What Had Happened Was... è il terzo speciale di stand-up registrato da Jamie Foxx, uno che ha vinto tutti i riconoscimenti che un attore e un cantante serio e impegnato potrebbe ottenere, ma che non si dimentica dove ha iniziato; ovvero nei locali bui, rigorosamente fumosi e ancora con qualche problemino di segregazione razziale del Texas di fine anni 80. What Had Happened Was... è uno show nazional-popolare-afro-americano e una celebrazione di quanto è bello essere vivi e celebri, ma è anche un spettacolo che, dall’esterno, ti fa venire in mente una domanda che non credo sia peregrina. Scivolosa sì, ma non peregrina. Mi chiedo: se fai parte di una cultura che ha passato 400 degli ultimi 550 anni della propria esistenza in condizione di schiavitù, che tipo di rapporto puoi avere con Dio, qualsiasi sia quello in cui credi? Sono pronto a essere smentito, ma credo che in Veneto bestemmino per molto meno di 400 anni ininterrotti di schiavitù e abusi vari ed eventuali. In Toscana i rosari prendono fuoco quando la moka sbroffa una goccia di caffè sul piano cottura, immagina che bel clima la domenica in chiesa se fossero schiavi di qualcuno stronzo come un inglese. Jamie Foxx, invece, racconta della propria esperienza con l’ictus come se fosse una vera e propria amorevole carezza da lassù.

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What Had Happened Was...

Per tutte quelle brave persone che non esagerano con gossip e cronaca rosa: sì, Jamie Foxx ha avuto un ictus nell’aprile del 2023, ci ha quasi lasciato le penne e le persone che non hanno niente di meglio da fare non hanno perso occasione per specularci su e ricamarci sopra. Per la cronaca, Foxx è stato ricoverato e salvato in un ospedale di Atlanta che si chiama Piedmont, ovvero Piemonte, e io non posso trattenere la gioia a immaginare tutte quelle infermiere con l’accento di Cuneo che cercano di placare le escandescenze dei famigliari preoccupati. Spettacolare. Foxx parte da lontano: racconta di aver cominciato a fare stand-up nel 1991 proprio ad Atlanta, e quei primi anni 90 si sentono tutti chiari e turgidi nell’abbondante bit che ha per protagonista il suo stesso pisello: è molto sconveniente doverlo denudare di fronte all’infermiera che ti fa la doccia senza prima avergli dato un po’ di carica – non si può far fare brutta figura a un pistolino sennò poi ci rimane male – soprattutto dopo che anche lui ha la faccia di uno che ha da poco avuto un ictus. Dopo una battuta così vien voglia di andare da Blockbuster. Allo stesso tempo, però, l’imprint generazionale di Foxx può anche regalare perle rare, tipo recitare mezzo New Jack City facendo anche perfettamente le voci di ogni personaggio. O imitare Denzel Washington in Training Day, e Dave Chappelle quando faceva gli sketch in TV.

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“Dicono che sono stato fortunato ad avere una seconda possibilità. Non la voglio una seconda possibilità. Cos’ha fatto di male la prima? Era così perfetta”. Parte fondante dello spettacolo, tuttavia, è il racconto della malattia e del lungo periodo di degenza. Foxx parla di se stesso come di un arrogante che si sentiva (giustamente) stocazzo e (ingiustamente) immortale, che fatalmente viene messo di fronte al più traumatico dei memento mori. All’inizio reagisce con aggressività, non accettando il suo nuovo stato di persona fragile, privata della potenza che aveva e che, lui sentiva, gli spettava per via del talento e della dedizione. Poi viene raddrizzato da un’infermiera autoritaria, che lo schiaffeggia con una buona dose di umiltà e lo rimette al suo posto, che ora è ancora un po’ più uguale di quello degli altri rispetto a prima. A livello strettamente personale, Jamie Foxx non fa la migliore delle figure in questo speciale. Si racconta, con grande sincerità, come uno di quegli uomini tracotanti a livello undici, convinti con arroganza e sicumera che l’onnipotente li abbia fatti talmente perfetti – troppo belli, troppo talentuosi, troppo creativi, troppo ricchi, troppo famosi, troppo tutto – per poter essere sul serio azzoppati da un ictus. C’è qualcosa che non va. Queste cose succedono ai poveri e ai non famosi, non a Jamie Foxx. Lui è Jamie Foxx, cazzo. E tende a ricordarcelo il più possibile, che il suo nome è Jamie Foxx.

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What Had Happened Was...

Ha persino una conversazione con l’altissimo in cui gli chiede se è sicuro di aver preso a colpi di ictus la persona giusta. Dio gli risponde di sì: quando un figlio prediletto che ho benedetto con molti talenti si dimentica di me, lo battezzo con un ictus. Mortanguerieri dio, che sentenza. E così Jamie Foxx è passato da essere uno dei Pokemon più forti – “Io sono Jamie Foxx!” – a doversi far pulire il culo da qualcun altro. In mezzo, tra i deliri divini e il nulla cosmico, in realtà c’è un performer talentuoso e popolare, che costruisce uno spettacolo di pancia tra comicità, recitazione drammatica e musica. L’intento – sottolineato dall’insistenza nel cercare il tormentone – è quello di creare il più forte contatto emotivo possibile con il pubblico. E il finale, coerentemente con la parabola, diventa una messa cantata. Un gospel che non rinuncia alla battuta – anche i più asini dei complottisti hanno capito che era il vero Jamie Foxx, e non un clone come credevano, quando è stato visto insieme a una donna bianca – ma che è un vero e proprio osanna senza alleluia. Noi abbiamo Don Matteo, loro hanno Jamie Foxx.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.