Al teatro Verdi di Pordenone, dal 5 al 12 ottobre, piccoli e grandi tesori nascosti del passato tornano a illuminare il grande schermo con le Giornate del cinema muto, durante le quali la visione di film dei primi decenni secolo scorso è accompagnata da un commento musicale eseguito dal vivo da pianisti, gruppi o orchestre. La 43ª edizione, sotto la direzione artistica di Jay Weissberg, si apre e si chiude all’insegna del western: a dare inizio alle danze è l’ultimo film muto di John Ford, 3 Bad Men (1926), con partitura di Timothy Brock, alla guida dell’Orchestra da camera di Pordenone nell’esecuzione live; la chiusura spetta invece a The Winning of Barbara Worth (1926) di Henry King, con un giovane Gary Cooper.

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3 Bad Men

Nel mezzo, un fitto programma di proiezioni che parte dal cinema delle origini (i primi passi di Griffith alla Biograph) e tocca alcuni capolavori, più o meno conosciuti, di grandi maestri - qualche titolo? Ci sono Pagine dal libro di Satana di Carl Theodor Dreyer (1921), Tre donne di Ernst Lubitsch (1924), la commedia firmata Cecil B. DeMille Chimmie Fadden Out West (1915) e una chicca dall’Italia, Rapsodia satanica (1917) di Nino Oxilia, con la diva Lyda Borelli, film d’arte che racchiude citazioni pittoriche ed echi letterari, dalla tradizione faustiana al decadentismo dannunziano, con la colonna sonora del maestro Pietro Mascagni.

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Rapsodia satanica

Ancora, nel centenario della nascita di Giacomo Puccini, un omaggio al compositore italiano con La bohème (1926) di King Vidor e poi due speciali rassegne, dedicate rispettivamente allo scenografo Ben Carré e all’attrice Anna May Wong: sono circa una dozzina i film scelti dal production designer Thomas A. Walsh per celebrare il lavoro di Carré - segnaliamo due opere realizzate con il connazionale Maurice Tourneur, Trilby (1915) e L’uccello azzurro (1918) - e coprono un arco temporale che va dal 1907 al 1930.

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La bohème

Quattro, invece, i titoli scelti per omaggiare la prima attrice sino-americana di Hollywood, fondamentale nella lotta contro gli stereotipi razziali, interprete che si è fatta largo tra le stelle aprendo la strada a futuri attori e attrici appartenenti a minoranze, relegati spesso ai margini della scena; della sua carriera tra Europa e Stati Uniti vengono proiettate due produzioni anglo-tedesche, May Song, la bambola di Shangai (1928) e Fior d’ombra (1929), e due americane, Dinty (1920) e Driven from Home (1927).

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May Song, la bambola di Shangai

Due anche le retrospettive, che puntano i riflettori verso cinematografie meno note: quella dedicata all’America Latina, curata da Paolo Tosini, raccoglie materiali eterogenei (lunghi e corti di finzione, doc, home movies, cinegiornali) per un programma di 25 titoli provenienti da 16 archivi di dieci nazioni diverse (Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Cuba, Ecuador, Messico, Perù, Paraguay e Uruguay); quella sul cinema dell’Uzbekistan, invece, propone immagini rare che riflettono tutte le contraddizioni di un paese in bilico tra passato e presente, tra una cultura di origine religiosa e il nuovo ordine imposto dal regime sovietico.



Il programma completo della manifestazione è disponibile sul sito www.giornatedelcinemamuto.it 

Autore

Giulia Bona

Giulia Bona è nata a Voghera e ha studiato a Milano, dove si è laureata in Lettere moderne e Studi cinematografici con una tesi su Agnès Varda e il riciclaggio creativo. Riempiva quaderni di storie e pensieri, dava inchiostro alla sua penna sul giornalino della scuola, ora scrive per Film Tv. Ama leggere, i sentieri di montagna, la focaccia e sorride quando vede un cane.