Quando ero piccolo e sentivo gli adulti commentare i casi di cronaca pensavo: ma guarda te questo meschino di un piccolo criminale che si è fatto beccare a rubare i polli, gli sarebbe bastato vestirsi in giacca e cravatta per non destare sospetti e farla franca. Da piccolo ero abbonato a Topolino e il lessico ne risentiva positivamente. Poi sono cresciuto e ho scoperto che i ladri in giacca e cravatta esistono e si chiamano avvocati. Scherzi a parte (...) il concetto buono a ogni latitudine che l’abito non fa il monaco è proprio la cornice, costruita su diversi livelli concentrici, entro cui si pone questa versione 2024 di Matlock.
Il Matlock originale è stato il procedurale giudiziario rilassato e a lieto fine che si meritavano, tra fine anni 80 e inizio anni 90, le mamme di figli adolescenti in fissa con Wall Street e i broker cocainomani con i capelli ingellati all’indietro. Per pareggiare la bilancia del karma c’era proprio bisogno di un avvocato rustico del sud buono ma burbero, micragnoso gentiluomo d’altri tempi dall’intuito sopraffino e dai metodi poco ortodossi seppur efficaci. In questo caso l’abito non fa il monaco perché la nuova Matlock non è un rifacimento bello e buono con un semplice cambio di genere del protagonista, né un reboot che prende di peso struttura e premesse dell’originale e semplicemente le aggiorna aggiungendoci gli smartphone e le sigarette elettroniche. Matlock 2024 è una serie a sé stante, in cui l’originale partecipa sia come spunto diegetico e sia nella struttura generale del singolo episodio (ovvero: avvocato fuori dai canoni ma brillante sta per perdere il suo caso finché con un colpo di coda non piazza la magata vincente e vissero quasi tutti felici e contenti).
D’altronde, in Matlock 2024 l’abito non fa nemmeno Kathy Bates. Che qui interpreta magnificamente un personaggio che si fa chiamare Madeline Matlock, avvocata di una certa età e da tempo ritiratasi dall’agone del foro legale, che da quasi 40 anni a questa parte trova buffo il fatto di condividere nome e mestiere con una celebre vecchia serie tv e che è costretta dalle circostanze della vita a tornare a praticare la giurisprudenza.
Per ripagare i debiti di giuoco del marito deceduto e per mantenere il nipote che la schifa, Madeline ha bisogno di un lavoro extra lusso in uno degli studi più ingordi e di successo di New York. Uno di quegli studi tipo Jacobson Moore, che a una nonnina come lei il colloquio non lo fanno nemmeno. Ma le nonnine si sa che sono in grado di avere solo due volumi: o sono la persona più rumorosa della stanza, oppure sono completamente invisibili. Nessuno si accorge né sospetta di una vecchina, che diventa la persona ideale per raccogliere informazioni e passare inosservata. Madeline lo sa e sfrutta i bias cognitivi della psicologia umana per infiltrarsi alla riunione del consiglio della Jacobson Moore, dove convince il titolare ad assumerla facendogli venire le pupille a forma di simbolo del dollaro.
Come in tutti i procedurali (o presunti tali) che si rispettino, anche Matlock 2024 introduce in fretta i personaggi di contorno: la socia giovane Olympia, ambiziosa, tagliente e quasi ex moglie del socio anziano Julian, che a sua volta è figlio del socio amministratore Howard (Beau Bridges).
Madeline viene inserita nella squadra di Olympia, alle prese con un caso di richiesta di risarcimento alla città di New York per l’ingiusta carcerazione di un uomo erroneamente condannato per omicidio. Nonostante non pratichi l’avvocatura da decenni, la nonnina si dimostra incredibilmente sagace nelle deduzione e avanti cent’anni per quanto riguarda la comprensione delle persone che ha davanti e l’empatia necessaria a ottenere ciò che vuole senza manipolare nessuno. Il tutto con una progressione narrativa classica ma ficcante, scritta con brillantezza e recitata come può fare un premio Oscar del calibro di Bates.
Solo che l’abito non fa il monaco nemmeno per la terza volta. Madeline non è una sciura disperata che ha bisogno di tutti i soldi del mondo subito per non finire sotto a un treno, sommersa dai debiti e senza uno scopo nella vita. Madeline è per davvero un’ex avvocata. Ma di cognome fa Kingston, non è vedova e il nipote adolescente che sta crescendo insieme al marito la adora ed è suo complice. Madeline è una mamma che, dopo anni di indagini informali e dietro le quinte, ha scoperto come nello studio Jacobson Moore si nasconda l’avido collega senza scrupoli che, un decennio prima, in nome del profitto ha tenuto nascosti i documenti che avrebbero fatto ritirare dal mercato l’OxyContin, impedendo la crisi degli oppioidi che ha provocato la morte di sua figlia. Accidenti a chi se l’aspettava. La televisione è cambiata e certamente i procedurali non li fanno più come quelli di tanti anni fa. Qualche volta, però, è una gran bella notizia.
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