«Rispetto: guardare, guardarsi indietro, voltarsi a guardare»: è su queste battute che si è aperta la nuova edizione di FilmLab, workshop di alta formazione cinematografica portato avanti da OffiCine-IED, che ha dato vita ai corti Ronzio, Piccoli passi e È stato un sogno, realizzati in collaborazione con Indiana Production, Istituto Europeo di Design, Cosmetica Italia – Associazione nazionale imprese cosmetiche e Salone del Mobile Milano. Ne abbiamo parlato con Silvio Soldini, direttore artistico di Film Lab, e con Marta Capossela, sceneggiatrice di Piccoli passi e Ronzio.

Silvio Soldini
3/19 (2021) Silvio Soldini



Uno degli obiettivi di FilmLab è creare una nuova forma di mecenatismo culturale: Silvio, come si è trovato a interfacciarsi con una nuova generazione e al contempo lavorare su commissione?


SS: Officine nasce proprio per riprodurre in piccolo il percorso che caratterizza la lavorazione di ogni film. Nel caso specifico, la particolarità di Officine rispetto alle altre scuole di cinema è che esiste anche un’azienda che finanzia il corto e fornisce l’idea di partenza, la quale può essere in certi casi più restrittiva, in altri molto larga. I ragazzi imparano così a partire da qualcosa di concreto, all’interno di un percorso accompagnato da una serie di professionisti del cinema. Io mi interfaccio molto volentieri con le giovani generazioni, a volte hanno delle idee che io non avrei mai. Si tratta di capire come intervenire senza incastrarli, ma al contrario facendo comprendere loro a cosa si va incontro e cercare di portare a termine il discorso che hanno ideato, mantenendoli sulle rotaie senza farli perdere.

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Ronzio



Trova che ci sia un “saper fare” diverso rispetto a quando ha iniziato?


SS: A volte, guardando i ragazzi, mi rivedo un po’ come ero anch’io. Quello che posso dire è che spesso non vedono abbastanza cinema, non sanno molto del cinema del passato, mentre credo che bisognerebbe esserne più affamati, conoscerne la storia che precede gli anni 2000. Credo che sia un percorso fondamentale. Per fare questo mestiere è necessario mettercela tutta perché c’è tanta gente che lo vuol fare, la richiesta di prodotti audiovisivi è talmente alta che c’è bisogno di persone che li realizzino. Insomma, non è un lavoro semplice, bisogna lottare.


MC: Io voglio solo aggiungere che per fortuna, Silvio, non siamo tutti così come ci descrivono (ridono, ndr), ma sono d’accordo sul fatto che essere curiosi anche di ciò che è stato il cinema è un grande discrimine rispetto a ciò che si può o non si può fare. Fermo restando che avere una conoscenza del passato permette di capire meglio l’attualità per andare oltre. Si tratta sicuramente di una sfida, e in questo mestiere bisogna buttarcisi con tutte le forze, come hai detto tu.

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È stato un sogno



Una delle parole chiave di questa edizione di FilmLab è rispetto, nel senso di guardare ma anche di guardarsi indietro. Partendo dall’esperienza di Officine e guardando avanti, qual è il vostro colpo d’occhio sul cinema di domani?


SS: È molto difficile. Quand’è domani? Adesso il cinema è in un momento florido. Film che probabilmente cinque, sei, sette anni fa avrebbero avuto molta più difficoltà a sopravvivere oggi li vedo andare bene, mentre altri che su carta dovrebbero funzionare non riscuotono altrettanto successo. Siccome l’esperienza in sala è diversa da quella di guardare un film a casa propria, su un monitor, probabilmente il cinema sarà sempre più qualcosa che si deve differenziare rispetto alla visione casalinga: nei soggetti, nei modi, ma soprattutto nel linguaggio.


MC: Io spero che nel cinema di domani ci sia una maggiore rappresentazione di tematiche tuttora un po’ marginali e di conseguenza anche di gruppi marginali. In primis mi riferisco alle donne: quello femminile sicuramente è un argomento che mi interessa molto e mi sembra che il cinema si stia muovendo nella direzione di un approfondimento ulteriore. Si spera quindi che il discorso cinematografico proceda sempre più verso una narrazione, per rifarmi all’affermazione di Silvio, più lenta, magari beneficiante di una fruizione diversa che permetta di riflettere davvero su tematiche ormai attuali ma magari ancora poco esplorate.