Molto premiato ovunque ma inedito in Italia, El hombre de al lado (L’uomo della porta accanto), diretto dai Cohn e Duprat di Il cittadino illustre e Finale a sorpresa - Official Competition – si apre su un muro progressivamente sfondato da un martello e inquadrato in split screen: da un lato l’attrezzo all’opera all’interno di una residenza, dall’altro la facciata esterna che si sgretola colpo dopo colpo. La divisione netta dello schermo anticipa il divario che separerà i due protagonisti e dirimpettai: uno, Victor, è un venditore di auto usate, generoso, invadente e rozzo, che quando pensa che un’area del suo appartamento sia poco illuminata chiama un operaio perché butti giù la parete per ricavarvi una finestra; l’altro è Leonardo, un designer che veste da designer (occhiali dalla pesante montatura nera e maglioncino girocollo) e che si opporrà strenuamente a quella finestra che compromette la sua privacy e svilisce la sua proprietà.
Perché Leonardo è fiero di abitare, con moglie e figlia, in un casa progettata da Le Corbusier; anzi, nell’unica casa progettata da Le Corbusier in Sud America, più precisamente a La Plata, sessanta chilometri circa da Buenos Aires. Nel 1948 il grande architetto si trovava nella capitale argentina perché qualcuno aveva pensato di affidargli un ambiziosissimo piano regolatore che potesse risolvere i problemi della sterminata metropoli. Approfittando della sua presenza nel Paese, un medico, il dottor Curutchet, gli chiese di progettargli un’abitazione-clinica da erigere su un terreno di sua proprietà, davanti al parco Paseo del Bosque. Nonostante i numerosi impegni, Le Corbusier accetta l’incarico e consegna nel 1954 la sua personale versione di una casa a patio, come quelle tanto studiate e ammirate a Pompei.
Vista la peculiare conformazione stretta e allungata del lotto, l’artista attribuisce alla sua opera uno sviluppo verticale anziché orizzontale, innalzando su pilotis (i pilastri sottili a sezione circolare) due volumi indipendenti: uno affacciato sul parco e destinato a ospitare la clinica, l’altro arretrato rispetto alla strada e pensato per accogliere il medico e i suoi cari. I due volumi sono messi in relazione da una rampa esterna che fiancheggia una prima corte con un grande albero al centro. Lo spazio residenziale, sviluppato su un livello superiore, affaccia su un’altra corte, in cui viene realizzata una copertura collocata su quattro colonne studiata per ombreggiare l’esterno.
Dichiarata monumento nazionale nel 1987 e iscritta nell’elenco dei siti protetti dall’UNESCO, Casa Curutchet è un capolavoro di sintesi e di complessissima semplicità, dimensionata con il Modulor, il sistema proporzionale antropometrico messo a punto dallo stesso Le Corbusier. Ma Leonardo Kachanovsky, il progettista a cui i due registi “concedono” la proprietà, sarà all’altezza di abitarvi? Svegliato dal fracasso e ignaro del dramma che si sta consumando nello stabile di fronte, l’uomo percorre il fabbricato per capire cosa stia succedendo; si muove tra le stanze, scende scale e livelli svelando le caratteristiche spaziali e morfologiche della villa.
Il designer finalmente parla con l’operaio e gli intima di fermarsi finché non lui non avrà parlato con Victor. Segue un’immagine bellissima dell’interno della casa, in cui Leonardo e la moglie sono “incorniciati” sia dalla finestra sia dai pilastri, mentre alla loro sinistra si stagliano le rigorose geometrie delle rampe. “Che Paese di merda”, sbotta l’uomo, acuta parodia di un designer à la page, di quelli che privilegiano la forma alla funzione e la cui idea progettuale è sintetizzata da una poltrona di sua creazione (pomposamente battezzata col suo cognome) che, completata da un poggiapiedi, sembra una volgarizzazione contemporanea delle sedute UP5 e UP 6 di Gaetano Pesce.
Il suo studio è arredato con vari oggetti firmati da celebri designer, che sembrano accostati per mero spirito di accumulo e stridono con la purezza della finestra dipinta di azzurro aperta nella stanza. Proprio l’abbondanza di superfici vetrate di casa Curutchet (al cui nitore provvede ovviamente una domestica) fa apparire ancora più egoista, agli occhi di Victor, la pretesa del suo vicino di negargli la possibilità di averne una supplementare nel suo “comune” appartamento. Man mano che procede, il film abbandona i toni leggeri e paradossali dell’incipit per incupirsi e rannuvolarsi; esattamente come Leonardo che, incapace di far desistere Victor dal suo proposito, vede sgretolarsi le sue certezze e inizia a sprofondare nella paranoia.
La casa che ha sempre adorato – e che pensa rispecchi la sua personalità – gli pare d’improvviso indifesa, incapace di offrire protezione. Una villa facilmente violabile, come emerge nel colloquio con l’esperto di sicurezza a cui il protagonista, sentendosi minacciato, fa ricorso; questi prima suggerisce di aggiungere delle sbarre alle finestre, lasciando sconcertato Leonardo, quindi propone di acquistare un pulsante antipanico, per l’installazione del quale l’uomo pensa addirittura di chiedere il consenso agli eredi di Le Corbusier. La scena è sintomatica e diretta con grande intelligenza: si svolge nella parte del caseggiato aperta sul parco, dove uno degli accessi è definito da una galleria semiaperta.
Un’inquadratura mostra in modo lampante quanto la struttura della costruzione sia esile, leggerissima, eppure al suo interno i coniugi sembrano improvvisamente ingabbiati. Casa Curutchet comincia a rivoltarsi contro il suo proprietario il quale, in un’ennesima notte insonne, esce nel buio della notte per rimirare i palazzi del vicinato, cosi banali, così anonimi, così insopportabilmente “riconoscibili” eppure così tranquillizzanti. Per Cohn e Duprat, Leonardo non merita quella casa: con il suo classismo, con la sua protervia, con la sua meschinità infanga le intenzioni di Le Corbusier, le svilisce, le deturpa.
E la casa si prende la sua rivincita quando il film svolta finalmente nel thriller, variante home invasion; a profanarla sarà proprio l’odiato Victor, che riuscirà finalmente a penetrarvi addirittura in veste di ospite, accompagnando una delle invitate super cool a uno dei party super cool organizzati dai Kachanovsky. In oltraggio al suo “padrone” indegno, Casa Curutchet si lascia invadere per rivendicare la sua libertà e onorare la memoria di chi l’aveva immaginata così bella, di chi aveva riposto così tante speranze nel suo lavoro in quella parte del mondo da scrivere: “Ho provato a conquistare l’America spinto da una forza implacabile e da una grande tenerezza verso gli oggetti e la gente: in questi fratelli, separati da noi dal silenzio dell’oceano, ho percepito gli scrupoli, i dubbi, i tentennamenti, le ragioni che motivano lo stato attuale del Paese e confido nel domani. Sotto questa luce nascerà l’architettura”.
Il film
El hombre de al lado
Drammatico - Argentina 2009 - durata 110’
Titolo originale: El hombre de al lado
Regia: Mariano Cohn, Gastón Duprat
Con Rafael Spregelburd, Daniel Aráoz, Eugenia Alonso, Inés Budassi, Lorenza Acuña, Eugenio Scopel
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