Come ogni cosa che diventa adulta, L’amica geniale è meno libera di un tempo. Stilizzata dalla densità di un finale atteso, obbligato a sbrogliare il groviglio di linee narrative storico-intime, Storia della bambina perduta è certamente il capitolo più illustrativo, raccontato, dipendente da svolte e spiegazioni: aspetto che assottiglia la rarefazione dei capitoli precedenti in un melodramma tra adulti, in cui ogni puntata pullula di climax e ganci tensivi. L’ultima è, insomma, la stagione più generalista, inaugurata dal «Bonsoir, je voudrais parler à l’Italie» detto da Lenù che, emancipata dal pauperismo provinciale e criminale del rione e dalla cadenza partenopea, parla francese, prima di dividersi tra la maternità, gli echi di un passato violento, la carriera di autrice femminista e l’amore per il narcisista Nino Sarratore di Fabrizio Gifuni, personaggio esemplare nel suo riassumere una deriva tutta italiota.
Alter ego di Ferrante, Elena è autrice fuori e dentro la finzione, protagonista e narratrice, voce over e soggetto pedinato, ma soprattutto osservatrice del tempo che le scorre addosso: un’architettura in cui il racconto storico, spesso stipato in teche e tv, irrompe nei dilaganti primi piani intimisti con il terremoto dell’Irpinia, riuscendo a unire cronaca, onirico e lirismo. E in un’opera verbosa, schematica e forsennata in cui il minutaggio non basta più a coltivare mistero, Laura Bispuri è ancora capace di racimolare lenta introspezione nel racconto di due maternità parallele, riuscendo a proteggere con nitore l’emotività dei gesti, il thrilling dei sentimenti, la portata rivelatoria dei dettagli, la rappresentazione cocente dei valori punitivi intrinsechi all’amore, di quelli mortiferi nascosti in una gravidanza.
Non ci si compiace mai del dramma, non ci si approfitta mai del rigurgito del passato come ammiccamento citazionista, non si cavalca mai la sensazione, anche nel più lancinante dei traumi, insomma non si appaga mai la consequenziale e consolatoria linearità di una sonnecchiante prima serata di Rai1. Questo anche grazie a un ottimo cast, che ben dimostra come il pregio principale della serie non sia tanto il soggetto bestseller, la conclamata grandezza produttiva, quanto il modo rotondo in cui ogni personaggio è sia dolce sia feroce, fascinoso e ingannatore, «splendido e tenebroso»: straripa Anna Maria Vitolo (la madre Immacolata Greco), mentre Alba Rohrwacher ricalca e insieme sconfessa la Lenù di Margherita Mazzucco, perché, in fondo, il suo è un personaggio che fugge da se stesso.
Ecco perché a rimanere mimetica alla prova di Gaia Girace è la Lila di Irene Maiorino: il personaggio che resta, oggetto indagato tanto ossessivamente da sparire per sempre. Perché, come la vita mediatica della sua autrice, L’amica geniale racconta di un’assenza, una sparizione, un non detto, di tutto ciò che l’invalicabilità dello sguardo di una scrittrice non riesce a spiegarsi, immerso in un coming of age lungo quanto sessant’anni di un paese. Dura il tempo della stesura di un romanzo e, insieme, dura una vita intera. Ci mancherà, ci mancheranno.
La serie tv
L'amica geniale
Drammatico - USA 2018 - durata 60’
Titolo originale: L'Amica Geniale
Creato da: Saverio Costanzo
Regia: Saverio Costanzo
Con Elisa Del Genio, Gaia Girace, Francesco Russo, Valentina Acca, Pier Giorgio Bellocchio, Sergio Basile
Al cinema: Uscita in Italia il 01/10/2018
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