«Pesante è la testa di chi porta la corona», recita la massima shakespeariana. Lo sa bene Tony McNamara, creatore di The Great, che apre il secondo capitolo del suo ambizioso biopic con una Caterina bramosa di tenere a battesimo una nuova Russia, fresca di colpo di stato ai danni del consorte e di lui clamorosamente incinta (e «la gravidanza», sostiene lei, «non è che un altro golpe: questa volta nel mio utero, però»).
Eppure il sottotitolo ci ammonisce: quella che stiamo guardando è una storia occasionalmente vera, e persino il Bardo - che definiva la suddetta testa coronata «inquieta», e non «pesante» - è passibile di blasfeme rivisitazioni. La cifra di The Great, insomma, resta in questa seconda stagione nel segno dell’anacronismo più sfacciato e sistematico, pretesto sempreverde per gag fulminanti e svolte surreali (e fin qui niente di troppo nuovo, si dirà: la Storia, vista dal terzo millennio, può apparire tremendamente pop, ormai lo sappiamo).
Ma se gli exploit nel registro brillante non sono che una gradita conferma di quanto già dimostrato nella prima annata, è negli affondi drammatici che i nuovi episodi si dimostrano più sorprendenti: Caterina - una Elle Fanning radiosa - è ora impegnata a elaborare lutti, a praticare la sottile arte del compromesso, a ponderare delicati scenari politici ed emozionali (la gestione del dissenso nella corte; il rapporto con l’ormai detronizzato Pietro, adorabile idiota, che sta al cuore di questa stagione; l’incursione improvvisa della figura materna, una Gillian Anderson al solito strepitosa).
Caterina - immarcescibile sognatrice e saputella, eternamente sicura di sé e dei propri mezzi - è chiamata insomma a sfide nuove e talvolta dolorose, di cui solo di rado si dimostra all’altezza. Ed è proprio grazie all’umanissima imperfezione della sua eroina, ansiosa di cambiare il mondo, ma mai disposta a mettere in dubbio se stessa, che The Great si smarca da tante parabolette all’acqua di rose sulle donne al potere, e ne mette addirittura alla berlina la sconfortante ingenuità: la zarina autoproclamatasi “Grande” cita a memoria Rousseau e Voltaire ma pratica magistralmente l’abuso emotivo; predica il principio all’autodeterminazione ma non esita a comandare a bacchetta i suoi sudditi; parla di fratellanza e uguaglianza, ma non riconosce il suo smaccato privilegio di rango.
Un po’ come quel femminismo bianco e altolocato che pretende di rappresentare i problemi di tutte, o quel mondo liberal e progressista che si sdegna mortalmente al primo segno di dissenso. Sia chiaro, non è dalle parti di una caustica reprimenda che muove la serie di McNamara, che anzi tributa un plauso sincero ai sognatori e agli idealisti, ancorché naïf. Ma resta il fatto che The Great, nella sua plateale inverosimiglianza filologica, riesce ad avvicinarsi sorprendentemente alla verità storica del personaggio di Caterina, e alla contraddizione insolvibile che ne marca la figura di sovrana progressista, sì, ma pur sempre assoluta. “Dispotismo illuminato”, l’han chiamato gli storici: ma non è questo un esempio perfetto di ossimoro?
La serie tv
The Great
Commedia - USA 2020 - durata 51’
Titolo originale: The Great
Creato da: Tony McNamara
Con Elle Fanning, Nicholas Hoult, Gillian Anderson, Richard Curtis, Claire Ashton, Tony McNamara
in streaming: su Mediaset Infinity
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