Emilia Pérez è cinema allo stato puro. Ma talmente allo stato puro che fa venire voglia di sognare senza freni. Se sei un complottista con il senso dell’umorismo, ti fa addirittura immaginare (sperare?) che esista una congrega segreta di registi superiori. Ogni anno si riuniscono segretamente per mettere alla prova un socio o una socia, costringendolo o costringendola a realizzare un film rispettando i paletti più strani e complicati. Quando è toccato a Jacques Audiard, qualcuno a cui non stanno simpatici i francesi ha proposto (come un infiltrato qualunque a una festa con Mozart): fai un musical in spagnolo Audiard, ma fallo su un narcotrafficante messicano che vuole cambiare sesso per poter vivere finalmente la vita che le è stata sempre negata.
Non è andata così (purtroppo?). Ma Emilia Pérez – che esce finalmente in sala anche in Italia (dal 9 gennaio per intercessione di Lucky Red) dopo la vittoria del Premio della giuria all’ultima edizione di Cannes – rimane comunque e innanzitutto un equilibrismo impossibile tra linguaggi cinematografici apparentemente incompatibili, con cui solo un grande cineasta come Audiard poteva pensare di cimentarsi. Emilia Pérez, tuttavia, non si limita a essere un esercizio di stile fine a se stesso – per quanto l’esercizio di stile che pone in essere sia di pregevole fattura. È anche un racconto ricco di una sostanza che si nutre della stessa forma che la mette in scena.
Tutto inizia con la brillante avvocata nera di Città del Messico Rita Mora Castro, stanca del sistema iniquo che la costringe a scrivere un’arringa che servirà a salvare dal carcere un femminicida e per la quale sarà il suo capo a prendersi il merito. Viene contattata dal potente narcotrafficante Manitas Del Monte, ricchissimo e ammanicato in politica, che vuole completare la propria transizione diventando donna a tutti gli effetti e ha bisogno di una faccendiera competente che organizzi con la massima discrezione il viaggio e l’operazione eseguita dai chirurghi più abili e, soprattutto, più discreti del mondo.
Il piano va a buon fine, Manitas scompare dalla faccia della Terra e al suo posto riappare Emilia Pérez, una persona finalmente in grado di vivere la sua vera vita, ovvero quella che la vita vera e l’ambiente difficoltoso e violento in cui è cresciuta purtroppo non le avevano concesso. Ma è solo la fine del primo atto. Audiard vuole complicarsi ulteriormente la vita accostando il dramma dei desaparecidos eliminati dai cartelli a una versione seria di Mrs. Doubtfire. Nonostante tutti i tentativi di auto-deragliamento, Emilia Pérez rimane un miracolo cinematografico dal primo all’ultimo minuto.
Racconta con pathos i vecchi e i nuovi problemi delle donne, abbattendo con naturalezza – e senza paternalismi né prediche – le barriere dei costrutti di genere. Stiamo parlando di un musical (nel quale si sente l’influenza di Hamilton) che riesce quasi a far dimenticare la propria natura inevitabilmente artefatta. Merito anche, se non soprattutto, di un cast femminile che nella sua interezza – le co-protagoniste Karla Sofía Gascón (Emilia) e Zoe Saldaña (Rita), ma anche l’antagonista (ma solo per mancanza di comunicazione) Selena Gomez – ha vinto meritatamente un premio collettivo a Cannes.
Il film
Emilia Perez
Musicale - USA, Messico 2024 - durata 130’
Titolo originale: Emilia Perez
Regia: Jacques Audiard
Con Selena Gomez, Zoë Saldana, Edgar Ramirez, Karla Sofía Gascón, Adriana Paz, Eric Geynes
Al cinema: Uscita in Italia il 09/01/2025
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