L’indiano Tarsem Singh s’impone nella pubblicità negli anni 90 in virtù di un’estetica potentissima (che ha fatto proseliti: oggi Emmanuel Adjei) che guarda alla storia dell’arte, dal figurativo all’astratto, fino al concettuale, non disdegnando la fotografia documentaria più solenne e le correnti contemporanee. La gloria la ottiene con un videoclip (campo che frequenta con pochi, memorabili lavori), quel Losing My Religion per i R.E.M. col quale non solo dà un “visibile” timbro al clamoroso successo del brano, ma conferisce a quello stile smagliante che nel commercial aveva fatto furore la riconoscibilità definitiva della griffe (vince sei MTV Award e il Grammy).

Un video che vale anche come condensato poetico: il regista gioca con cromie, luci ambrate e ombre cinesi, componendo tableau vivant che rivisitano il queer fiorito di Pierre et Gilles, l’iconografia induista, il chiaroscuro caravaggesco, le avanguardie russe. Un caleidoscopio citazionista miracolosamente organico, in cui le disparate suggestioni trovano un equilibrio nel bilanciato gioco sui fuochi della mobile macchina da presa e un filo conduttore nella performance di un tormentatissimo Michael Stipe (oggi ha un miliardo di visualizzazioni su YouTube). Ma è il primo film The Cell - La Cellula (2000) - in cui la psicoterapeuta Jennifer Lopez usa una tecnologia radicale per entrare nella psiche del serial killer Vincent D’Onofrio - a rendere esplicito l’intento dell’autore di pervenire a una “forma interiore”, restituendo i paesaggi mentali in immagini plastiche: la fantascienza è dunque la chiave d’accesso pop a una celebrazione del meraviglioso in cui i traumi si convertono in motivi figurativi, i ritmi si dilatano, i riferimenti culturali si ibridano, l’immagine è dominatrice assoluta.

scena
The Fall (2006) scena

Ne è conferma The Fall - dal 27/9 sarà disponibile su MUBI la versione restaurata, presentata in anteprima a Locarno 2024 - che nel 2006 reinventa (dirlo un remake è limitativo) Yo ho ho (1981) di Valeri Petrov. La storia è infatti intessuta dall’immaginazione dei due protagonisti - uno stuntman (Lee Pace) e una bambina rifugiata (Catinca Untaru) - in convalescenza in ospedale dopo una caduta. Per Tarsem è il mondo il set ideale per il racconto che i due costruiscono: ricorrendo a location emblematiche dei cinque continenti, ne fa grandiose - e reali - cornici scenografiche per quadri graficamente superlativi, che mescolano le surreali, oniriche visioni di Dalí e De Chirico a rivisitazioni ardite e quasi kitsch del cinema del prediletto Paradžanov, autore che l’indiano ha celebrato con 911 per Lady Gaga che nel 2020 segna il suo ritorno al videoclip dopo 27 anni. Un film produttivamente problematico che ha trovato infine l’appoggio di Spike Jonze e David Fincher, folgorato quest’ultimo da un progetto che a suo dire dimostrava «cosa sarebbe successo se Andrej Tarkovskij avesse fatto Il mago di Oz». Tarsem, da parte sua, ha rischiato il tracollo finanziario. Serenamente: «Non volevo diventare quel vecchio che continua a parlare del film che non è mai riuscito a fare».

Autore

Luca Pacilio

Posseduto dalla diabolica Torino, vicedirettore della rivista cinematografica online Gli Spietati, per Film TV cura la sua malattia (la videomusica) e (dunque) la rubrica Videostar, dedicata agli autori e ai protagonisti del video musicale contemporaneo. Amando perdere, e non seguendo il calcio, coltiva le enciclopedie fallimentari di Peter Greenaway.

Il film

locandina The Fall

The Fall

Avventura - USA, Gran Bretagna, India 2006 - durata 117’

Titolo originale: The Fall

Regia: Tarsem Singh

Con Catinca Untaru, Justine Waddell, Lee Pace, Kim Uylenbroek, Aiden Lithgow, Sean Gilder