Kyla Harris sembra l’inizio di una di quelle barzellette che non è più il caso di raccontare. Non solo è canadese di origini guyanesi e cinesi, non solo di mestiere fa l’artista – l’artista, nel 2024, hahaha – ma è anche tetraplegica e ha bisogno di assistenza 24 ore su 24. Non c’è punchline alla premessa tragicomica di Kyla Harris, che nella vita ha avuto tutto il successo che si è meritata come filmmaker, scrittrice e attivista, e adesso esordisce anche con i tipi di BBC Two per una serie, We Might Regret This, di cui è co-creatrice, co-sceneggiatrice e co-protagonista. Una serie che sarà anche considerata una sceneggiatura originale ai prossimi BAFTA, ma che sicuramente (per quanto riguarda il cuore pulsante della questione – giovane donna disabile assume la nuova badante che si occuperà di lei, ed è una scelta quantomeno discutibile) trae ispirazione dal passato di Harris e della sua co-autrice, Lee Getty.
Nella vita vera, Harris ha assunto Getty come assistente personale e operatrice sanitaria pochissimo tempo dopo averla conosciuta; una scelta sulla carta folle, se si tiene conto che per instaurare un tale rapporto di simbiosi c’è bisogno di avere un minimo di sicurezza che la convivenza tra assistita e assistente filerà liscia. La serie, dal canto suo, inizia con il personaggio interpretato da Harris, l’artista canadese trentenne Freya, che sta teneramente facendo all’amore con il suo lui Abe, quando l’assistente impicciona Ty entra senza bussare e rimane nella stanza quei 40 secondi di troppo che ne confermano l’innata insipienza nel saper mantenere le distanze corrette con gli altri esseri umani.
Freya si stava concedendo ai piaceri carnali perché sì, non c’è bisogno di avere una scusa in particolare; ma anche per festeggiare il grande passo: Abe, stufo di una relazione a distanza transatlantica, l’ha convinta a trasferirsi a Londra da lui, nella magnificente casa con interni in legno che si confà a un avvocato cinquantacinquenne divorziato ma ancora in buoni rapporti con la ex, con il filo della barba calcolato da un geometra pagato appositamente e con tanti braccialetti etnici quanti sono i suoi guru spirituali.
Quindi, all’improvviso, a casa di Abe citofona l’entropia. È Jo, migliore amica di Freya da sempre, persona scostante, capricciosa, infantile, egoista, divertente, sveglia, irragionevole, sensibile come un felino, generosa come una mamma ippopotamo, alcolista e abbastanza cocainomane da avere sempre dietro una dose d’emergenza. Freya e Jo non si vedono da 11 mesi, e a noi che abbiamo visto solo l’episodio pilota non è ancora dato di sapere il perché. L’apparizione di Jo, fuggita dal suo buen retiro francese in circostanze nebbiose, è tanto enigmatica quanto potenzialmente pericolosa; ma, paradossalmente, il tornado Jo sembra calato su Londra apposta per rimettere in ordine la scrivania della migliore amica – che da fuori sembra in ordine, ma dovreste vedere il casino che c’è nei cassetti.
Non solo Freya ha bisogno di urgente aiuto per tamponare con tatto e sensibilità l’entusiasmo di Abe – che vorrebbe farle, in pubblico, una proposta di matrimonio senza nemmeno aver testato la loro convivenza – ma necessita anche, se non soprattutto, di un rimpiazzo immediato per Ty, essendosi decisa a risolvere da un momento all’altro il contratto della badante più appiccicosa del Regno Unito, la quale ha preso il licenziamento piuttosto sul personale e ha optato per l’abbuono delle due settimane di preavviso. Jo accetta di diventare la nuova assistente di Freya nonostante sia la persona più pasticciona, distratta e inaffidabile del mondo. L’assunzione provoca un certo scorno in Abe, che vede Jo come un’influenza negativa sulla sua ragazza, oltre a causare una serie di polluzioni notturne in Levi, figlio ventenne di Abe che ha già avuto il privilegio di sperimentare la matta imprevidibilità della nuova arrivata.
L’episodio pilota di We Might Regret This è tutto ciò che Quasi amici - Intouchables avrebbe voluto essere prima che i produttori del film si facessero due calcoli su quanti soldi in più avrebbero incassato spingendo sul pedale della retorica e della condiscendenza. La serie di Harris e Getty, invece, elimina immediatamente il finto imbarazzo di facciata mostrandoci le tecniche di minzione di una persona tetraplegica, e invece di annoiarci con l’eccezionalità di un’amicizia tra un abile e un disabile riesce a raccontare in commedia un rapporto clamorosamente intimo tra due persone che si vogliono incondizionatamente bene nonostante le divergenze di carattere e di scelte di vita.
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