Due donne

Imogen (non è il suo vero nome) e Adilah (ma sarà il suo vero nome?) hanno più cose in comune di quante le apparenze mostrino: certo, la prima è un’infallibile, inarrestabile agente britannica dell’MI6 e la seconda una rifugiata siriana sospettata di essere un pezzo grosso dell’ISIS, e nel corso dei sei episodi della miniserie a ciascuna delle due viene ripetutamente assegnata la missione di far fuori l’altra, eppure sono anche entrambe donne, madri, sopravvissute, combattenti.

È per questo, e un po’ anche per la sfida di essere la prima a “decrittare” l’altra, che finiscono in fuga insieme, dalla Turchia alla Francia e poi all’Inghilterra, facendo infuriare (e fallire) più o meno tutte le intelligence che incrociano, e imparando tra un doppio gioco e l’altro a conoscersi e a riconoscersi come due individui che hanno in comune il trauma del reclutamento e dell’addestramento in giovane età.

Steven Knight firma un gioco spionistico ultra classico e stratificato, a tratti bondiano di ultima generazione (l’ultimo episodio è il ritorno di Imogen nella sua personale “Skyfall”), dominato da una Elisabeth Moss il cui overacting sembra doverci convincere ogni minuto che Imogen è la persona più intelligente nella stanza, e arricchito da buoni comprimari (su tutti Josh Charles, sbruffone della CIA in trasferta a Parigi: «La vostra città fa schifo, la vostra intelligence è indietro di vent’anni. Il vostro cibo però mi piace»). I primi episodi faticano a innestare la marcia, ma è interessante la sintesi che Knight trova fra la sua lunga carriera seriale e i ritratti intimisti al femminile firmati per Pablo Larraín (Spencer, Maria).

La serie tv