogo triestino, sugli schermi del Politeama Rossetti, del teatro Miela e del cinema Ambasciatori. La 36ª edizione - che si svolge dal 16 al 24 gennaio e ha come sottotitolo Oltre i confini dell’Europa - I Balcani e noi, dagli anni 90 a oggi - si apre con un doppio film d’apertura: Wishing on a Star di Péter Kerekes, doc girato in sette anni che segue le previsioni e i sogni di un’astrologa napoletana, e Lo spartito della vita di Matthias Glasner, commedia drammatica su una famiglia disfunzionale - il tema della famiglia torna spesso nel programma di quest’anno, come sottolinea la direttrice artistica Nicoletta Romeo, perché sono ricorrenti «famiglie disfunzionali, queer, fluide, bigotte, famiglie-prigioni, famiglie come rifugio e famiglie allargate».
Sono tre le sezioni competitive: lungometraggi, documentari e cortometraggi. Sono sette i titoli presentati nel concorso lunghi, tutti in anteprima italiana, tra i quali segnaliamo il vincitore del Pardo d’oro a Locarno Toxic, film d’esordio della lituana Saulė Bliuvaitė che attraverso il racconto di due giovanissime aspiranti modelle esegue un arguto studio sul corpo femminile. Da Locarno arriva anche Lesson Learned di Bálint Szimler, che ragiona sull’oppressivo sistema scolastico ungherese, a cui si oppone una coraggiosa insegnante. Ancora, Three Kilometres to the End of the World del rumeno Emanuel Pârvu svela il volto crudele e omofobo di una piccola comunità, Family Therapy della slovena Sonja Prosenc passa al microscopio le crepe di una apparentemente normale famiglia benestante e Kyuka: Before Summer’s End dell’ateniese Kostis Charamountanis dipinge un ritratto dolceamaro di un padre e dei suoi due figli sotto il sole estivo di un’isola greca.
Dieci titoli nella sezione documentari, con film d’osservazione (At the Door of the House Who Will Come Knocking di Maja Novaković, su un anziano e il suo cavallo; Termini di Laila Pakalniņa, che guarda le persone sui mezzi pubblici), lavori con materiali d’archivio (il found footage film Trains di Maciej J. Drygas) e riflessioni sull’attualità (In Limbo di Alina Maksimenko, su una famiglia ucraina catapultata nel conflitto con la Russia).
La sezione cortometraggi conta invece 16 brevi film, di cui otto sono diretti da registe, tra le quali ci fa piacere segnalare la Giulia Grandinetti dell’ottimo short Tria - Del sentimento del tradire (2022), che presenta ora Majonezë, su una giovane donna albanese che, di fronte a un matrimonio non desiderato, cerca la sua piccola grande rivoluzione.
Uscendo dalle sezioni competitive, la manifestazione regala poi alcune chicche: tra i doc fuori concorso c’è The Invasion di Sergei Loznitsa - che torna a parlare dell’Ucraina dopo Maidan e Donbass -, mentre all’interno di Romanian Experimental Cinema Programme: Expanded verrà presentato Eight Postcards from Utopia del geniale Radu Jude, doc di montaggio che assembla frammenti di pubblicità televisive della Romania post-socialista.
Completano il programma le sezioni parallele, a partire da Fuori dagli Sche(r)mi, che propone opere ibride, inclassificabili, smisurate: tra le tre opere c’è April della georgiana Dea Kulumbegashvili (già nota per Beginning), ancora intenta a indagare il corpo femminile.
E a proposito di cineaste, non manca la consueta sezione Wild Roses, dedicata alle donne dietro la macchina da presa, con il focus del 2025 sulle registe della Serbia contemporanea. Inoltre, una retrospettiva dal titolo 1945 - La guerra è finita? Traumi, rovine, ricostruzione, a cura di Francesco Pitassio, rilegge attraverso 19 proiezioni e molteplici punti di vista l’eredità della Seconda guerra mondiale. Ma la novità di quest’anno è Visioni Queer, sezione curata da Giuseppe Gariazzo «per seguire lotte e diritti (ancora) negati alla comunità LGBTQ+ nei paesi orientali e balcanici», con lunghi, doc e corti, tra cui quelli della regista georgiana non binary Elene Naveriani, autrice del bellissimo Blackbird Blackbird Blackberry, tra i nostri film preferiti del 2024 distribuiti su MUBI (vedi Film Tv n. 53/2024).
Tutte le info sul sito triestefilmfestival.it.
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