Questo è stato decisamente l’anno degli Irreversible Entanglements, nel giro di chi segue l’hype di quello che accade nella nuova scena black. Il loro debutto per una “major”, la leggendaria Impulse! che ha dato alle stampe lo straordinario Protect Your Light, ha traghettato l’ensemble di free jazz e spoken word verso un pubblico decisamente più ampio di quanto avessero fatto i lavori fatti uscire sino a ora dal collettivo che si era formato in occasione di una manifestazione di Musicians Against Brutality in protesta per l’omicidio del 28enne afroamericano Akai Gurley per mano di due poliziotti nel 2014. A rendere ancora più infuocate le jam pazzesche del quintetto (chi ha assistito quest’estate alla data romana ne porta ancora i segni) sono i versi declamati sul tappeto sonoro dalla poetessa Camae Ayewa, classe 1981, di stanza a Philadelphia, e ribatezzatasi come performer, musicista e attivista con il nome di Moor Mother.
Quello di Moor Mother è puro afrofuturismo, che sia declinato nei suoi progetti come lo spettacolo teatrale Circuit City (di cui esiste anche l’abrasiva versione su disco, dove Ayewa declama «non puoi andare in guerra senza un tamburo, non puoi viaggiare nel tempo, cercare dimensioni esteriori ed interiori senza il free jazz») o innervato nel look da space is the place del piccolo film Moor Mother: Jazz Codes di Cyrus Moussavi, disponibile su MUBI, in cui l’interprete vaga da sola per il deserto del Mojave mentre, a Los Angeles, fa visita alla sede della Pan-Afrikan Peoples Arkestra e si esibisce con grandi nomi del “giro”, tra cui Skipper Franklin, Michael Session e Maia.
Moor Mother: Jazz Codes è una sorta di mini-visual album realizzato nel 2022 per accompagnare l’uscita del disco omonimo, sicuramente il più ambizioso della musicista, che seguiva a stretto giro il successo dell’altrettanto cruciale Black Enciclopedia of the Air. E anche solo ad ascoltare le tracce selezionate da Moussavi per il suo film, ci si rende conto di quanto Moor Mother, alla stregua di una serie di nomi suoi coetanei che hanno portato nuovo fermento in questa “scena” (e di cui molti, come gli Entanglements, sono partiti dalla guerrigliesca etichetta di Chicago, International Anthem), stia tratteggiando la BAM, la black american music dei tempi che verranno («riportiamo il jazz alle sue origini sessuali», si dice in Jazz Codes), tessendo una playlist che tiene insieme Max Roach, A Love Supreme, Sun Ra, l’hip hop, il neo soul, le partiture elettroniche e i beat da ballo, la linea più militante e antagonista dell’avanguardia nera con la corrente più spirituale e visionaria. Non è un caso se i superstiti dell’Art Ensemble of Chicago, una delle espressioni più vertiginose della musica dell’intero Novecento, abbiano più volte coinvolto Ayewa nei loro progetti contemporanei. Come ebbe a dire Dizzy Gillespie, della gente è morta per questa musica. Non può esserci niente di più serio.
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