E anche quest’anno il Natale è arrivato. Quelli che lo festeggiano hanno la solita pletora di tassativi eno-gastro-famigliari cui partecipare, che variano in intensità e durata ma più o meno si somigliano tutti. E più o meno tutti hanno quel momento di vuoto pomeridiano che non sanno bene come trattare: gli anziani vanno a fare la pennichella sfidando il reflusso e i piccoli sono affidati alle cure di videogiochi e TikTok – tranne i tuoi, genitore che stai leggendo, che sono perfetti perché tu sei perfetto e, come hai insegnato loro, hanno declinato gentilmente l’offerta di un dispositivo elettronico di intrattenimento preferendo il sollazzo di recitare la tabellina del 7 in inglese mentre intagliano nel legno la trottola con cui si apprestano a giocare. Quelli in mezzo, invece, hanno già sparecchiato il pranzo e apparecchiato per la cena e per allontanare l’horror vacui delle feste hanno bisogno di distrarsi. Il cugino che ha portato il limoncello fatto in casa propone X film natalizio, dove X sta per roba che abbiamo visto tutti dodici volte di cui l’ultima ieri sera. È finalmente arrivato il tuo momento. Quello in cui fai vedere a tutti che leggi Film Tv. Buttati. Proponi una cosa che nessuno si aspetta. Stupiscili. E dico io: chi meglio dei giapponesi per festeggiare un Santo Natale diverso dal solito? Magari con un trionfo di gore pieno di esseri antropomorfi e antropofagi, che in realtà nasconde una riflessione dolorosa sulla morale umana. Proprio una serie natalizia. Ma si sa, il Giappone è un po’ così.
Nello specifico, il Giappone dell’universo di Tokyo Ghoul è il solito posto interessante, ma in più c’è che gli esseri umani devono normalmente avere a che fare con i ghoul, razza umanoide dai poteri soprannaturali che si nutre di carne di rugbista che si è schiantato sulle Ande in aeroplano. Non trattandosi di esseri particolarmente desiderosi di sintonizzarsi sulle frequenze della civiltà umana, la maggior parte dei ghoul mangia proprio solamente ciccia di persona. Altri, però, aggiungono alla dieta anche i propri simili. E altri ancora cercano di fare i ghoul decenti, in grado di convivere con l’altra specie, nutrendosi solo di carne di umani morti per suicidio. Sono gli amici dell’Anteiku, caffetteria che funziona da facciata e impiega ghoul desiderosi di comportarsi (più o meno) civilmente. Sono loro che accolgono il turbo nerd bibliofilo Ken Kaneki, studente al primo anno di università con forti problemi a relazionarsi con il prossimo – specialmente di sesso femminile – che viene ingannato e sedotto dalla potente ghoul Rize, conosciuta come l’Ingorda: mezzo morto e sul punto di essere divorato, Ken viene salvato dal caso (mmmh) sotto forma di trave d’acciaio che spiaccica la sua aguzzina.
Il giovanotto finisce sotto i ferri di un dubbiosissimo dottor Kano, che gli salva la vita trapiantandogli gli organi della defunta Riza. Ken si risveglia sano, salvo e mezzo ghoul. La sua nuova natura è quella di un essere che, dice la fisiologia, può nutrirsi esclusivamente di carne umana – quella dei ghoul non è un’eccentrica sadica scelta di stile, ma un diktat biologico – con il piccolo particolare aggiuntivo, però, che a Ken è rimasta tutta la morale di un essere umano. Kaneki aborrisce all’idea di darsi al cannibalismo. Attraversa, e molto intensamente, tutte le fasi psicologiche del lutto che accompagna la perdita di metà della sua umanità. Solo che, nel frattempo e purtroppo per lui, non è che Tokyo Ghoul se ne stia lì a menare il can per l’aia. È pur sempre un cartone animato giapponese horror (tratto dall’omonimo manga di gran successo scritto e disegnato da Sui Ishida) e anch’esso, come noialtri a Natale, ha i suoi tassativi da rispettare.
Ci dev’essere almeno un po’ di destino del mondo (o quantomeno della città) in ballo, deve sorgere piano piano la sensazione che il nostro protagonista sia in qualche modo un prescelto in grado di modificare lo status quo dall’alto della sua natura ibrida, ci devono essere superpoteri ganzi da vedere generosamente in azione e se capita vorremmo pure del sentimento. Kanaka, dunque, non ha né il tempo né il lusso di potersi rinchiudere in un bunker a digiunare e riflettere sul da farsi. Ci sono ghoul e umani – gli sbirri catafratti del Comando investigativo antighoul – che gli danno la caccia con una certa tigna. L’unico modo che ha per difendersi è quello di combattere. E per combattere deve nutrirsi. Ma per nutrirsi deve diventare cannibale. E per diventare cannibale deve accettare la sua nuova natura sospendendo i giudizi di merito.
Esatto cari amici di quello stato molto piccolo del centro Italia: tutto è relativo. E in questa serie del 2014 – una delle pioniere della nuova generazione globale di anime, lo trovate su Netflix e potete limitarvi alla prima stagione, perfetta e soddisfacentemente conclusiva. Il resto scade – i cattivi non sono di certo (solo) i mangiatori di carne umana. Perché nel racconto così intimo, seppur così truculento, di un diciannovenne sfigato che cerca di capire (a partire dal proprio punto di vista) cosa è giusto e cosa è sbagliato, non c’è spazio per semplificazioni didascaliche e manichee, per bianco o nero. Pensavate di trovare solo un horror nippo-natalizio, e invece vi ritrovate ad accompagnare un ragazzo lungo il calvario e le torture (letterali) che lo promuoveranno all’età adulta. L’età della consapevolezza, della responsabilità, delle scelte difficili e del reflusso gastroesofageo.
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