Posati realizzati da Federico D’Onofrio
L’abbiamo scoperta d’improvviso, in un bianco e nero che si illumina di sfumature dolenti, quelle di una storia come tante, man mano che Marcella, figlia e sposa promessa, intravede il proprio futuro negli occhi di sua madre, desiderando cambiare, rabbiosa e assertiva, il presente di entrambe. Su Romana Maggiora Vergano, oggi 27 anni, si sono accesi inevitabili riflettori sulla scia del fenomeno (ancora in corso, dopo oltre un anno: vedi alla voce doppio Biglietto d’oro) di C’è ancora domani, esordio registico di Paola Cortellesi, anche protagonista accanto alla giovane interprete il cui personaggio rappresenta un ideale controcanto dell’autrice, almeno fino a quando le due finalmente si guardano, da lontano eppure alla stessa altezza, in una delle scene più chiacchierate, applaudite, condivise, riviste. Non si è però fatta tramortire dal successo che l’ha coinvolta, Vergano: prima di sfrecciare su set imponenti e produzioni estere - il biopic in costume Cabrini di Alejandro Monteverde, la miniserie Netflix Those About to Die di Emmerich e Kreuzpaintner - ha studiato dietro i banchi e sul campo, osservatrice attenta e capace di prendersi cura dei margini, di lavorare sull’invisibile che precede (e procede verso) il ruolo. Ce lo ha raccontato, in un tempo generoso che rispecchia la sua sensibilità d’attrice.
QUESTIONARIO
- Come è avvenuta la tua educazione alle immagini: guardavi soprattutto la tv, il cinema o le piattaforme?
Oltre ai cartoni e ai film d’animazione al cinema, i primissimi ricordi che ho sono legati alle serate sul divano con mia madre, che dopo un lungo turno in ospedale tornava a casa, si metteva seduta in mezzo a me e a mio fratello e accendeva la televisione, per rilassarsi. Perciò penso ai programmi di intrattenimento, e ogni tanto a qualche film in prima serata sulla Rai. Mia madre finiva sempre per addormentarsi, io mi affezionavo alla storia e ai personaggi, era come se diventassero miei amici, miei familiari. Ho ricordi di me molto piccola che mi imbambolavo davanti a film piuttosto impegnativi, che non riuscivo a seguire bene, ma che mi incantavano. Spesso qualche pellicola neorealista, o commedie all’italiana. Pur non potendole apprezzare appieno, ricordo che mi facevano tanto ridere o tanto piangere. Ho soprattutto nel cuore I soliti ignoti e Miracolo a Milano. - La folgorazione per la recitazione: come è scattata e perché?
Non direi che fu una folgorazione. Mi sono avvicinata alla messa in scena e allo “spettacolo”, più in generale, durante le vacanze estive in un villaggio turistico. Tutti i bambini volevano andare in piscina o al mare, io invece osservavo per ore le prove degli animatori che preparavano gli eventi serali ed ero diventata la loro tuttofare: spostavo oggetti, preparavo costumi... e loro a volte mi accontentavano assegnandomi ruoli insignificanti, il mio primo fu un albero! Da lì, mia madre mi ha iscritta ad un corso di teatro amatoriale e poi piano piano è arrivato il cinema. Ricordo che da adolescente, guardando l’interpretazione di Jennifer Lawrence in Il lato positivo, mi avevano attraversata mille emozioni diverse e avevo pensato: anche io voglio far provare ad altre persone ciò che questa attrice sta facendo provare a me in questo momento.
- Come sei arrivata a fare questo mestiere?
Durante l’anno della maturità ho avuto l’occasione di fare un piccolo ruolo in una serie per la televisione, Immaturi - La serie, basata sul precedente film omonimo. La trama era più o meno la stessa: un gruppo di adulti è costretto a rifare l’esame di maturità e finisce in una classe di diciottenni. Io facevo parte di quella classe, quindi stavo molti giorni sul set, ma non avevo la responsabilità di un ruolo importante. Così ho vissuto l’esperienza con leggerezza, osservando e cercando di “rubare” il più possibile da tutti i mestieri del cinema. È stata una grande prima lezione e allo stesso tempo una memorabile epifania. Ho deciso di non intraprendere la carriera di medico, come avevo previsto, e di fare invece un salto nel vuoto iscrivendomi alla Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté. Dopo il diploma sono entrata in un’agenzia e ho cominciato a fare i primi provini, mi sono sentita dire tanti “no” prima di arrivare a un primo, timido, “sì”. - Quali sono le differenze che hai riscontrato maggiormente fra il set televisivo e quello cinematografico?
Il tempo è sicuramente la differenza più sostanziale. Una serie televisiva presume molte più settimane di riprese, può diventare alienante. I ritmi dei set televisivi sono molto più nervosi e concitati di quelli cinematografici. Lavorando a una serie mi è capitato di fare anche cinque scene al giorno, quasi “buona la prima”. Un film invece solitamente ha un ritmo più rilassato e io da attrice posso darmi la possibilità di esplorare la scena insieme al regista e al mio compagno di dialogo, senza l’ansia di avere pochi ciak a disposizione per far quadrare tutto. Anche il tempo per le prove di solito in una serie è sacrificato, ci possono essere varie riscritture della sceneggiatura nel corso dei mesi, insomma richiede sicuramente una concentrazione maggiore sulla “continuità”, sia pratica sia emotiva. Ciò che di un set tv invece adoro è che proprio la sua lunghezza: ti permette di conoscere meglio le persone con cui lavori e di entrarci in sintonia, si creano delle affinità e dei legami molto forti; alcuni durano anche nel tempo.
- Leggi riviste, cartacee e/o online, di critica cinematografica? Ti interessano?
Onestamente non mi è mai capitato di abbonarmi o di comprarle in edicola, ma da quando sono cominciate a essere più disponibili online sono diventata abbastanza “addicted”. Sono una delle poche persone che a vedere un film ci va dopo aver letto 3/4 recensioni dalle proprie riviste cinematografiche di riferimento, per poi decidere, dopo la visione, se confermare o disapprovare ciò che gli autori di quei testi hanno scritto. Riesco a non farmi influenzare, anzi spesso preferisco trovarmi in disaccordo. A ogni modo, mi piace sapere prima cosa andrò a vedere e cosa ne hanno scritto persone che di mestiere masticano cinema tutto il giorno. Con alcuni critici, giornalisti che adesso conosco, mi capita anche di discuterne. Tendo a circondarmi di persone che ne sanno più di me, su qualsiasi aspetto della vita, non solo sul lavoro. - Come ti approcci alla storia del cinema? L’hai esplorata da autodidatta o seguendo una logica più accademica?
Appena uscita dal liceo la ignoravo completamente. La scuola Volonté in questo è stata fondamentale. Avevamo molte ore di Storia del cinema da programma, sono venuti anche tanti ospiti esterni che hanno letteralmente fatto la storia del cinema, per raccontarcela. Diciamo che il mio è stato un approccio non canonico ma sicuramente impattante. Prima di aprire un manuale in cui si parla di Dante Ferretti, per dire, noi lo abbiamo incontrato. Avevamo a disposizione anche una videoteca gratuita, composta da film, documentari ma anche masterclass registrate (la mia preferita: quella con Scola) e io avevo molto da recuperare. Gli incontri con i protagonisti del cinema mi hanno acceso una curiosità autentica che mi porto ancora dietro. Gli ospiti ci parlavano di grandi registi con cui hanno collaborato come di persone ordinarie, amici loro con cui andavano a cena e discutevano della vita in generale. Questo me li ha resi delle persone, non più dei miti lontani, e ha fatto sì che io volessi sapere molto di più sul loro conto e su quanto la loro personalità e di conseguenza la loro arte abbia segnato la nostra storia.
- Come descriveresti il tuo metodo d’attrice?
Non ho una procedura che sia sempre la stessa, né un metodo a cui sono fedele. Cerco di prendermi cura e di tenere allenati i miei strumenti principali: il corpo e la voce. Ciò che metto in pratica sempre nella stessa maniera è quello che viene detto “il lavoro invisibile”, ossia tutto ciò che viene prima del set. Ho molto rispetto per la sceneggiatura. Le parole sono la mia primissima fonte di ispirazione. Sono una fan delle didascalie, mi aiutano ad entrare nel racconto e catalizzano la mia immaginazione. Smembro la sceneggiatura, la leggo e la rileggo, ci scrivo e disegno sopra, la incollo in giro per casa. Cerco il personaggio con il corpo, mi chiedo come si muove nello spazio, qual è il suo motore per tutta la durata della storia. Questo e tanto altro succede prima, a casa. Poi una volta sul set non ci penso, cerco di stare quanto più possibile nell’azione e nella reazione. Meinser docet: recitare è reagire in modo onesto all’interno di una data circostanza immaginaria. - Dimmi tre registi senza i quali non puoi vivere e tre interpreti che ti hanno formato.
Mi mettono in difficoltà queste domande perché rispondo e poi cambio sempre idea! Oggi ti dico... Come registi: Damien Chazelle, Céline Sciamma, Nanni Moretti. Come interpreti: Monica Vitti, Charlotte Gainsbourg e Winona Ryder.
- Condividi un ricordo da un set che hai particolarmente a cuore.
Durante le riprese di C’è ancora domani, nonostante Paola riuscisse a tenere un clima di leggerezza e allegria nella troupe, c’erano anche dei momenti più tesi e cupi, legati soprattutto al tema su cui è basata la storia. Perciò mi piace ricordare uno dei momenti più divertenti di questo set, che riguarda la scena del temutissimo pranzo tra le due famiglie, quella borghese di lui e quella popolare di lei. È stata una scena molto lunga, l’abbiamo girata nel corso di tre giorni, Paola voleva assicurarsi di avere molto materiale a disposizione per montarla con i ritmi giusti; i personaggi coinvolti erano tanti, si trattava di una scena abbastanza complessa. Durante uno dei mille take che abbiamo girato in quei giorni, la distrazione e la stanchezza hanno avuto la meglio: nel momento fatidico, in cui la tensione a tavola raggiunge il suo apice massimo, lui (Francesco Centorame, ndr) si inginocchia per chiederle di sposarla, apre il porta-anelli ed è vuoto. Ci siamo tutti guardati intorno, basiti: l’anello era già intorno al mio dito. Questo perché avevo dimenticato di toglierlo e di rimetterlo al suo posto per ricominciare la scena da capo. È stato un bel momento di leggerezza e di condivisione. - Qual è il tuo film della vita, il primo a cui pensi con affetto?
Pane e tulipani di Silvio Soldini.
Filmografia ragionata & commentata
C'è ancora domani
Drammatico - Italia 2023 - durata 118’
Regia: Paola Cortellesi
Con Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni
Al cinema: Uscita in Italia il 26/10/2023
in TV: 25/12/2024 - Sky Cinema Due - Ore 03.55
in streaming: su Now TV Netflix Netflix basic with Ads
La Storia
Drammatico - Italia 2024 - durata 55’
Titolo originale: La Storia
Regia: Francesca Archibugi
Con Jasmine Trinca, Valerio Mastandrea, Antonio Esposito, Francesca Archibugi, Elio Germano, Francesca Antonelli
Il tempo che ci vuole
Drammatico - Italia 2024 - durata 110’
Regia: Francesca Comencini
Con Fabrizio Gifuni, Romana Maggiora Vergano, Anna Mangiocavallo, Luca Donini, Daniele Monterosi, Lallo Circosta
Al cinema: Uscita in Italia il 26/09/2024