Cos’è una sceneggiatura? Una concatenazione ordinata di conflitti che conduce al quadro completo: il film. Perché Jean-Luc Godard la odia? Perché va contro la rivoluzione che ha accelerato la storia della pittura compiendola in apocalisse. In greco, “apocalisse” significa “rivelazione”: nell’Ottocento, la pittura ha anticipato la meccanica quantistica rivelando (gli impressionisti, certo, ma preceduti da tanti, tipo Turner, e seguiti da molti altri) che la realtà non esiste. O meglio, non esiste l’immagine della materia, perché la materia, l’unica cosa che esiste, è un insieme di forze in disordinato, perenne conflitto che lasciano tracce sulla (anzi: sono la) nostra sensazione rimanendo estranee a qualunque rappresentazione. Mai stabile, in permanente catastrofe, la materia non può avere un’immagine fedele. L’idea che possa averla, che possa darsi un “quadro completo”, serve solo a fomentare l’illusione che esista un soggetto guardante, “centrato”, occidental-rinascimentale, che trasformerebbe la realtà modellandola sulla sua visione (come realizzando un film a partire da una sceneggiatura).
Contro questa illusione, la pittura ci ricorda che la realtà è un conflitto di sensazioni ottiche che ci inghiotte vivi, che fa sfumare l’intellegibilità visiva ma che si cristallizza in figura quando il conflitto entra in conflitto con se stesso, stabilizzandosi temporaneamente. Come nel 1982 Godard fece dopo il suo film Passion una Sceneggiatura del film “Passion”, dopo la sua morte i suoi collaboratori (Jean-Paul Battaggia, Fabrice Aragno, Nicole Brenez) fanno uscire il collage di materiali cui Godard stava lavorando negli ultimi mesi, su MUBI con il titolo originale Film annonce du film qui n’existera jamais: “Drôles de guerres”. Immagini fisse ma imbricate tra loro, anche nello stesso frame, con gesti associativi che sono sciabolate alla Matisse; non un film da fare (Drôles de guerres) ma una cristallizzazione della pratica del cinema esercitata da Godard per sessant’anni. Per Godard il cinema è ciò che scarta la sceneggiatura per rimanere fedele a quell’apocalisse che è la pittura.
Ma nel Novecento a fare da episcopio quantico fu, non di meno, il romanzo. L’ispirazione viene infatti da Faux passeports di Charles Plisnier, da L’azzurro del cielo di Georges Bataille (ispirato a Simone Weil), da Notre guerre di Francis Jeanson... pagine scritte che, come il godardiano Notre musique (2004), rivelano pittoricamente sia il mondo come catastrofe permanente, sia la possibilità di un’eccezione. La “tela” di queste immagini è il retro delle vecchie fotografie, pervase dal brand “Canon”. Scritta non casuale: la guerra che si ripete uguale a se stessa (in Spagna, in Bosnia, in Palestina, etc.) è lo sfondo su cui, ogni tanto, il conflitto entra in conflitto con se stesso e lascia emergere un ritratto femminile. La figura dell’attivista è l’utopia di un soggetto opposto a quello guardante, “centrato”, occidental-rinascimentale: esiste quanto basta a manifestare il contromovimento dell’entropia, unicamente disgregativa, degli imperialismi.
Il film
Trailer of the film that will never exist: «Phony Wars»
Sperimentale - Francia, Svizzera 2023 - durata 20’
Titolo originale: Film annonce du film qui n’existera jamais: «Drôles de Guerres»
Regia: Jean-Luc Godard
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