Il 6 marzo del 1836 si concludeva ufficialmente la battaglia di Alamo. Che a guardarla bene è stata poco più di una scaramuccia a senso unico, insanguinato sampietrino sul lungo processo di espansione verso Ovest intrapreso dai neonati Stati Uniti d’America. Per dire: molto peggio i due anni di guerra Messico-statunitense che sarebbero scoppiati di lì a poco. Eppure, nell’immaginario U Esse e A la battaglia di Alamo è diventata – anche (se non soprattutto) per merito di cinema e tv – un simbolo molto sentito ancora oggi, una delle rappresentazioni preferite dell’idea platonica che gli americani hanno del loro paese, e un perfetto strumento di retorica per strombazzare i tormentoni rimasti identici per duecento e passa anni: libertà, membro duro e grandi eroismi inutili non richiesti.

" data-credits=
Santana

La battaglia di Alamo è successa perché all’epoca il Texas assomigliava più a una santabarbara che a un posto in cui è salutare mettere radici, con tutti quei coloni desiderosi di indipendenza che spingevano forte per la secessione dal Messico; e con quest’ultimo governato da un ex appassionato di repubblica convertito alla dittatura, il generale e rivoluzionario nella guerra contro gli spagnoli Antonio de Padua María Severino López de Santa Anna y Pérez de Lebrón (per comodità: Santana), che non aveva la minima intenzione di inaugurare il suo dominio militare sul paese regalando un pezzo di terra enorme come il Texas a quattro vaccari particolarmente aggressivi. Solo che i quattro vaccari erano statunitensi. Ed essi, gli statunitensi, non si fanno dire – da chicchessia – cosa fare o cosa non fare. Essi decidono con la propria testa e con il proprio cuore. Ed entrambi, la testa e il cuore, decisero che il Texas era il caso di difenderlo rispettivamente con le unghie e con i denti. A costo, com’è successo all’Alamo, di trovarsi in meno di duecento persone a proteggere un inutile forte – ubicato in un’ex missione spagnola francescana – dall’assalto di duemila soldati messicani armati di cannoni e dell’arma più temibile di tutte: un gruppo di mariachi che ha suonato ininterrottamente Cielito lindo finché l’ultimo americano non si è arreso. Non è vero. I cannoni sono bastati e avanzati.

Pochi contro tanti. Soli contro tutti. A combattere, in un ultimo eroico atto romantico che non può che concludersi con un’epica morte, contro l’invasore a difesa di una libertà concessa da Iddio in persona: la battaglia di Alamo è diventata uno dei momenti essenziali della retorica statunitense, assurgendo a momento ontologicamente a stelle e strisce. Parte di una mitologia fondante, che non prevede asperità o dibattito storico. Infatti nessuno verrà a raccontarti che uno dei motivi per cui i coloni texani volevano così tanto la secessione è lo stesso che 25 anni più tardi portò anche alla Guerra civile: l’abolizione della schiavitù, che nella repubblica messicana fu promulgata da Santana con la nuova costituzione (di ispirazione napoleonica) firmata nel 1834. Tutti, piuttosto, punteranno a ricordare la grandezza dei pochi martiri, fomentati alla battaglia dall’avventuriero Davy Crockett, assurto a eroe del folklore da Far West nonostante una carriera pregressa non propriamente specchiata.

" data-credits=
Davy Crockett

Il merito va in gran parte a cinema e tv, che hanno fatto della battaglia di Alamo un simbolo di facile lettura (buoni contro cattivi) riutilizzabile in modi diversi a seconda delle necessità del momento. Due le accezioni più celebri. Da una parte quella più Davy Crockett-centrica scelta da Walt Disney: i cinque episodi della miniserie western Davy Crockett, andata in onda fra il ‘54 e il ‘55 e in cui la vita dell’avventuriero viene romanzata a prova di bambino, sono stati uno dei più grandi successi televisivi (non animati) nella trionfale storia della compagnia di Topolino.

Fess Parker
Le avventure di Davy Crockett (1955) Fess Parker

Il Davy Crockett edulcorato dal trattamento Disney ha venduto talmente tanti spazi pubblicitari e talmente tanti gadget, da meritarsi che i primi 3 episodi della serie (compreso quello sull’Alamo) venissero rimontati assieme e trasformati in un lungometraggio (Le avventure di Davy Crockett).

L’altro film che ha definitivamente cementato nell’immaginario popolare americano quell’episodio storico è stato La battaglia di Alamo, l’esordio alla regia di John Wayne. Un film che il Duca ha voluto disperatamente fare, senza raccogliere particolare entusiasmo dai produttori a cui si rivolse.

scena
La battaglia di Alamo (1960) scena

Wayne ha insistito sul progetto, anche a costo di accettare di recitare come protagonista nonostante non fosse quella l’idea, di elemosinare fondi da investitori privati texani, e di ipotecare casa e macchine per ottenere in prestito il milione e mezzo di dollari necessari a realizzare il film con le giuste proporzioni. Per giuste proporzioni, John Wayne intendeva: costruire dal nulla in mezzo al Texas un teatro di posa a forma di Alamo che esiste ancora oggi come attrazione turistica (è l’Alamo Village di Brackettville). Il Duca voleva a tutti i costi portare sullo schermo la sua versione della battaglia di Alamo perché gli sembrava il veicolo perfetto per rilanciare un messaggio anti-comunista e patriottico da lui ritenuto fondamentale. Questa storia di americani, eroi di una resistenza futile ma necessaria contro forze schiaccianti, doveva essere l’esempio migliore per le nuove generazioni cresciute nella bambagia del dopoguerra. Un modo per ricordare che gli Stati Uniti si fondano sul sacrificio personale e sul rispetto verso i simboli del paese. Il risultato è un film ampiamente retorico, con qualche problema di contestualizzazione storica, e in cui il personaggio di Davy Crockett esprime, fondamentalmente, le idee di Wayne. Ma per quanto sgangherato e verboso, è anche un film dal fascino magniloquente.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.

Alamo

locandina La battaglia di Alamo

La battaglia di Alamo

Western - USA 1960 - durata 192’

Titolo originale: The Alamo

Regia: John Wayne

Con John Wayne, Richard Widmark, Laurence Harvey, Frankie Avalon

Le avventure di Davy Crockett

Avventura - USA 1955 - durata 93’

Titolo originale: Davy Crockett, King of the Wild Frontier

Regia: Norman Foster

Con Fess Parker, Buddy Ebsen, Basil Ruysdael, Hans Conried

in streaming: su Disney Plus Timvision